Con la sua prima copertina di Vogue nel 1935, Horst P. Horst ha ridefinito le possibilità della fotografia di moda. La mostra in corso da SCAD ad Atlanta “Essence of the Times” presenta 80 stampe che tracciano l’ampiezza della carriera di Horst, dalle prime nature morte sognanti e surrealiste per Vogue alle suggestive stampe degli anni ’80
Dove può nascere la curiosità per la fotografia in un’era in cui l’occhio fotografico sembra essere alla portata di chiunque? E la moda e la morte sono davvero sorelle come voleva Leopardi? L’intreccio tra la resa fotografica e illustrativa della moda nel corso del Ventesimo secolo è racchiusa in una patinata e oscura mostra in corso ad Atlanta presso SCAD – Museum of Fashion and Film fino al 16 aprile 2023: “Horst P. Horst. Essence of the Times”.
Patinata perché con Horst attraversa l’evoluzione della copertina di Vogue in quanto status symbol e in quanto vero e proprio creatore di tendenze haute-couture e prêt-à-porter. Oscura perché l’ambiente della mostra risulta complessivamente poco illuminato e si invita chi vi fa ingresso ad utilizzare il QR code per leggere le descrizioni di ogni opera esposta. Un invito alla distanza per guardare meglio.
Horst spicca nella capacità di ritrarre figure femminili in primo piano, figura intera, e dettagli corporei. Mostra l’eredità delle avanguardie di inizio ‘900 nel suo studio di pose posteriori con corsetti che ricordano quelle a violino di Man Ray. Sperimenta con il surrealismo di ritratti moltiplicati che favoriscono l’illustrazione di alcuni accessori e capi, quali il cappello, che possono insinuare interessanti elementi di riflessione fra cultura occidentale e mediorientale rispetto a cosa si copre e cosa risulta elegante.
Il ritratto di Horst si colloca per lo più in interni e nelle aree domestiche privilegiate dai suoi soggetti. E così una stanza in particolare appare come la red room per eccellenza, in cui un grande ritratto della storica editor di Vogue, Diana Vreeland, irradia di rosso l’intero spazio dedicato ai grossi nomi della moda: Diane von Furstenberg, Yves-Saint-Laurent, Valentino, etc.
Sicuramente una parte dei lavori di Horst esposti presso lo SCAD riecheggia le sperimentazioni della pop art degli anni ’60, con pose inusuali e meno ieratiche, con l’utilizzo di immagini sferiche prese dalla vita quotidiana o dagli sport in cui le donne cominciavano ad essere più incluse nel corso del 20esimo secolo, con colori spiccati e fluo; ma siamo di fronte a ritratti che non sfidano esplicitamente i canoni sessuali e sessuofobici dell’epoca, come abbiamo imparato a conoscere con il bianco e nero, i colori, e le pose di Helmut Newton o Guy Bourdin.
I dettagli delle gambe riprese da un punto di vista più che piatto e frontale, quasi al di sotto di ampie gonne con strisce bianche e nere, hanno un forte valore illustrativo ed estetico. Ma non hanno lo stesso effetto dirompente del rapporto fra soggetto e contesto dei due fotografi di moda prima citati.
Horst si approccia al bianco e nero quasi come Irina Ionesco per certi aspetti, molto interessato a rendere dominanti i suoi soggetti nei loro ambienti. Ma questa scelta stilistica non rinuncia, anche qui, alla sperimentazione di codici visivi. Come in “Electric Beauty”, dove il b/n si mescola con l’idea della tecnologia, le nuove tecniche di bellezza, il corpo manipolato da nuovi fluidi, il volto non più necessario per il ritratto e che viene coperto da una maschera. Di bellezza, appunto. Tutto ciò ricorda a tratti la contemporaneità di fotografe quali Jessica Bruah che puntellano costantemente il racconto del corpo, femminile, con artefatti della vita quotidiana e un velato riferimento all’object-oriented-feminism “Horst P. Horst. Essence of the times” ripercorre il senso del fascino della moda: un fenomeno di massa fortemente individualizzato.