Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e l’origine della tutela. Una nuova pubblicazione Skira, ad opera di Salvatore Settis e Giulia Ammannati, investe di nuova luce un documento cardine della storia dell’arte e della tutela del patrimonio artistico: la celebre Lettera a Leone X di Raffaello e Baldassarre Castiglione.
Il mito di Raffaello Sanzio cultore della classicità trova la sua massima espressione nella maturità artistica del pittore urbinate, ma la sua dedizione di studioso dell’antico emerge nel suo filologico nitore dalla attività di architetto del Sanzio. Divenuto papa nel febbraio 1513, dopo la morte di Giulio II, Leone X nominò architetti della basilica vaticana Fra Giocondo da Verona, Giuliano da Sangallo e lo stesso Raffaello. In seguito alla morte di entrambi i colleghi, nel 1516 Raffaello divenne capocantiere della fabbrica di San Pietro, coadiuvato dal solo Antonio da Sangallo. Il legame tra Raffaello ed il pontefice, consolidatosi in questi anni cruciali, rappresenta quel sodalizio intellettuale irripetibile che diede vita allo straordinario progetto rappresentato dalla celeberrima Lettere a Leone X.
Scritto a quattro mani nel 1519 da Raffaello e Baldassarre Castiglione, il raffinato autore del Cortegiano, il documento auspica la ricostruzione grafica di Roma antica e sviluppa un’articolata dissertazione circa il tema della tutela e dello studio degli edifici antichi. La premessa al documento è rintracciabile nell’estate del 1515, quando Leone X nominò Raffaello præfectus marmorum et lapidum omnium, sovrintendente delle antichità dell’Urbe, ruolo ampliamente discusso dalla critica, ma che inevitabilmente restituisce, se non in un ruolo istituzionale, l’attenzione costante dell’urbinate per i fasti antichi dell’arte e le loro sorti nella società contemporanea.
Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e l’origine della tutela, torna ad interrogare la Lettera nelle sue varianti manoscritte, in particolare il documento autografo di Baldassarre Castiglione, conservato presso l’Archivio di Stato di Mantova, e l’esemplare della Biblioteca di Stato di Monaco, dove sono invece presenti correzioni riconducibili alla mano di Raffaello. Salvatore Settis, in dialogo con Giulia Ammannati, docente di Paleografia Latina alla Scuola Normale Superiore di Pisa, attua un’inedita riflessione circa la paternità del testo: quale fu la parte di Raffaello e quale il ruolo del Castiglione? Perché tante correzioni e varianti nei manoscritti a noi pervenuti? Si può identificare il gioco delle parti fra i due co-autori? A chi spetta l’idea di ricostruire in disegno Roma antica e di tutelarne i monumenti? Al Papa, a Raffaello o a Castiglione?
Il volume propone inoltre una nuova edizione del documento, nel più attento rigore filologico, associata al testo critico dei due principali manoscritti. Nel saggio di apertura Settis analizza con un approccio trasversale il contesto storico, politico e culturale dell’episodio, tentando di individuarne possibili precedenti e analizzando il lascito che ne deriva, attraverso i secoli che ci separano dalla stesura del documento, sino alla complessa realtà contemporanea.
L’importanza della Lettera a Leone X risiede nei principi enunciati all’inizio del testo, in cui Raffaello e Baldassarre Castiglione argomentano la necessità e l’urgenza di tutelare i monumenti antichi, per trasmetterle alle generazioni future. Il documento, pubblicato solo alla fine del Settecento, una volta riconosciuto l’autore in Raffaello, diventa infatti un paradigma di exempla humanitatis, punto di riferimento imprescindibile per la legislazione adottata successivamente dagli Stati europei circa la protezione del patrimonio artistico e culturale. Erede ultimo di questa tradizione è l’Articolo 9 della Costituzione Italiana, che “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.