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Il corpo come forma d’arte. Artisti contemporanei giapponesi in mostra al PAC di Milano

Chikako Yamashiro Mud Man 2016 in cooperation with Aichi Triennale 2016 © Chikako Yamashiro Courtesy of Yumiko Chiba Associates Chikako Yamashiro Mud Man 2016 in cooperation with Aichi Triennale 2016 © Chikako Yamashiro Courtesy of Yumiko Chiba Associates
Chikako Yamashiro Mud Man 2016 in cooperation with Aichi Triennale 2016 © Chikako Yamashiro Courtesy of Yumiko Chiba Associates
Chikako Yamashiro, Mud Man, 2016. in cooperation with Aichi Triennale 2016 © Chikako Yamashiro. Courtesy of Yumiko Chiba Associates
Un’ampia e approfondita collettiva racconta la Body Art nell’arte contemporanea giapponese. Al PAC di Milano dal 22 novembre 2022 al 12 febbraio 2023.

Gamàn, termine di origine buddhista, in giapponese significa sopportare con dignità, essere persistenti e capaci di autocontrollo. Un concetto esemplare della cultura nipponica, che sembra pervadere anche la mostra Japan. Body Perform Live, Resistenza e resilienza nell’arte contemporanea giapponese, al Padiglione di Arte Contemporanea (PAC) di Milano.

Un nuovo appuntamento in linea con i programmi espositivi che dal 2015 aprono al pubblico finestre su culture internazionali. Dopo Cuba, Africa, Brasile e Australia è il momento dell’arte contemporanea giapponese degli anni Duemila, nelle sue diverse espressioni. L’attenzione si concentra soprattutto sulle tendenze che coinvolgono i corpi degli artisti, il genere e l’identità, l’ambiente, la materialità, la tecnologia e nello stesso tempo la situazione politica e sociale del Giappone.

Diciassette gli artisti coinvolti, nove donne e sette uomini, più un collettivo, nati tra il 1924 e il 1987. Alcuni sono membri dell’Associazione d’Arte Gutai, movimento d’avanguardia fondato nel 1954 da Jiro Yoshihara, che costituisce l’antecedente storico delle attuali correnti artistiche. L’esposizione (realizzata nonostante le difficoltà dovute alla pandemia), a cura di Shihoko Iida e Diego Sileo, propone un excursus che parte infatti da personalità quali Atsuko Tanaka (1932-2005), una delle artiste di punta del dopoguerra giapponese (suo l’Electric Dress, opera da indossare), e Kazuo Shiraga (1924-2008) fondatore della Società Zero (Zerokai) e poi membro di Gutai, con i suoi dipinti creati con le impronte dei piedi.

Tra gli artistici “storici” anche Yoko Ono (1933) presente con il video della performance Cut Piece del 1964. Tutti, sebbene con modalità diverse, coinvolti nell’uso del corpo nei loro lavori. Un modo per andare dritti al cuore delle cose, a quel Kokoro, che significa anche senso, spirito, animo, significato interiore. Senza di essi alla lettura delle opere contemporanee mancherebbero i tasselli che ne permettono la comprensione.

Yoko Ono Cut Piece 1964/1965 Performed by the artist as part of New Works of Yoko Ono, Carnegie Recital Hall, New York City, March 21, 1965 © Yoko Ono Courtesy of Yoko Ono
Yoko Ono, Cut Piece, 1964/1965, Performed by the artist as part of New Works of Yoko Ono, Carnegie Recital Hall, New York City, March 21, 1965 © Yoko Ono. Courtesy of Yoko Ono

Spaziando tra pittura, disegno, scultura, video, fotografia, fino ai tessuti ricamati e alle installazioni “site specific” e video, si crea un dialogo a più livelli tra opere storiche e contemporanee. Il ritmo narrativo è scandito da cinque capitoli. Il primo dedicato alle Prospettive storiche, di cui si è detto sopra, il secondo intitolato Vita e morte, cicli e dinamiche dell’anima, protagonisti, in dialogo tra loro, Saburo Muraoka (1928-2013), contemporaneo di Gutai e noto per le sculture sperimentali che conservano il calore del corpo, e Chiharu Shiota (1972) con installazioni di fili che si espandono all’infinito.

Nel terzo, Generare ecosistemi e relazioni, compaiono i lavori di Kishio Suga (1944) e Yuko Mohri (1980) in relazione con l’ambiente e lo spazio, mentre nel quarto, La politica dell’identità e il corpo che resiste, sono esposte le opere del collettivo di artisti multimediali Dumb Type. Nel quinto capitolo, infine, Corpi coreografati e rappresentati, politica e genere, compaiono video dalla connotazione teatrale (per esempio quelli di Makoto Aida), le opere tessili sulla bioetica di Yui Usui e i paesaggi e gli autoritratti di Mari Katayama (1987) che mostrano il suo corpo “imperfetto” e costringono a riflettere sulla diversità.

La lunga installazione di carta di Ami Yamasaki (1980) occupa invece la balconata al primo piano. L’essenza giapponese ritorna, dulcis in fundo, nella Project Room al primo piano, dove il progetto Il Muschio e la Carne. Anatomia dei sensi nel Giappone di Igort svela l’universo nipponico di Igor Tuveri, uno dei maestri della Graphic novel, fumettista e illustratore, ma anche sceneggiatore, editore, musicista e regista. I suoi Quaderni Giapponesi sono poesia pura, che traduce ispirazioni, letture e incontri vissuti dall’autore a Tokyo. A corollario della mostra è previsto un articolato programma di attività. Inoltre, alla Cineteca Milano Arlecchino dal 16 dicembre prende il via una rassegna di nove film dedicati alla scena contemporanea giapponese.

Mari Katayama you’re mine #001 2014 Courtesy the artist © Mari Katayama
Mari Katayama, you’re mine #001, m2014. Courtesy the artist © Mari Katayama
PAC Installation View. Photo Claudio Bettio
PAC Installation View. Photo Claudio Bettio
PAC Installation View. Photo Claudio Bettio
PAC Installation View. Photo Claudio Bettio
PAC Installation View. Photo Claudio Bettio
PAC Installation View. Photo Claudio Bettio

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