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Omosessualità e olocausto. Le 16 litografie che Richard Grune realizzò dopo la fuga dal lager

Ancora una volta c’è di mezzo il nostro Presidente del Senato. Imprudente, impenitente, reazionario. “Se mio figlio mi dicesse di essere omosessuale, accetterei con dispiacere la notizia” Che tristezza! Comunque l’antipatico svarione politico mi dà l’occasione di parlare di quello che l’Arcigay nel suo sito definisce intelligentemente OMOCAUSTO.

Per tutti coloro che non sanno, cito alla lettera quanto vi ho trovato scritto: “Come per tutti gli elementi indesiderati, anche per gli omosessuali si aprirono i cancelli dei campi di concentramento. A migliaia (il numero preciso non si saprà probabilmente mai) vennero marchiati con un triangolo rosa, costretti a subire aberranti esperimenti medici, torture e umiliazioni mentre quelli più forti che riuscivano a resistere, venivano soppressi nelle camere a gas“.

Quanto a me, vorrei portare alla ribalta un artista pochissimo conosciuto, testimone diretto dell’Inferno Nazista, e fortunosamente sopravvissuto. Richard Grune, nato e morto in Germania (1903 – 1983), aveva studiato pittura con Kandinsky e Klee, e Arti Applicate alla Bauhaus di Weimar. La sua omosessualità era un fatto privato, ma non il suo antinazismo militante, che fu la causa dei suoi internamenti in diversi Lager.

Riuscì tuttavia a fuggire nel 1945, giusto in tempo prima della sua eliminazione. Ovviamente non poteva certo dimenticare, e nella sua abitazione a Kiel realizzò di getto, in quello stesso anno, un corpus di 16 litografie dal titolo Il Tempo della Passione.

Come si può vedere nei tre esemplari che ho qui scelto di proporre ai lettori, il Lager segue il percorso della Passione Evangelica, e rimanda esplicitamente alle numerosissime versioni classiche. Va infine sottolineato come la chiave interpretativa sia del tutto aderente alla lezione dell’Espressionismo Tedesco. Proprio quello fra altri, che il Nazismo aveva definito Arte Degenerata.

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