È iniziato un fitto calendario di incontri che si svolgeranno per tutta Italia (settembre 2022 – aprile 2023) per commemorare e riflettere sulla figura ed il lascito culturale del grande critico-curatore Germano Celant. Queste giornate di studio si intitolano Germano Celant. Cronistoria di un critico militante.
Per l’occasione ho pensato di recuperare il “coccodrillo” che scrissi in occasione della sua tragica scomparsa. Pezzullo che chiesi al mio Esimio Direttore di non pubblicare per un profondo sentimento di pìetas visto le tragiche circostanze nelle quali si svolsero gli eventi. Ora che i sentimenti si sono raffreddati ho creduto opportuno infliggervelo…
In morte di Germano Celant
La tragica fatalità che ha colpito Germano Celant, ferito a morte da questo stramaledetto virus, fa pensare ad una sorta di nemesi. Lui, il campione dell’internazionalizzazione, lui che fra i primi ne aveva compreso l’importanza nei lontani anni Sessanta, cade vittima del frutto avvelenato della mondializzazione che ora comincia a palesare le sue criticità facendo intravedere, forse, un profondo ripensamento economico e culturale. Un terribile lutto ad annunciare la fine di un’epoca.
La lunga parabola che ha portato il grande critico a diventare un unicum nel panorama mondiale dell’arte prende vita da quel formidabile bouillon de culture che si andava cucinando nei primi anni Sessanta a Genova. È lì, infatti, che apprende i primi rudimenti alla Galleria del Deposito, in quel di Boccadasse. Galleria che, grazie alla geniale intraprendenza di Eugenio Carmi, Lele Luzzati, Paolo Minetti, Flavio Costantini ed altri, divenne uno dei più innovatori e vitali punti di aggregazione, frequentato dal fior fiore degli artisti dell’epoca, tra i quali Max Bill, Richard Lohse, Jesus Rafael Soto, Lucio Fontana.
E, sempre da quella fucina di idee, arriva l’incontro con Eugenio Battisti che in quel tempo insegnava all’Università di Genova. È Battisti che porta quella ventata rivoluzionaria partita da Berkeley anticipatrice del maggio francese, è sempre lui, l’autore dell’Antirinascimento, il rivoluzionario saggio sul Rinascimento, da cui tanto attingerà per teorizzare l’Arte Povera. Si deve ancora a quel geniaccio di Battisti la nascita del Marcatré, rivista di cultura contemporanea edita dall’artista Rodolfo Vitone, padre del bravo Luca, che aprì le porte del mondo al rampantissimo Germano. Tutti “debiti” culturali mai pagati, inaugurando una pratica che mai abbandonerà.
Questo il trampolino che lancerà nel firmamento lui e la sua bella e affascinante compagna dell’epoca, Ida Giannelli, che oggi nessuno ricorda e che tanta parte ebbe in quegli anni di frenetica crescita. Sono gli anni della Samangallery, finanziata da Rinaldo Rotta, lo storico gallerista di Genova che dopo qualche anno, stanco di pagare e non partecipare interruppe le erogazioni. Sempre quelli gli anni del Total Black, la divisa da predicatore metodista, imitatissima da ogni aspirante critico, artista, gallerista che volesse darsi un air de modernité. Dai rivolgimenti sessantottoardi mutua la veste di critico non militante, ma militare, inaugurando la pratica della guerriglia culturale che non prevedeva prigionieri, only Arte Povera. Avvelenamento dei pozzi e conseguente desertificazione di ogni radice culturale precedente. Napalm su qualsivoglia italica tradizione. Detto questo bisogna riconoscere che Germano Celant è stato uno straordinario e sensibile interprete dei tempi che andavano mutando e che l’estetica che ha propugnato era perfettamente in linea con quei radicali cambiamenti. Il tempo gli ha dato ragione, almeno finora, e questo è un onore che tocca a pochissimi.
Negli anni Ottanta la luce della sua stella si appanna a causa di quel tornado di ABO che interpreta al meglio la decostruzione post moderna teorizzando il genius loci, l’esatto contrario dell’internazionalismo celantiano. Sono anni in cui Celant perfeziona il modello del critico manager che con gli anni si dimostrerà vincente, trasformandolo in quello straordinario uomo di potere che conoscevamo. Una sorta di Dart Fener dell’arte.
Luci ed ombre, come per ognuno di noi, ma in questo caso, data la caratura del personaggio, contrasti di grandissimo livello che delineano il profilo di una personalità unica e irripetibile. Al di là dei molti a lui sconosciuti che lo piangono, non so se lo rimpiangeremo, sicuramente lascia un vuoto che contrariamente alle leggi della fisica, non verrà colmato.
Con cordoglio
L.d.R.