La pittura democratica del duo bn+BRINANOVARA con Antologia delle apparizioni è di scena alla Galleria Giovanni Bonelli a Milano fino al 4 marzo 2023, con la curatela di Stefano Castelli
La sede milanese della Galleria Giovanni Bonelli ospita un ciclo di opere di grande formato di bn+BRINANOVARA, firma dei due artisti Giorgio Brina e Simone Novara, già noti in ambito italiano e internazionale, nel 2021 a Casa Testori con la mostra Curatela e più di recente, nel 2022, finalisti del Premio Francesco Fabbri.
Nello spazio della galleria nei nuovi dipinti realizzati per questa esposizione emergono spunti iconografici come tracce di arte antica ma rivitalizzati attraverso l’utilizzo di un libero e nuovo alfabeto pittorico modulato con segni, campiture, accenni di calligrafia, colori e disegni assemblati in un unicum armonico per dettagliare uno stile inedito e consapevole.
Come spiega il curatore Stefano Castelli: “Dal punto di vista linguistico, una pittura come quello del duo bn+BRINANOVARA può essere definita una pittura democratica. L’evidente eloquenza espressiva, infatti, è il risultato di un processo elaborato di analisi, decostruzione, permutazioni, armonizzazioni, mediazioni – tutti vocaboli che escludono la narrazione a senso unico, il percorso predeterminato, l’opera a tesi e l’impostazione di un modello monolitico e riduttivo”. E addentrandosi nelle diverse fasi di sviluppo creativo: “Il duo funziona come un collettivo, prolunga e intensifica il momento di elaborazione concettuale sia nella fase di ideazione del dipinto, sia nel corso della realizzazione (un tale procedimento analitico non reprime l’espressività, anzi la consente, rendendola particolarmente originale). Da aggiungere che il duo non lavora esclusivamente sulla pittura, ma pratica anche altri mezzi espressivi”. E Giorgio Brina, interpellato da ArtsLife, spiega il significato di questo nuovo percorso espositivo, costellato da 12 dipinti di diversi formati, protagonisti della personale, nello spazio della galleria Bonelli.
Antologia delle apparizioni parla dell’irriducibilità dell’immagine e di una storia della pittura liberata dalla cronologia e dall’iconografia. Come si è costruito questo nuovo alfabeto pittorico, che viene definito sistematico e libero?
“Questo lavoro che noi stiamo portando avanti nasce da una prima mostra, fatta con Stefano nel 2021, sono quasi due anni che stiamo lavorando con un stretto confronto con i grandi maestri della storia dell’arte, ma per costruire questo linguaggio abbiamo sempre guardato alla storia dell’arte e guardando indietro ci siamo accorti che era difficile sentirsi all’altezza per poter fare qualcosa di nuovo e per una passione e per un’ossessione personale per la storia dell’arte, abbiamo iniziato a studiare, riguardare ed entrare in un confronto abbastanza stretto con alcuni maestri soprattutto risalenti al Rinascimento e al Manierismo e a un certo punto sono emersi dei punti che ci siamo trascinati dietro da questo confronto, come tratti residuali di quello che è stato il rapporto con quello che può essere poi il quadro che in questo caso siamo andati a guardare, cioè la Deposizione del Pontormo. In qualche modo questo quadro ci ha portato a sé e abbiamo notato che i quadri che ci hanno sempre colpito hanno un carattere perturbante. Oltre alla lettura culturale c’erano degli elementi fisici che ci trascinavano dentro al quadro e questo ci ha permesso di dialogare direttamente con quello che era la pittura sotto la sua superficie, scevra dai suoi legami con la storia, la sua iconografia e anche banalmente il tipo di scena rappresentata.
Una personale a quattro mani site specific. Parliamo del modo pittorico espresso nei vostri dipinti.
“Quando abbiamo iniziato a studiare lo spazio di Giovanni Bonelli ci siamo accorti che era uno spazio molto caratterizzato soprattutto dalla possibilità di muovere le pareti all’interno della mostra e la possibilità che potesse mutare, rimanendo comunque connotato nel suo essere galleria Bonelli. Noi veniamo da due percorsi di studio abbastanza diversificati. Io ho studiato scultura a Brera mentre Simone ha studiato pittura a Londra e poi Architettura al Politecnico di Milano. Volevamo fin dall’inizio una mostra che fosse un’opera/mostra con una forte relazione con lo spazio. In questo caso, ogni quadro lo abbiamo fatto a due teste (meglio che a quattro mani) in costante dialogo. Dalla tela bianca si comincia di solito con una proiezione fatta attraverso l’uso del proiettore e il quadro originale di Pontormo che diventa una sorta di matrice sulla tela e da lì, un segno, un gesto e il quadro diventa un foglio su cui sviluppare il dialogo e, spegnendo il proiettore, lo si costruisce anche fisicamente con condensazioni di pittura, momenti di figurazioni e residui del Pontormo che sono per lo più presenti attraverso tracce di mani e di piedi. Ogni dipinto è stato fatto con questo metodo. E, ogni quadro ha un suo equilibrio interno e armonico”.