Il Museo Guggenheim Bilbao presenta (in collaborazione con Musée d’Art Moderne de Paris, dove è già stata esposta) la mostra Oskar Kokoschka: Un ribelle di Vienna, una retrospettiva dedicata all’artista austriaco considerato uno dei padri del modernismo viennese. Dal 17 marzo al 3 settembre 2023.
Oskar Kokoschka è uno dei pittori impressionisti più potenti ed evocativi del Novecento. Il suo capolavoro, La sposa del vento, è un quadro intenso, dalla pennellata turbinosa, al cui interno risiedono in una calma apparente il pittore stesso e la sua compagna del tempo, Alma Mahler, vedova del celebre compositore Gustav Mahler. Il quadro e il suo pittore sono inscindibili, una conversazione su uno non può prescindere dall’altro. Un’associazione positiva, che ben racconta la buon riuscita del dipinto, ma che forse rischia di monopolizzare la discussione sul pittore. Il quale nella narrazione artistica è già schiacciato tra Klimt (che lo sostenne) e Schiele (che a lui si ispirò).
Con Oskar Kokoschka: Un ribelle di Vienna, il Museo Guggenheim Bilbao opera quindi anche una sorta di riscoperta, o quantomeno promozione, dell’intera produzione dell’artista. Una figura quasi nomade, irriducibile nell’animo e nella pittura. Da Vienna alla Germania, dal Nord Africa al Medio Oriente, da Praga a Londra; dai tratti espressionisti alle tematiche intimiste, dai caratteri paesaggisti all’arte politicamente e socialmente impegnata. Una vita travagliata, costellata di intemperanze e ribellioni, che il Guggenheim Bilbao segue cronologicamente per evidenziare, di volta i volta, le sperimentazione creative annesse.
Un enfant terrible a Vienna (1907–1916)
Il corpo umano e i suoi mezzi di espressione sono i temi principali dei primi disegni dell’artista, che ritrae i movimenti dei modelli sulla carta con tratti sottili ma espressivi. Kokoschka si allontana sempre più dallo stile decorativo dell’Art Nouveau viennese, preferendo linee nettamente spigolose che conferiscono ai corpi la loro straordinaria qualità. Una sfida estetica ai canoni artistici borghesi.
Dopo il suo primo successo alla Kunstschau Wien 1908, Kokoschka si specializza nella ritrattistica, genere che gli permette di esplorare la psicologia dei soggetti, rappresentati in maniera da manifestare il loro io interiore. Per esempio, oltre alla resa espressionista, il pittore abbandona gli sfondi definiti sostituendoli con spazi cromatici diffusi su cui il modello si staglia con un’immediatezza senza pari. è in questo periodo che conosce Alma. Oltre a inserirla in numero opere, le scriverà oltre 400 lettere d’amore. Prima di crollare psicologicamente a causa della tormentata relazione e della guerra incombente.
Gli anni di Dresda (1916–1923)
Kokoschka si arruolò nell’esercito allo scoppio della Prima guerra mondiale. Gravemente ferito per due volte, si trasferì a Berlino, dove rimase sino alla fine del 1916 e dove firmò un contratto con il gallerista Paul Cassirer. Nonostante il trauma della guerra ne influenzasse la stabilità psicologica, si affermò presto sulla scena artistica e venne nominato professore all’Accademia di Belle Arti di Dresda. I dipinti di questo periodo si distinguono per le pennellate veloci e l’intensità dei colori sapientemente accostati, tutto si dissolve in colori puri e sfolgoranti. Le figure e gli oggetti fluttuano tra la rappresentazione e la dissoluzione. Luci e ombre, bene distribuite e integrate, rafforzano l’idea di una pittura che pare un’apparizione. Forse sono le opere meglio riuscite della carriera di Kokoschka.
Viaggi (1923–1934)
Kokoschka lascia la cattedra all’Accademia di Belle Arti nel 1923 e intraprende una serie di viaggi in Europa, Nord Africa e Medio Oriente. I paesaggi, le scene urbane, i ritratti di persone e animali e gli altri soggetti continuano a subire le sperimentazioni dell’artista. In questo periodo Kokoschka porta all’estremo l’approccio espressionista, con composizioni non mirano a riprodurre la realtà, ma piuttosto a catturarne l’atmosfera. “Voglio creare uno spazio con i colori” disse l’artista sintetizzando il concetto. La perdita di Cassirer, morto suicida nel 1926, lo privò del suo principale sostenitore. Senza reddito, tornò a Vienna nel 1932 e trovò la città devastata dalle turbolenze politiche legate all’ascesa del fascismo.
Resistenza a Praga (1934–1938)
Nel 1934 la guerra civile austriaca spense le sue speranze di guadagno. Si trasferì a Praga, dove viveva la sorella Berta, in cerca di fortuna. Qui conobbe Olda Palkovská (1915–2004), allora studentessa in giurisprudenza, con cui si sposò nel 1941. I dipinti realizzati in questo periodo ritraggono perlopiù persone in paesaggi bucolici, quadri luminosi e leggeri. Quasi una via di fuga, d’evasione, da una realtà politica che, con l’avanzare del nazismo, si faceva sempre più cupa. Nasce qui il suo impegno politico, veicolato sia attraverso i dipinti che tramite articoli di giornale e conferenze. Le sue opere vennero infatti incluse nelle mostre di arte degenerata, insieme a molte altre dell’avanguardia europea.
Esilio in Inghilterra (1938–1946)
Costretto a trasferirsi a Londra dopo l’annessione dell’Austria da parte dei nazionalsocialisti, Kokoschka intensifica la produzione politica. Secondo lui “L’artista deve agire come un allarme”. E il suo allarme si traduceva in pittura attraverso allegoriche denunce alla drammtatica situazione dell’Europa, oppure in esaltazioni del pacifismo. Dopo la fine della guerra, nel 1947 ottenne la cittadinanza britannica. Nello stesso anno, la Kunsthalle di Basilea gli dedicò una grande mostra, consacrandolo come artista di spicco e figura chiave nella restaurazione della cultura europea.
Un artista europeo in Svizzera (1946–1980)
Nel 1948 e nel 1949 si tenne un’ampia mostra itinerante dedicata a Kokoschka. Andò a Boston, Washington, St. Louis, San Francisco e Wilmington, per concludersi al MoMA di New York. Questo portò Kokoschka ad affermarsi come artista di rilievo a livello internazionale e a realizzare un numero crescente di ritratti di noti uomini politici. Nel 1953 l’artista si stabilì con la moglie nella città svizzera di Villeneuve. Qui si riconcilia con l’arte classica, di cui si inizia a interessare, così come dell’arte e dell’architettura classica greca e romana. Senza mai dimenticare la sua impronta espressionista, una costante fin dai primi tempi di Vienna. E che mai sfociò in astrazione, che anzi il pittore osteggiava. Raffigurò sempre più spesso scene mitologiche e tragedie greche, motivato dal desiderio di raggiungere la (ri)costruzione di una cultura europea comune. Nel 1953 fondò a Salisburgo la “Scuola della Visione”, in cui formò la generazioni di artisti a lui successiva. Fino alla sua morte, continuò a difendere con fermezza il potenziale sovversivo della pittura come strumento di emancipazione e di acquisizione della conoscenza.