L’esposizione Scandalosamente bello racconta l’ospedale di Emergency a Entebbe in Uganda attraverso le fotografie di Marcello Bonfanti. Inaugurazione 30 novembre ore 19.00, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone a Roma
Il Centro di chirurgia pediatrica di Emergency in Uganda progettato dall’architetto Renzo Piano è scandalosamente bello come voleva che fosse Gino Strada. E si presenta proprio così: un bellissimo ospedale immerso nella natura sulla sponda del Lago Vittoria, a 1.200 metri di altitudine, realizzato con materiali e tecniche sostenibili.
“Lo abbiamo definito un ospedale scandalosamente bello nel senso che lo scandalo nasce in contrapposizione a una tendenza in voga anche nel mondo degli aiuti umanitari: la logica del meglio che niente” spiegava Gino Strada. Così non va bene: il modo migliore per praticare l’uguaglianza e per praticarla in Africa è dimostrare a quelle persone che le consideriamo uguali a noi davvero, non solo per la convenienza politica del momento. Dobbiamo portare loro qualcosa che non osano neppure sognare ma che è solamente quello che vorremmo per noi”.
E questo sogno che si è realizzato, rivive splendidamente nelle fotografie di Marcello Bonfanti alla mostra Scandalosamente bello che inaugura il 30 novembre e resterà allestita fino all’8 gennaio presso l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone a Roma.
Le fotografie della struttura e dei suoi pazienti si alternano alle frasi del chirurgo Strada e dell’architetto Piano. Come spiega Marcello Bonfanti: “Questo progetto è l’ultimo capitolo di una lunga collaborazione con l’ong Emergency, iniziata nel 2007 quando per una lunga serie di coincidenze, mi è stato chiesto di produrre la campagna di comunicazione visiva del Salam Center for Cardiac Surgery aperto da Emergency a Soba in Sudan. È stata un’esperienza intensa non solo sul piano professionale ma anche su quello umano, e mi ha appassionato sia ai progetti che ai contenuti comunicati dell’ong. La costruzione del Salam center ha consolidato la tendenza dell’ong ad usare la bellezza e l’armonia architettonica come elemento di cura, non solo del paziente che si sente accolto e rassicurato dall’ambiente in cui viene assistito, ma anche dell’immaginario condiviso che vuole i Paesi più poveri destinati a ricevere standard più bassi, perché tanto si tratta di Paesi poveri. Emergency ha fatto quindi un lavoro che, come il mio, parte anche dall’uso del simbolo. Sulla scia di questa ed altre esperienze con l’ong, mi è stato chiesto di interpretare con le mie immagini il centro di chirurgia pediatrica di Entebbe, aperto lo scorso anno, opera architettonica di Renzo Piano e dello studio TAMassociati”.
I colori e la luce del lavoro fotografico amplificano la bellezza della struttura.
“Il lavoro è durato circa quattro settimane complicato delle condizioni meteo della stagione delle piogge. I colori e la percezione dei volumi cambiavano notevolmente col cambiare frequente della luce. Questa difficoltà è stata anche la molla che mi ha spinto con molta disciplina ad una osservazione attenta e costante nelle varie ore della giornata e che mi ha portato a fotografare le stesse inquadrature più volte”.
Il percorso ora proposto presso l’Auditorium a Roma presenta le attività di EMERGENCY e l’Uganda, l’architettura e il paesaggio e, infine, l’ospedale e le persone che lo vivono.
“L’obiettivo, nell’allestire questa mostra, è stato quello di valorizzare le testimonianze, trasmettere nel modo più efficace il messaggio insito nel progetto dell’ospedale e in tutte le attività di EMERGENCY”, commenta Paola Fortuna, curatrice della mostra e architetto fondatrice dello studio +fortuna “La sfida più impegnativa è stata quella di cercare di parlare lo stesso linguaggio di quell’architettura, di quelle foto, di quell’umanità rendendo esplicita la bellezza che in tutte le lingue africane è sempre unita alla bontà”.
Per Bonfanti “Il fotografo di architettura parte dall’esistente, dal costruito, interpreta la poetica della geometria, racconta il dialogo con l’ambiente esistente nel quale è inserita l’opera, e riporta l’esistente nella dimensione ideale fatta di linee, simboli grafici e immagini, che hanno generato il progetto. È un lavoro che richiede un grande sforzo di osservazione e di comprensione degli equilibri geometrici e anche una buona dose di astrazione per raccontare la parte più trascendente dell’opera, che si esprime nell’estetica e si integra con la funzione pratica del progetto, senza averne alcuna. In questo caso la fotografia è una traccia del reale che serve a raccontare anche la parte più imponderabile del progetto ossia la manifestazione dei processi psichici che hanno portato alla formazione dello stile del progettista”.
Ed entrando più nel dettaglio, Bonfanti spiega la sua grande fascinazione: “L’elemento che più mi ha affascinato è la facciata principale, punto di incontro e soglia tra il costruito e l’esistente. È rivolta esattamente verso il tramonto del sole, durante il quale la luce interagisce di più con l’edificio, esaltando sia i toni che i volumi. Dalla facciata, alcuni elementi che sono funzionali e strutturali nel corpo dell’edificio, come la tettoia e il muro esterno in terra rinforzata, si staccano dal corpo stesso gettandosi verso l’ambiente circostante, senza alcuna funzione se non quella di dialogo con la natura nel quale sono inseriti, un po’ come il dito di dio che si allunga verso quello di Adamo nella creazione di Michelangelo. Lo scopo di questo movimento oltre a quello di dialogo con l’esistente, è anche quello di generare una soglia tra esistente e costruito, un esistente fatto da una natura potente e organica e un costruito che racchiude ricerca, scienza e filantropia. Sono sempre stato affascinato dal concetto di soglia che nel mio sentire è la sintesi dell’architettura, che nel definire gli spazi, stabilisce delle soglie e le conseguenti relazioni tra le persone e gli spazi”.
SCANDALOSAMENTE BELLO
IL CENTRO DI CHIRURGIA PEDIATRICA DI EMERGENCY IN UGANDA.
DA LUN 21 NOV A DOM 8 GEN 2023 | AUDITORIUMARTE