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Dal vedutismo romantico alla “pittura della realtà”. La rivoluzione dei Macchiaioli in mostra a Monza

Cristiano Banti, Donne che lavorano nei campi, 1870, olio su tavola, Collezione Palazzo Foresti, Carpi

 

Cristiano Banti, Donne che lavorano nei campi, 1870, dett., olio su tavola, Collezione Palazzo Foresti, Carpi

Fino al 18 febbraio 2023 l’Orangerie della Villa Reale di Monza ospiterà un’esposizione unica volta a restituire la rivoluzionaria esperienza pittorica dei Macchiaioli, attraverso oltre 90 capolavori che ne intercettano radici e sviluppi nel contesto artistico internazionale del XIX Secolo.

L’esposizione, curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi cultural, in collaborazione con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e con il Comune di Monza, analizza la rivoluzione macchiaiola all’interno del contesto europeo, focalizzandosi sulle novità tecniche che i padri dell’arte en plein air hanno sviluppato relativamente al tema del paesaggio, della pittura di genere e di carattere storico. La rassegna presenta 90 opere, provenienti da prestigiose istituzioni come il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, Palazzo Foresti di Carpi, la Fondazione Cariparma di Parma, la Galleria d’Arte Moderna di Milano, ma soprattutto da collezioni private, donando la possibilità irripetibile di ammirare lavori meno conosciuti dei maggiori protagonisti della compagine macchiaiola, esperienza determinante per la nascita della pittura moderna in Italia, a partire dalla loro relazione con la scena europea.

Gli anni che precedono l’Unità d’Italia risultano fondamentali per il rinnovamento estetico dell’arte italiana, perseguito da numerosi artisti anche al di fuori dell’ambito accademico. Già dalla prima metà del secolo, Firenze rappresenta il cuore pulsante di fermenti sperimentali nell’ambito culturale: letteratura, teatro e belle arti risultano il terreno privilegiato in cui emergono le risultanze dell’intenso crocevia di culture europee che segnarono in maniera indelebile i connotati della pittura moderna. Meta prediletta degli artisti stranieri, Firenze fu particolarmente legata alla Francia, in un gemellaggio artistico determinante per l’esperienza della pittura macchiaiola. A tal proposito la sezione di apertura della mostra propone due straordinarie opere di Camille Corot, che visitò l’Italia più volte tra il 1825 e il 1828, soggiornando a Firenze nel 1834. L’elaborazione paesistica di Corot, nella quale il sentimento romantico già sfuma attraverso le vibrazioni ozoniche dell’ambiente naturale verso il mero dato reale, rappresenta il trait d’union che lega irrimediabilmente i pittori della macchia ai primi artisti che si diedero alla pittura en plein air: i Barbizonniers. La scuola di Barbizon, prese il nome dall’omonima località ai margini della foresta di Fontainebleau, nella quale un cenacolo di pittori francesi si riunì nella pratica della pittura all’aria aperta, eleggendo il paesaggio agreste a soggetto privilegiato, emancipandolo dall’accademica contestualizzazione storica.

Le istanze dei Barbizonniers furono recepite da giovani artisti fiorentini contrari alle rigide posizioni accademiche, che dal 1845 si riunivano nel Caffè Michelangelo di Firenze per discutere d’arte, cultura e politica. Sono le personalità alle quali nel 1862 la Gazzetta del Popolo di Firenze, assegnerà l’epiteto dispregiativo di “macchiaioli”. Dal 1855 le discussioni del “Gruppo del Caffè Michelangelo” si accesero proprio a partire dai resoconti di pittori reduci dalla visita all’Esposizione Universale di quell’anno, tra i quali il toscano Serafino De Tivoli e il napoletano Saverio Altamura. I giovani artisti rimasero folgorati dalla pittura di Delacroix, di Decamps e soprattutto dei paesaggisti della Scuola di Barbizon, come Jules Dupré, ma anche Corot, Millet e in particolare Courbet, padre fondatore della pittura realista.

Jules Dupré, Paesaggio con Bovini, olio su tavoletta, 26,5 x 19 cm, Collezione privata

Tra i primi fu Francesco Saverio Altamura, dopo un soggiorno francese, ad aggiornare i fiorentini sui nuovi sviluppi della pittura di paesaggio, sulla sperimentazione del ton gris, ossia nel ritrarre la natura dal vero attraverso il riflesso di uno specchio nero che filtra e abbassa i contrasti chiaroscurali. Le esperienze francesi di Altamura e Domenico Morelli rielaborate a Firenze condussero in breve alla definizione della “macchia”. Alle origini della nuova tecnica, v’è l’esigenza di trovare uno strumento adeguato alla restituzione delle “suggestioni del vero” nel dipinto. La macchia si configura dunque come mezzo per riprodurre gli effetti di luce e i contrasti tonali di un soggetto ritratto dal vero. La realtà dipinta risulta da macchie di colore e di chiaroscuro: tali costruzioni unite al taglio fotografico inedito per i soggetti, sono alla base delle opere di Vincenzo Cabianca in mostra, eseguite nella totale immersione nel paesaggio.

Vincenzo Cabianca, Scogli a Castiglioncello, 1865, olio su tela, Collezione Palazzo Foresti, Carpi

La novità sta nel valore che questi artisti attribuirono ad una tecnica in realtà già in uso in ambito accademico, come stadio preparatorio di un dipinto. I macchiaioli infatti elessero tale costruzione coloristica e chiaroscurale a stadio finale dell’opera. Oltre alla tecnica, la rivoluzione della “macchia” investì anche la scelta dei soggetti. La partecipazione agli eventi risorgimentali echeggia ancora nei soggetti di Giovanni Fattori, si pensi al celeberrimo Campo italiano dopo la battaglia di Magenta, capolavoro che commemora le istanze dei soldati italiani senza cedimenti retorici, come avviene in numerosi dipinti analoghi, in cui pittura di storia e paesaggio convivono attraverso un inedito equilibrio. Ne costituisce un icastico esempio il Soldato a Cavallo esposto in mostra: Fattori privilegia una personale microstoria rispetto alla grande storia nazionale osannata dalle accademie, indagandone la dimensione umana nella sua triviale quotidianità. Il tono descrittivo e feriale è riverberato dall’imponenza di un paesaggio che diviene preponderante, in dialogo con l’umano ed al suo pari. Lo studio paesistico è rigorosamente effettuato dal vero, la limpidezza della luce diurna in cui campeggiano le macchie cromatiche ne esalta la dimensione plastica e dà prova di una tangibilità della materia nelle vibrazioni atmosferiche.

Giovanni Fattori, Soldato a cavallo, 1860-1870, olio su tavola, Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, Milano

L’opera di Fattori manifesta dunque l’inedita convivenza di due generi solitamente distinti, definitivamente ricongiunti: quadro di storia e paesaggio. La ricerca macchiaiola offre in definitiva il proprio contributo al dibattito ottocentesco, già in atto oltralpe, sul superamento della gerarchia dei generi e la rinnovata attenzione verso i temi tratti dal quotidiano. Avversi all’ordine gerarchico che l’accademia applicava all’iconografia artistica, i macchiaioli emanciparono i temi raffigurati da un aprioristico paradigma valoriale. Al centro della questione è la modernità dell’esercizio pittorico, che rinnoverà nei secoli successivi il dibattito sull’arte del vero: la macchia, come mezzo dell’arte, per sondare il reale.

I MACCHIAIOLI e l’invenzione del Plein air tra Francia e Italia
Monza, Orangerie della Villa Reale (viale Brianza 1)
18 febbraio – 21 maggio 2023

Biglietti:
Intero: 12€
Ridotto: 10€ (13-18 anni, over 65, gruppi precostituiti di adulti oltre le 15 persone)
Bambini (7-12 anni): 5€
Scuole (di ogni ordine e grado): 5€
Gratuito: visitatori disabili (a invalidità superiore al 74%) e 1 accompagnatore solo in caso di non autosufficienza, bambini fino ai 6 anni, accompagnatore scolaresche (2 per gruppo), accompagnatore gruppi adulti (1 per gruppo), possessori abbonamenti Musei Lombardia Milano.

Orari:
Lunedì e martedì chiuso
Dal mercoledì al venerdì 10 – 13 / 14 – 19, sabato domenica e festivi dalle ore 10 alle ore 20

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