Nato nel 1953 a Torino, Vallora ha scritto per quotidiani e settimanali come La Repubblica, La Stampa, Panorama, L’Europeo
Alle inaugurazioni delle mostre sembrava sempre distratto. Quasi uno che passava di lì per caso. Mai unito al gruppo alle preview, lui o le precedeva, o si attardava. Perché con l’arte lui riusciva a instaurare un filo di connessione diretto e unico. A Marco Vallora bastava uno sguardo rapido, per regalare “sentenze” definitive a chi lo interrogasse, alla ricerca di chiavi di lettura che lui possedeva da sempre. “Bastava”, perché il grande storico e critico d’arte è morto all’età di 69 anni. Eclettico, lontanissimo dall’immagine dello “storico dell’arte” accademico e “pososo”. Mi piace ricordare quando a qualche Biennale di Venezia, sempre entrambi in ritardo nel cercare un alloggio, piombavamo all’improvviso in casa di una paziente amica comune. Chi arrivava ultimo dormiva sul pavimento, e l’altro doveva dribblarlo per raggiungere la toilette.
Capiva nel fondo del fondo
“Con la sua aria un po’ stanca, già quasi sfinita, un po’ affranta, delicata ma di dura corteccia, sotto sotto testarda. Cortese, anticamente cortese (da bravo torinese), sorrideva, pacato, persino sornione, come avesse già tutto visto, letto, capito, studiato. Soprattutto studiato”. Così lo ricorda con Artslife il critico Alessandro Riva. “Capiva sempre, capiva nel fondo del fondo, ed erano connessioni, legami, rimandi. Lucidissimo e ferreo nel giudicare una mostra. Non lento, né affannato, né stanco: solo di un passo diverso. Impostato su ritmi che sembravano aver perso la necessità della corsa eccitata e dell’entusiasmo diretto. Il suo entusiasmo era forse celato in un fulcro segreto, una febbre da ritrovare nella necessità di saper dire, scrivere bene, per dare un ordine e un senso al caos di questo mondo bizzarro”.
Vallora era nato nel 1953 a Torino, dove si era laureato con una tesi sul Metaromanzo e l’autorispecchiamento nelle arti. Critico cinematografico e storico dell’arte, ha lavorato come consulente editoriale presso la casa editrice Einaudi. Ha collaborato con quotidiani e settimanali come La Repubblica, La Stampa, Panorama, L’Europeo, gli inserti culturali del Giornale e di Il Sole 24 ore. Ha dedicato saggi a Barthes, Proust, Butor, Picasso e le avanguardie, Ejzensejn, Roberto Longhi, Giovanni Testori, Cocteau, Pasolini. Curato re di mostre di artisti come Salvator Rosa, Cézanne, Manet, Monet, Giacometti, Vallotton, Soutine, De Chirico, Savinio, Burri. Ha insegnato Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Urbino, e al Politecnico di Milano ha tenuto corsi di Estetica.