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Quando il “controcorrente” è mainstream

Jago Habemus Hominem, 2009/2016 Marmo, 60x35x69cm Photo by Jago
Jago
Habemus Hominem, 2009/2016
Marmo, 60x35x69cm
Photo by Jago

È riaccaduto ancora.
È riaccaduto che quell’arte che viene definita per eccellenza come arte controcorrente, sovversiva, rivoluzionaria, la street art, sia stata rinchiusa all’interno di un museo in occasione dell’ennesima e ridondante esposizione utile solamente per i profitti della solita compagnia organizzatrice, Arthemisia in questo caso.

La cosa più grave, però, è che la città che la ospita sia Bologna. 

Basta citare street art e Bologna nella stessa frase per ricordare quello che causò la mostra allestita nel 2016 a Palazzo Pepoli, cioè la cancellazione o la rimozione di tutti i capolavori di Blu nel capoluogo emiliano.

Oggi la cornice della mostra è Palazzo Albergati ed il nome è proprio “Jago, Banksy, TvBoy e altre storie controcorrente”. In questa occasione, i curatori non hanno avuto la brillante idea di sottrarre alcune opere dalla strada per incastrarle in un museo, quindi le reazioni dei cittadini non sono state drastiche come nel 2016. Questa volta, per ricordare i motivi che stanno alla base di queste espressioni artistiche, ci sono stati gli studenti e le studentesse del Collettivo Universitario Autonomo (CUA), che il 15 novembre scorso hanno protestato davanti all’entrata di Palazzo Albergati, pretendendo almeno una riduzione per coloro che frequentano l’Università.

Ovviamente le loro richieste sono rimaste inascoltate, nonostante i loro ideali fossero, e siano tutt’ora, più che giusti, mossi dalle stesse motivazioni del 2016: si tratta dell’ “ennesimo tentativo di assorbire la controcultura e il dissenso incastrandolo in quella stessa rete che gli artisti cercano di tagliare”.

Quello che rattrista è che ad accoglierli siano state decine di agenti in tenuta antisommossa, che hanno blindato ancor di più un palazzo che attualmente ospita un grande numero di opere che dovrebbero essere fruibili gratuitamente e liberamente al di fuori di un contesto museale tradizionale.

Quello che rattrista ancor di più è che, nonostante tutto quello che sia successo nel 2016 e, in misura minore, nel 2022, non si sia riuscito ad alimentare una memoria storica nella città di Bologna, che faccia in modo che, almeno in alcuni luoghi, certi errori non vengano ripetuti.

I fatti sono accaduti ormai mesi fa.

La mostra è stata aperta ormai mesi fa.

Questo articolo può essere utile, però, per ricordarsi che questa starà aperta per altrettanti mesi, un tempo utile per NON visitarla.

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