Mentre il British Council presenta John Akomfrah (1957) come prossimo rappresentante della Gran Bretagna alla 60° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 2024, la protagonista dell’anno scorso, l’artista afro-caraibica inglese Sonia Boyce (1962), prosegue il suo impegno in Italia con un progetto multimediale presso Apalazzo Gallery, nel cuore di Brescia. Dal 26 novembre 2022 al 18 febbraio 2023.
Diventata nota negli anni Ottanta come una delle figure chiave del Black Arts Movement e per il suo contributo nella diffusione della diaspora aesthetic, Boyce indaga le ingiustizie sociali quali la discriminazione razziale e la disuguaglianza di genere. Attraverso il suo lavoro l’artista ha infranto molte delle barriere simboliche imposte dall’ideologia maschilista bianca, diventando la prima donna nera a fare parte della collezione del Tate, a essere eletta Royal Academician e a rappresentare la Gran Bretagna a Venezia.
Se la mostra Feeling Her Way, che valse a Boyce il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale alla 59° Biennale di Venezia, era un toccante omaggio alle cantanti afro-britanniche, la mostra bresciana The Disorderly è una profonda riflessione sulle implicazioni del passato coloniale inglese. Attraverso una conversazione intima sulle dinamiche interpersonali che regolano le relazioni tra i soggetti postcoloniali, l’artista mostra gli archetipi razziali che gravano sulla società diasporica contemporanea. L’installazione è composta da due opere video multicanale, Crop Over (2007) e Ain’t Misbehavin (2022), e da un nuovo gruppo di fotografie digitali a colori del collettivo drag Family Gorgeous, oltre che dall’usuale carta da parati a tassellatura e a immagini.
Crop Over, composta da due schermi, esplora le relazioni coloniali tra la comunità caraibica delle Barbados e la storia della dimora inglese Harewood House, a Leeds, in Inghilterra. Questa era appartenuta alla famiglia Lascelle, che aveva costruito la propria fortuna sfruttando la produzione di canna da zucchero e il commercio degli schiavi. Il racconto comincia all’esterno della tenuta, nell’austero e bucolico paesaggio inglese, trasferendosi poi nelle incontaminate piantagioni caraibiche, slittando ancora nelle affollate strade locali durante il Crop Over festival.
Il placido ritmo iniziale viene lentamente soffocato dalla musica delle bande Mas, dal rumore dei ballerini e della folla in strada, diventando sempre più frenetico a mano a mano che si giunge al culmine della festa, il Kadooment Day. Nel filmato si sussegue, come in processione, un campionario di personaggi carnevaleschi provenienti dalla tradizione folkloristica caraibica come Stilt-man, Shaggy Bear, Donkey Man e Mother Sally. Ciascuno di questi è introdotto da storici della cultura, che ne commentano l’origine e ne spiegano il significato odierno. Inserendo le testimonianze degli studiosi, Boyce marca la componente educativa dell’arte, che non è solamente fine a sé stessa, ma è a servizio della comunità.
Il travestimento e la maschera ritornano in Ain’t Misbehavin, stabilendo una continuità visiva tra i due lavori. Anch’essa composta da due schermi, l’opera consiste nella ri-edizione di una delle performance del ciclo Six Acts (2018), andato in scena alla Manchester Art Gallery. Il ciclo è diventato noto a causa della diatriba – con annessa temporanea rimozione – scaturita attorno al dipinto preraffaellita Hylas and the Nymphs (1896) di John William Waterhouse. L’intero filmato ruota intorno all’artista performativo Lasana Shabazz che, vestito con un abito bianco, instaura un dialogo critico con il dipinto Othello, The Moor of Venice (1826) di James Northcote.
Muovendosi liberamente tra le sale museali, privo di un programma performativo prestabilito, Shabazz non solo impersonifica l’eroe shakespeariano, ma riproduce alcuni stereotipi razziali; prima recitando alcuni passi della tragedia e poi cantando una versione abolizionista dell’inno inglese del 1843. E ancora, “sbiancandosi” il viso, come era consuetudine nella tradizione teatrale inglese e infine intonando la filastrocca per bambini Camptown Races (1850) di Stephen Foster. Adoperando un registro che oscilla tra il tragico e il comico, Shabazz mette alla prova gli spettatori, provocando reazioni contrastanti, tra cui il divertimento, la confusione e il rifiuto.
In ambedue le installazioni Boyce dà spazio alle identità culturali soppresse e dissezionate dalla storia, lasciando emergere le contraddizioni presenti nella memoria collettiva della società contemporanea. Come molti suoi colleghi impegnati criticamente in un’arte postcoloniale, l’artista produce delle immagini il cui significato può essere realmente compreso solamente attraverso una rivalutazione delle proprie conoscenze storiche.