10 milioni di tessere, oltre 1.000 mq di mosaici e sei anni di lavoro: a Firenze è iniziato il restauro dei mosaici policromi a fondo oro della cupola del Battistero, che per il 2028 toneranno all’originaria lucentezza. Per la prima volta il pubblico potrà salire sui ponteggi e osservare da vicino i mosaici, grazie all’innovativo cantiere che nella parte alta presenta una superficie calpestatile di 618 mq. Le visite (su prenotazione qui) avranno inizio dal prossimo 24 febbraio 2023.
Le decorazioni musive del Battistero di San Giovanni a Firenze ammirate ogni anno da migliaia di visitatori – 1 milione e 215 mila solo nel 2022 – furono «realizzate su disegni preparatori di artisti quali Cimabue e Coppo di Marcovaldo, ai lati della grandiosa scena del Giudizio finale narrano su quattro registri le Storie della Genesi, di Giuseppe ebreo, di Cristo e del Battista», furono fonte di ispirazione per Dante nella stesura della Divina Commedia e soggette a varie operazioni di restauro nel corso dei secoli, con alterne fortune, rendendo quello di oggi un intervento di salvaguardia profondo e necessario.
I lavori che riguardano i mosaici della cupola rientrano negli interventi sul Battistero di Firenze iniziati nel biennio 2014-2015 con il restauro delle facciate esterne e del manto di copertura, finanziati dall’Opera di Santa Maria del Fiore con 2 milioni di euro, a cui dal 2017 al 2022 è seguito il restauro delle otto pareti interne, compresa la scarsella, con 2 altri milioni e 600 mila euro.
Nel 2022 si sono susseguite la progettazione e la realizzazione del cantiere di restauro e le indagini d’archivio, che hanno consentito di avviare ora il restauro dei mosaici della cupola, che si concluderà nel 2028. Nel complesso tutti gli interventi dedicati al Battistero raggiungeranno i 10 milioni di euro.
«Terminata la costruzione dell’imponente cantiere che consentirà il restauro dei magnifici mosaici duecenteschi policromi su fondo oro che rivestono la cupola […], prenderanno avvio le prime fasi dell’intervento che durerà in totale 6 anni. Dopo oltre 100 anni dall’ultimo restauro del 1898-1907, gli oltre 1.000 mq di mosaici […], saranno oggetto di un intervento che intende recuperare la stabilità strutturale e la loro adesione alla volta, arrestare i fenomeni di degrado e riportare alla luce lo splendore del fondo oro e i vividi colori delle tessere vitree», ha spiegato l’Opera di Santa Maria del Fiore, che ha commissionato e finanziato «il cantiere e l’intervento di restauro [..] in accordo con l’Arcidiocesi di Firenze, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e le province di Prato e Pistoia. Il cantiere è un progetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore con Tecno System Appalti e Layher S.p.A. mentre l’intervento è stato affidato al Centro di Conservazione Archeologica che tra i tanti capolavori a mosaico restaurati, vanta quelli celeberrimi del Monastero di Santa Caterina sul monte Sinai».
L’innovativo cantiere
«Per poter restaurare la volta musiva del Battistero di Firenze, – si legge nel comunicato stampa – è stato necessario progettare e realizzare un cantiere tecnologicamente innovativo in grado di rendere accessibile l’intera superficie musiva della volta (oltre 1.000 mq) e allo stesso tempo che avesse il minimo impatto visivo a terra, lasciando così visibili ai visitatori le pareti e la scarsella magnificamente decorate con marmi e mosaici, il cui restauro è terminato a luglio dell’anno scorso. Dopo un lungo periodo di gestazione, la soluzione individuata è stata quella di realizzare un ponteggio a forma di fungo (altezza 31,50 m e diametro 25,50) che si sviluppa su una superficie di 618 mq calpestabili nella parte alta, a fronte di una superficie occupata a terra di soli 63 mq. Il ponteggio, costruito con 8.150 elementi, utilizza delle travi in alluminio di ultima generazione (Layher Flex), che passando attraverso le aperture quadrangolari che si affacciano sul piano attico del Battistero, permettono di distribuire uniformemente i carichi sulla struttura portante del monumento».
Dal 1300 a oggi: i precedenti interventi di manutenzione e restauro
«Dalle ricerche di archivio, che hanno proceduto il progetto di restauro, – hanno raccontato i ricercatori dall’Opera di Santa Maria del Fiore – sono emerse notizie che documentano interventi di manutenzione a partire fin dal 1300, resi necessari a causa d’infiltrazioni d’acqua provenienti dalla copertura che avevano danneggiato i mosaici.
Sappiamo che per il primo intervento fu incaricato l’artista Agnolo Gaddi e successivamente, a partire dal 1483, l’Opera assegna una rendita annuale di trenta fiorini al pittore Alessio Baldovinetti per verificare la stabilità dei mosaici e intervenire puntualmente dove necessario. Nel corso dei successivi secoli saranno eseguiti ulteriori interventi di manutenzione, tra i quali, il più importante sarà quello del 1781 – 1782 a opera del pittore fiorentino Giovanni Orlandini e di Giuseppe Sorbolini che però non risultò utile perché nel già giugno del 1819 si era staccata una vasta sezione di mosaici e intonaco dipinto. Fu deciso così di intervenire di nuovo, dipingendo le zone dove i mosaici erano caduti, invece di rifarle a mosaico, e per questo fu incaricato il pittore Luigi Ademollo, che vi lavorò dal 1820 al 1823. L’Ademollo utilizzò anche delle larghe piastre di ferro per fissare i mosaici, soluzione che risultò del tutto inefficace tanto che a fine Ottocento quando l’Opera incarica l’Opificio delle Pietre Dure, allora diretto dal soprintendente Edoardo Marchionni, era imminente la caduta di larghe zone di mosaico.
Grazie alla relazione finale dell’Opificio sappiamo che fu restaurata la volta musiva per 1032 mq. Di questi, i 128 mq caduti e dipinti a intonaco da Luigi Ademollo furono rifatti a mosaico grazie ai cartoni del pittore Arturo Viligiardi, utilizzando le antiche tessere cadute e delle nuove ordinate a Murano. Pochi degli altri 911 mq erano aderenti alla volta e l’Opificio decise di distaccare 567 mq e riallettarli con una malta contenente una porzione di cemento a presa lenta».