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Una nuova possibilità. “The Outtakes” di Sandy Skoglund

Sandy Skoglund ci racconta il volume “The Outtakes”, edito da Silvana Editoriale per Galleria Paci Contemporary

La serie “The Outtakes”, che propone dodici scatti inediti di Sandy Skoglund, è nata per una concatenazione di strane convergenze, come nella vita può capitare. L’artista, durante la pandemia di Covid-19, ha casualmente ritrovato del materiale che ormai credeva andato distrutto, scatti e disegni solitamente considerati scarti o errori che finiscono per essere buttati via. A quel punto, tra la curiosità e il tempo dilatato in cui l’umanità sembrava essere precipitata “nell’inverno del pianeta”, Sandy Skoglund ha letteralmente perlustrato ogni traccia di quanto aveva rinvenuto.

Ripercorrendo con la mente i momenti vissuti, le scelte fatte per arrivare allo scatto definitivo, soffermandosi e guardando con occhi nuovi quegli scatti all’epoca considerati errori ora non sono più tali, hanno anzi assunto una nuova identità.

Nella pubblicazione “The Outtakes” (edito da Silvana Editoriale per Galleria Paci Contemporary) abbiamo l’opportunità di addentrarci in un racconto personale che accompagna ciascuno scatto, permettendo allo spettatore di addentrarsi nel processo creativo da un punto di vista privilegiato, quello dell’artista stessa, che scrive: “Negli Outtakes i personaggi assumono pose diverse rispetto alle immagini prescelte, modificando così il senso generale della foto. In alcuni la differenza è netta, in altri appena percettibile….Le differenze e le somiglianze erano sorprendenti. Per me simboleggiano il nostro modo di procedere nella vita, mentre ci muoviamo tra ambiguità e chiarezza, cercando risposte nel campo minato del dubbio”

In catalogo, oltre al testo critico “Una metafora della vita” (io?), Sandy Skoglund dedica un commovente ricordo a Germano Celant, un intellettuale immenso, che non ha mai smesso di evolversi, ricorda l’artista che  “dalle sue scelte si capiva che non lo si poteva confinare in un unico programma”. E poi il lavoro assieme per il grande catalogo conclusosi nel gennaio 2019. Poco prima della mostra “ Visioni Ibride “ presso lo spazio Camera a Torino. 

Sono curiosa di sapere cosa hai provato quando hai casualmente rinvenuto quel materiale, e il ragionamento che hai fatto per decidere che quegli scatti ora, sotto una luce diversa (quella dell’esperienza, della vita stessa che procede e cambia e di conseguenza noi inevitabilmente cambiamo) assumessero una loro identità preziosa, inaspettata se non fosse stato per quel ritrovamento casuale.

Dubito che la serie di “The Outtakes” sarebbe stata realizzata senza la pandemia di Covid. Ma perché la pandemia di Covid mi ha spinto verso “The Outtakes”? Mi pongo spesso questa domanda e la risposta è il tempo. Il tempo è una di quelle cose che si possono prendere gratuitamente, ma spesso sentiamo che in qualche modo non possiamo “permetterci” di prenderlo. La pandemia è stata un dono di tempo per coloro che sono sopravvissuti e una brutale sottrazione di tempo per coloro che non lo hanno fatto. In entrambi i casi, è stata completamente inaspettata, improvvisa, scioccante, come un incidente. Quando parlo di tempo, mi riferisco a una vita intera e al processo di ripensamento degli anni piuttosto che all’anticipazione del futuro. Avevo una mostra a New York che si è conclusa il 7 marzo 2020. Tutto era normale. Nei giorni successivi ho organizzato lo smontaggio e lunedì 9 marzo 2020 le opere sono state trasportate fuori dalla galleria nel mio studio a Jersey City. Tutto era ancora normale. Nei giorni successivi la galleria ha iniziato a installare la mostra successiva e io ho programmato di partecipare all’inaugurazione prevista. Venerdì 13 marzo mi sono recata a New York in orario per partecipare all’inaugurazione in prima serata. Quando sono arrivata alla galleria, la porta era chiusa. Nessuna luce accesa, nessun biglietto, nessuna spiegazione. Alcune altre persone erano lì  per assistere all’inaugurazione. Si disse a bassa voce che molte altre gallerie erano inaspettatamente chiuse. Dopo quel giorno, il tempo si sciolse e scivolò lentamente in una profonda pozza di solitudine e paralisi globale. È stato inquietante, ma il tempo incerto durante la pandemia è stato esaltante, offrendomi l’opportunità di guardare indietro invece di guardare sempre avanti.

Sapevo che le immagini di “The Outtakes” erano lì nei miei archivi perché, come la maggior parte dei fotografi, conservo tutti i filmati delle sessioni fotografiche. Ma non mi ero mai concessa il tempo di guardare indietro e di rivivere quei momenti fugaci lasciati alle spalle. Le sensazioni che sono emerse sono state come quelle di ritrovare un nuovo amico, qualcuno che è stato presente sullo sfondo della tua vita, ma oscurato da esigenze e complessità. Il processo di conservazione dei momenti nel tempo è particolarmente fotografico. Mi ha stupito la naturalezza con cui ho assaporato i ricordi. Guardando indietro, mi vedevo in quel momento passato, reprimendo il piacere di indugiare nelle mie decisioni. Poi, tornando al momento presente, ho lasciato che il piacere affiorasse e mi sono perdonata per aver perso tempo.

Kierkegaard distingueva tra ripetizione e ricordo. Sia il ricordo che la ripetizione sono movimenti, kínesis, nel tempo: ma, mentre il ricordo è legato al passato, anzi, è un movimento verso il passato, verso ciò che non è più, la ripetizione è un movimento opposto, che tende al non ancora, alla speranza nel futuro: la funzione della ripetizione è quella di recuperare un evento passato e di ripeterlo, riportarlo all’esistenza, anzi a un’esistenza nuova, rinnovata. Ecco: il ricordo è legato al vecchio, mentre la ripetizione è occasione di novità, slancio verso il futuro. Questa considerazione mi ha fatto pensare al tuo lavoro, alle migliaia di scatti prima di scegliere quello finale che rimane nella memoria. Con questi Outtakes ti proietti nel futuro in un’esistenza rinnovata… 

Vedo che gli “Outtakes” sono una forma di ripetizione. Cioè, come in Kierkegaard, consistono in una ripetizione con variazioni specifiche che creano un’immagine nuova o rinnovata. Le somiglianze e le differenze tra l’immagine vecchia e quella rinnovata sono state una grande fonte di gioia durante il processo di scoperta. Per me, le somiglianze sono molto forti, ma le differenze sono concettualmente abbastanza significative da creare una nuova sensazione nell’immagine di “The Outtake”, che la distingue dall’immagine ricordata molti anni fa, e le dà il diritto di vivere e di essere vista per i suoi meriti. Le somiglianze e le differenze sono in realtà due riflessioni diverse dello stesso evento.

 In base a quali elementi ha scelto questi scatti, in cui ci sono cambiamenti più o meno incisivi nelle pose dei protagonisti che, insieme alle dimensioni scelte, cambiano la percezione dell’immagine?

 Ho scelto gli scatti per “The Outtakes” basandomi su negativi che, per un motivo o per l’altro, erano sbagliati all’epoca del servizio fotografico. Ogni immagine di “The Outtakes” è un errore. Ci sono molti tipi di errori. L’errore potrebbe essere una posa che proviene dai miei istinti primordiali e che ho cancellato in passato. Penso a “Early Morning” con il pesce di ceramica sulla spalla del ragazzo. Mentre scolpivo i pesci in argilla nel 1981, ricordo di averli pensati come se stessero strisciando su una persona. Non vedevo l’ora di vederlo attraverso la macchina fotografica. Ma durante il servizio fotografico, il pesce di argilla era pesante e scomodo, e la modella si muoveva e risultava sfocata durante l’esposizione. Così sono passata ad altre pose e ho abbandonato l’idea. L’errore potrebbe essere lo spostamento accidentale del banco ottico a destra o a sinistra, che rivela i bordi del set dipinto all’interno dell’appartamento. Lo vedo in “Oltre la porta”, dove la fotocamera si è spostata a destra, rivelando il tubo del riscaldamento dipinto d’argento che si collega al termosifone. Infine, ma non solo, l’errore potrebbe essere quello di catturare l’interazione con i modelli. In “The Wild Inside”, il volto della donna è rivolto verso di me, come se le avessi appena dato delle indicazioni per una posa. Molte immagini di “The Outtakes” mostrano maggiormente il personaggio nei volti e nel linguaggio del corpo. Con “The Outtakes” sembra che si sia sciolto un incantesimo. Le precedenti immagini dedicate allo spettacolo sono emerse sotto una nuova luce, aprendo la porta alla simpatia, all’intimità e alla connessione. Le dimensioni modeste delle stampe si basano sulla mia capacità di realizzarle da sola, il che rappresenta un legame personale vitale con le opere fisiche.

Il testo critico che accompagna questo catalogo, intitolato “Una metafora della vita”, parla di speranza, di nuove opportunità, di una vita che va avanti oltre i confini dello spettro della pandemia. Siamo, a mio avviso, lontano dalla distopia che troppo spesso viene associata a molte delle tue opere o al cieco smarrimento dell’uomo. 

Sì, ma non ho mai pensato che il mio lavoro fosse distopico. Anche il cieco smarrimento di cui parli non è necessariamente distopico. Anche se la sensazione di affollamento e di sopraffazione può caratterizzare le mie prime immagini, si tratta solo di una sensazione psicologica volta a esprimere quanto sia complessa la realtà e che gli esseri umani non sono che una piccola parte di essa. Credo che tutti i miei lavori cerchino di essere visivamente avvincenti e ironici, costituiti da puzzle concettuali per rappresentare quanto sia strana la realtà. Ma strana non è distopica. Strana è eccitante perché ci sono cose nuove con cui lottare. Per me, un messaggio distopico non offre nessuna uscita, nessuna speranza, nessun barlume di salvezza. Io sono per la speranza che ci sia qualcos’altro là fuori, o dentro di noi, da scoprire e imparare ogni momento di ogni giorno in cui abbiamo la straordinaria fortuna di essere vivi. Questo è il messaggio che ho appreso da Covid. 

Sandy Skoglund
The Outtakes
RILEGATURA Cartonato con plancia
DIMENSIONI 23 x 28 cm
PAGINE 40
ILLUSTRAZIONI 30
LINGUA Italiano, Inglese
ANNO 2022
www.silvanaeditoriale.it

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