Da Steve McQueen a Kerry James Marshall, a Yinka Shonibare CBE. Grandi nomi per la 15° Biennale di Sharjah concepita da Okwui Enwezor
Lui è morto ormai da 4 anni, eppure la sua presenza si fa sentire ancora, forte. Indirettamente, per le sue idee e il suo approccio curatoriale, che quanto mai ha fatto scuola. E anche direttamente, perché ci sono ancora grandi eventi che nascono dai suoi ultimi imprimatur. Come la Biennale di Sharjah da pochissimo inaugurata, curata da Hoor Al Qasimi, direttore della Sharjah Art Foundation, ma sviluppata da un concetto – di lui si parla – di Okwui Enwezor.
Si potrebbe anzi dire che proprio dalle parti del Golfo Persico i capisaldi del pensiero del critico d’arte nigeriano trovano fra le più compiute applicazioni. Attenzione quasi esclusiva alle tematiche socio-politiche: antirazzismo, terzomondismo, gender theory, anticapitalismo, ecc.. Tutti tematiche ben presenti in un substrato creativo come quello dell’Emirato di Sharjah, che a queste aggiunge quelle iscritte nel DNA di ogni potere assoluto: i costanti riferimenti alle tradizioni, alle origini, all’identità. Realismo, ancorché aggiornato al terzo millennio, ma sempre distantissimo anni luce da qualsiasi formalismo.
Sociologia visuale
Osservazioni buone per i molti artisti giustamente invitati a rappresentare gli Emirati alla Biennale. E anche per molti dei “big” internazionali, ancora frutto del vaglio di Enwezor. Il risultato, per quelle che sono le nostre prime impressioni? Un trattato di sociologia visuale, con diversi alti picchi qualitativi. Amplificati dalla suggestione offerta dalla scelta delle location, che conducono a (ri)scoprire luoghi di grande fascino, a volte in disuso o comunque ripensati per l’occasione.
È il caso dell’Old Al Jubail Vegetable Market, teoria di locali un tempo botteghe di frutta e verdura, dalla curiosa forma a mezzaluna. Qui ad accogliere i visitatori è una sorta di gioco di gruppo, con un tavolo apparecchiato con scatole e una voce che guida a scoprirne il contenuto per ricostruire le vicende delle schermaglie energetiche libanesi. Fascino retrò anche nella sede dell’Africa Institute, dove spicca per presa sull’osservatore il video di Ayoung Kim. Coreano, lui, perfetto interprete di una scuola che riesce come nessn altra a umanizzare la tecnologia. E spicca anche, ovviamente, un grande come Steve McQueen, che cattura tutti i sensi con il video “Pursuit”.
15 sedi
Più “convenzionali” gli spazi della Biennale ad Al Hamriyah, 30 chilometri a Nord di Sharjah, due moderni hangar utilizzati per studi d’artista e esposizioni. Lo spazio esterno, arido e assolato, non rende merito alla grande installazione di Kerry James Marshall. Mentre decisamente a proprio agio sono i multicolorati “manichini” di Yinka Shonibare CBE. Questo il primo nostro report: arricchito dalle immagini e video che trovate in pagina…
https://sharjahart.org/biennial-15