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Il nuovo Fidia. 110 opere di Antonio Canova a Bassano del Grappa

Antonio Canova, Endimione dormiente, 1819-1822, Gesso, 99x190x92 cm, Ravenna, Accademia di Belle Arti Antonio Canova, Endimione dormiente, 1819-1822, Gesso, 99x190x92 cm, Ravenna, Accademia di Belle Arti
Antonio Canova, Endimione dormiente, 1819-1822, Gesso, 99x190x92 cm, Ravenna, Accademia di Belle Arti
Antonio Canova, Endimione dormiente, 1819-1822, Gesso, 99x190x92 cm, Ravenna, Accademia di Belle Arti

Dal 15 ottobre al Museo Civico di Bassano del Grappa la mostra “Io, Canova. Genio Europeo”. Dalla formazione veneziana a Roma

Non solo artista, ma raffinato collezionista. Diplomatico europeo, viaggiatore, nume tutelare dei beni artistici del nostro Paese. In occasione del suo bicentenario, Antonio Canova è ora protagonista di una monumentale mostra presso il Museo Civico di Bassano del Grappa. Io, Canova. Genio Europeo, che aprirà al pubblico il 15 ottobre di quest’anno e si concluderà il 26 febbraio del 2023, scavalcando quel ’22 che segnò la sua scomparsa, a eternarne la grandezza.

La rassegna, curata dallo storico dell’arte Giuseppe Pavanello e dal bibliografo Mario Guderzo, vuole affrescare le diverse vesti di un uomo che fu sublime nell’arte della scultura, tanto da guadagnarsi il titolo di nuovo Fidia. L’esposizione anela ad offrirne una visione tout court. Nato a Possagno, il maestro fu molto legato a Bassano. Dove lasciò un copioso epistolario con 6685 manoscritti, la sua intera biblioteca, molti dipinti, sessanta sculture, alcune delle quali inedite. Circa centoquaranta le opere in mostra, quasi tutte provenienti da musei internazionali, alcune da collezioni private.

La scoperta dell’antico

Il desiderio, come ha sottolineato Barbara Guidi, alla direzione scientifica del progetto, è quello di mostrare anche tutti i rapporti umani intessuti da Canova. Il percorso cronologico comincia con L’uomo e l’artista: una sezione dedicata alla formazione veneziana, al suo trasferimento a Roma, all’universo creativo del suo atelier in Via delle Colonnette che Stendhal descrisse come meraviglioso, raccomandandolo a chiunque intraprendesse la ricca avventura del Grand Tour. Erano gli anni della scoperta dell’antico e di incontri con emblematici sostenitori, anni nei quali Canova individuò il proprio processo creativo. L’iter mette in luce anche il legame tra Canova e l’Europa. I viaggi intrapresi, le commissioni inglesi e francesi, le corti cui fu invitato, le grandi collezioni che riunirono le sue opere.

 

Antonio Canova, Autoritratto, 1812, Gesso, 74x50x35,5 cm, Bassano del Grappa, Museo Civico
Antonio Canova, Autoritratto, 1812, Gesso, 74x50x35,5 cm, Bassano del Grappa, Museo Civico

La fine della mostra proietta Canova nella Storia. Lo scultore divenne internazionale, si spinse fino in America a realizzare un’opera per George Washington. Fu amico di Napoleone la cui prima moglie, Joséphine de Beauharnais, gli commissionò il dipinto delle Grazie e gli amorini che danzano, di incantevole dolcezza. Quella stessa che fu d’ispirazione ad Ugo Foscolo per comporre il carme Le Grazie, in omaggio a Canova, di cui sarà esposto un volume d’epoca. Ma lo scultore non condivise la politica appropriazionista delle campagne napoleoniche. Come la mostra racconta nel 1815 su incarico di papa Pio VI, egli fu a Parigi per riportare a casa, fra le altre, opere monumentali come la trionfale quadriga bronzea della Basilica di San Marco, il celebre gruppo del Laocoonte, la Deposizione di Paolo Veronese, La Fortuna di Guido Reni, l’Assunzione della Vergine di Agostino Carracci.

Sensibilità romantica

Pavanello elogia inoltre l’accortezza che ebbe il fratello prete di Canova, nel portar via da Roma tutti i suoi gessi, istituendo a Possagno la sua moderna gipsoteca. Durante la conferenza stampa di presentazione della mostra, avvenuta a Roma presso il Ministero della Cultura, un’attenzione particolare è stata rivolta a dettagli inusitati e curiosi. Verso la fine della sua vita, lo studio di Canova si riempì di almeno cinque statue in posizione orizzontale. Tra le quali spiccano l’Endimione dormiente di Ravenna e la Maddalena giacente di Londra. L’attenzione per figure dalle parvenze svenute o legate a stati d’inconscio, illumina sull’apertura del maestro alla sensibilità romantica. Un dato sul quale si è indagato ad oggi ancora molto poco.

 

Antonio Canova, San Giovannino, 1821-22 (particolare), Marmo, 65x35x43 cm, Parigi, Trebosc van Lelyveld
Antonio Canova, San Giovannino, 1821-22 (particolare), Marmo, 65x35x43 cm, Parigi, Trebosc van Lelyveld

Fu Robert Jenckins, primo ministro inglese, a commissionare la Maddalena nel 1823. Dopo la morte di Lord Liverpool, la scultura giacente passò per le mani di una passionaria inglese che si batté contro la pena di morte, restando in un giardino, esposta per anni alle intemperie. L’opera fu acquistata nel 2002 da Sotheby’s per l’irrisoria cifra di quattromila sterline da parte di un ignaro compratore. Solo da poco la scultura è stata attribuita al maestro e battuta all’asta per otto milioni di euro da Christie’s, senza però trovare un acquirente. Per questo è possibile ammirarla alla grande mostra di Bassano.

Niente dalla Russia

Non solo Vittorio Sgarbi, presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della morte di Antonio Canova, ha lamentato l’assenza dei marmi di Pietroburgo e di Kiev. Il critico ha ricordato che questa celebrazione canoviana è la seconda, ma è come se fosse la prima, alludendo al fatto che nel 1922, anno della marcia su Roma, probabilmente non furono organizzati grandi festeggiamenti per il maestro di Possagno. Concludendo come fosse necessario, con questa grande mostra, voltare pagina dopo il terrorismo del critico Roberto Longhi, che nel ’46 chiudeva il suo Viatico di cinque secoli di pittura veneziana con un commento indegno sul maestro Canova, che ora, ancor più elogiato e conosciuto dal vasto pubblico, se ne fa beffe.

https://www.museibassano.it/it

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