Intervista a Elena Dal Molin fondatrice di Atipografia, associazione culturale e galleria ad Arzignano, in provincia di Vicenza
La storia di Atipografia – inizialmente una tipografia poi Associazione Culturale ed infine Galleria – è lunga e variegata, me ne parlerebbe? Quali erano, e sono, gli obbiettivi della galleria prima e dopo la ristrutturazione?
Il luogo è quello di una tipografia di fine ‘800 fondata dal nonno di mio nonno. La tipografia ha chiuso negli anni ’90 e poi, nel 2014, io ho preso in mano lo spazio per fondare l’Associazione Culturale Atipografia con lo scopo di promuovere l’arte contemporanea nel territorio e più in generale nel nord est. Questo avveniva tramite l’attività di residenza artistica e la produzione di mostre site-specific. Il successo di questa iniziativa, assieme al rapporto instaurato con gli artisti in quegli anni, ci ha dato fiducia per ampliare il progetto, fondare una galleria d’arte e ci ha motivato ad intraprendere un intenso restauro. L’obbiettivo di Atipografia, rimane quello di produrre cultura, ma con l’ambizione, ora, anche di affermarsi sempre di più su un piano internazionale.
Lo Studio Amaa, studio di architettura di base ad Arzignano e Venezia votato alla ricerca e allo sviluppo, ha gestito la ristrutturazione della Galleria. In che modo è riuscito a rinnovare gli spazi, e allo stesso tempo a conservare la storia centenaria del luogo?
L‘operazione è riuscita grazie al fatto che abbiamo tolto tutti gli orpelli costruiti negli anni ’50 e ’60, cercando di ritrovare la forma originaria del luogo. Lo Studio AMAA liberato la pianta e poil’ha abbiamo richiusa sfruttando la tecnologia del nostro tempo. È stato un importante lavoro di ascolto dell’edificio e di riqualificazione, sfruttando le grandi potenzialità degli artigiani del territorio.
Quando si è reso necessario il cambiamento strutturale così radicale della Galleria? In termini di spazio e possibilità̀, cosa offre Atipografia oggi? Inoltre, come sono stati recepiti il cambio d’immagine della Galleria e l’ampliamento dei suoi intenti dal pubblico?
L’intervento è stato fondamentale: l’agibilità andava adeguata a nuovi standard, non c’era un impianto di riscaldamento, ma soltanto un bellissimo focolare che abbiamo dovuto sacrificare. Il cambio di immagine è stato recepito con entusiasmo probabilmente perché c’è stata attenzione e rispetto per ogni pietra e mattone originari. I materiali che sono stati tolti, sono stati ristrutturati e hanno trovato nuova vita altrove. Atipografia era e resta un ambiente molto difficile. È sempre una grande sfida per un artista confrontarsi con un luogo così presente, ma proprio per questo apre a nuovi ragionamenti.
Il vuoto senza misura, mostra personale di Arcangelo Sassolino (1967, Montecchio Maggiore) ha inaugurato i nuovi spazi di Atipografia. La partecipazione dell’artista veneto conferma la volontà̀ delle Galleria di valorizzare il suo legame col territorio, e allo stesso tempo di prestare attenzione verso il panorama artistico internazionale. Come seguire questi due aspetti in modo efficace?
Il nostro è un lavoro di costante ricerca, di confronti e di rapporti. Abbiamo una visione piuttosto chiara di ciò che ci interessa nel panorama dell’arte contemporanea e cerchiamo di proporre un programma che sia frutto di questo intenso studio. L’anno prossimo avremo delle new entries in galleria, ma lo anticiperemo a tempo debito…
La collettiva UNPLUGGED, che riunisce le opere di Mirko Baricchi (1970, La Spezia), Mats Bergquist (1960, Stoccolma), Mattia Bosco (1976, Milano) e Gregorio Botta (1953, Roma), e visibile fino al 30 ottobre 2022, è un manifesto: rappresenta la volontà di Atipografia di aprirsi alla convivialità e all’incontro, e di stabilire un rapporto tra arte e fruitore libero da mediazioni. In che modo gli artisti e le loro opere riescono a rappresentare queste volontà?
UNPLUGGED è stata una mostra molto intima, non facile, in controtendenza con ciò che sta accadendo oggi. È il contrario della frenesia, è un rapporto diretto con l’opera e sono opere che richiedono la cosa più preziosa che gli esseri umani hanno: il tempo. Le opere si aprono, ma non immediatamente. Non hanno “l’effetto wow”, ma si dispiegano davanti a coloro che le interrogano.
Al di là di UNPLUGGED, in che modo la Galleria si prefigge di stabilire un contatto ravvicinato tra l’arte i suoi meccanismi intellettuali e il pubblico?
Siamo consapevoli di essere in provincia e di avere un bacino di utenze più limitato rispetto alla città. Proprio per questo, durante il periodo della mostra organizziamo diversi eventi, in particolare abbiamo un fitto programma di presentazioni di libri che invitano le persone a raggiungerci. Per esempio, abbiamo stabilito una partnership con Allemandi Editore con cui siamo riusciti a portare ad Arzignano ospiti di grande interesse.
Quanto crede manchi una vicinanza più genuina tra sistema dell’arte e opera d’arte? Trova che ci sia troppa superficialità e velocità nel trattare l’arte oggi?
Fare arte e il sistema dell’arte sono due cose molto diverse. Il sistema dell’arte è guidato da leggi economiche e a volte fortuite, mentre l’opera d’arte vive di un’urgenza, la “ricerca infinita” di un artista. Ricordo che Giuseppe Verdi aveva fondato una casa per musicisti meno fortunati di lui, che hanno vissuto grazie ai diritti d’autore fino al 2001. Il grande Maestro aveva detto non meno bravi,ma che sono meno fortunati, credo sia proprio questo il punto.
Atipografia si propone di animare artisticamente il nord-est italiano diventando un crocevia del contemporaneo, in che modo intende farlo? Quali sono i vostri progetti futuri?
Questo è il nostro grande obbiettivo. Sicuramente continuando a fare ricerca, viaggiando, ma soprattutto ponendoci sempre in ascolto… Incrociamo le dita!