Mauro Bolognini, un nouveau regard – Il cinema, il teatro e le arti. A Pistoia una mostra in occasione del centenario dalla nascita del regista
La notte brava, Il bell’Antonio, La Viaccia, Agostino, Bubù, sono solo alcuni dei film di Mauro Bolognini, una della voci più significative del cinema italiano tra gli anni ’60 e ’70. Un regista, nato architetto e scenografo, che diretto e contribuito a lanciare star come Claudia Cardinale, Isabelle Huppert, Jean Paul Belmondo, Marcello Mastroianni e Alberto Sordi. Un regista innamorato della pittura e delle arti. Un regista innamorato del melodramma, che dal cinema passa alla lirica e al teatro. Mauro Bolognini è stato un autore con un immaginario stratificato, complesso e (in parte) ancora da decifrare. Ora Pistoia, la sua città Natale, lo omaggia con una mostra (in corso fino al 26 febbraio 2023), con un duplice approccio: retrospettiva e momento di studio.
Circa 200 tra manifesti, bozzetti, costumi, dipinti, fotografie e materiali di scena per una mostra che si pone un doppio obbiettivo: da una parte quello riconsiderare in modo complessivo l’opera di Bolognini (non solo quella cinematografica), dall’altra quello di spingere la ricerca sul suo lavoro e sulla sua poetica visuale, nata – negli anni della sua formazione – nel solco del cinema francese, verso un orizzonte europeo. Così il titolo scelto per la mostra, Un nouveau regardan, sottolinea il peso che la cultura d’Oltralpe ha avuto sul lavoro di Mauro Bolognini.
Ad accompagnare l’esposizione un catalogo ricchissimo a cura di Andrea Baldinotti, Vincenzo Farinella, Monica Preti e Luca Scarlini (Officina Libraria): 416 pagine con 443 fotografie a colori a documentare l’ampia selezione di opere presente in mostra (manifesti, bozzetti, costumi, fotografie, oggetti di scena…), per seguire, anno per anno, i momenti più importanti della vita e dell’opera del regista. Ma non solo, a rendere la pubblicazione ancora più preziosa ci sono anche numerosi saggi che approfondiscono diversi aspetti del lavoro di Bolognini – a firma di Alberto Pezzotta, Jean A. Gili (Fortuna di Bolognini in Francia), Tommaso Mozzati (che indaga il rapporto tra Bolognini e Pasolini), Silvio Balloni, Vincenzo Farinella, Annamaria Iacuzzi, Tiziana Serena, Andrea Baldinotti, Monica Preti, Luca Scarlini, Paola Goretti, Giorgio Bacci e Roberto Viale, Katarzyna Matul (il curioso e gustosissimo Bolognini e il cinema italiano in Polonia attraverso i manifesti) e Roberto Cadonici.
Questo corpus di studi va a indagare, ampliandoli gli orizzonti geografici e culturali di riferimento, i gusti artistici del regista, dalla formazione toscana a stretto contatto con i capolavori della pittura macchiaiola e con le esperienze della scuola pistoiese del primo Novecento, al periodo di studio con Ottone Rosai, durante gli anni all’Accademia di Belle Arti di Roma, dal suo periodo francese come aiuto regista per Yves Allégret e Jean Delannoy fino agli anni del suo successo al botteghino.
I saggi approfondiscono così la natura delle sue fonti figurative, sia attraverso lo studio degli oggetti e delle opere di cui amava circondarsi nelle sue case (ritratte nelle fotografie di Aurelio Amendola), sia in luce dei suoi rapporti con diversi artisti coevi – in particolare con un focus su Mario Ceroli.
Questo background porta all’approfondimento di Vincenzo Farinella che nel saggio Mauro Bolognini, un regista innamorato della pittura: due casi studio (La Viaccia e Metello) va ad approfondire l’influenza che la pittura ha avuto nell’intera opera del regista, in molte sue pellicole è possibile difatti identificare citazioni e omaggi alla pittura italiana e francese (illustrate in mostra e nel catalogo). In La Viaccia (1961), ambientato nella Toscana di fine Ottocento e tra i più sfacciatamente pittorici della sua filmografia, è così possibile scoprire gli echi della rivoluzione realista di Gustave Courbet (Un funerale a Omans, Gli spaccapietre), ma anche suggestioni da Giovanni Fattori (Ritorno a casa) e Henri de Toulouse-Lautrac (con le sue donne in corsetto) per gli ambienti e i costumi del bordello, che trovano riscontro anche nel Manet di Il bar alle Folies-Bergère.
Poi ancora, per Metello (1970), con cui Bolognini torna nella “sua” Tscana di inizio ‘900, troviamo le atmosfere e le composizioni di Segantini (A messa prima) e di Telemaco Signorini (Il Ponte Vecchio). Questo “assaggio” sulle fonti pittoriche nel cinema di Bolognini lascia intendere come la cultura e il gusto del regista di Pistoia si estendessero ben al di là della pittura macchiaiola (di casa, insomma), per attingere a fonti internazionali più varie e stratificate.
Mostra e catalogo si configurano così come oggetti di studio fondamentali nella ricomposizione (o decodificazione) della personalità artistica di uno dei registi italiani piace prestigiosi e rappresentativi di un ventennio fondamentale del cinema italiano, sempre in un dialogo aperto verso tradizione e contemporaneità, e come scrive Alberto Pezzotta nel catalogo, quello di Bolognini è stato “offrendo punti di vista scomodi, un cinema anarchico ma perfidamente discreto, secondo l’indole del regista, e comunque profondamente civile per sua vocazione […]. Di rado, almeno in vita, è stato compreso e valorizzato”.
>> Mauro Bolognini. Un nouveau regard
Pistoia, Palazzo Buontalenti via de’ Rossi, 7; Antico Palazzo dei Vescovi piazza del Duomo, 3
dal 10 novembre 2022 al 26 febbraio 2023