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Aperçues. Nina Carini in mostra alla Basilica di San Celso a Milano 

Nina Carini Mani come rami che toccano il cielo Installazione, 2023. Bronzo realizzato da Fonderia Artistica Battaglia, Milano. Courtesy l'Artista. Ph Lorenzo Palmieri
Nina Carini. Mani come rami che toccano cielo. Installazione, 2023. Bronzo realizzato da Fonderia Artistica Battaglia, Milano. Courtesy l’Artista. Ph Lorenzo Palmieri

Fino al 15 aprile la mostra personale di Nina Carini “Aperçues” prende vita negli spazi della Basilica di San Celso a Milano

Il misticismo permea le mura dell’antica Basilica di San Celso, struttura romanica posta a Milano in un’area ricca di memorie, da tempo adibita a mostre d’arte.  Nella sua spoglia severità la struttura si offre come una pagina bianca su cui scrivere storie sospese fra mito, sacralità religiosa e richiami alla contemporaneità.

L’artista siciliana Nina Carini (Palermo, 1984) si misura oggi con questo straordinario luogo con la mostra “Aperçues” (a cura di Angela Madesani e Rischa Paterlini), instaurando un dialogo particolarmente intenso là dove la soglia della sua ricerca – da tempo protesa verso i territori del sapere: filosofia, letteratura, arte, antropologia – si colloca al limitare fra spazi esterni e interni, armonizzando suoni e immagini, pur difformi nel loro esito sia formale che semantico, in un articolato canovaccio che trae ragion d’essere ed equilibrio proprio dalla sua complessità. 

Carini attinge ispirazione da testi letterari e poetici, in tema di vulnerabilità come di ansia d’infinito, facendo suoi compagni di viaggio vari autori: fra gli altri, Simona Menicocci, che nel poemetto “Glossopetrae” si interroga su quanto si stia estinguendo dal nostro universo attraverso ricognizioni che paiono inventari enciclopedici, o Georges Didi Huberman, che nel saggio “Aperçues” – da cui trae nome la mostra –, traccia un percorso autobiografico in tema di eterne seduzioni, intellettuali e non, all’ombra di figure iconiche della cultura occidentale. 

LA MOSTRA

Oggi, nello spazio antistante la Basilica, l’artista siciliana accoglie dunque i visitatori con l’installazione sonora “Le cose in pericolo (A, B, C, D, E…)”, ovvero, come spiega lei stessa, “l’associazione fra parole che stanno per scomparire e bambini che stanno iniziando ora a relazionarsi con il linguaggio”. Si sentono voci infantili che pronunciano ad alta voce 3591 fonemi, spesso incomprensibili, con la freschezza di chi non è abituato all’uso di espressioni che però sono destinate a divenire in futuro parte del suo vocabolario. Certo, solo a patto che esse sopravvivano all’impoverimento verbale che affligge la contemporaneità.

Ma ecco che, spingendo lo sguardo oltre la soglia della Basilica, si può cogliere al suo interno la nitida plasticità di due braccia bronzee, nodose, alte, affusolatissime, che fanno da luminose quinte all’altare. Carini le ha fuse alla Fonderia Artistica Battaglia adottando come modelli segmenti di tronchi d’albero, perfettamente connessi fra loro grazie alla perizia dei maestri fonditori che hanno reso questo luogo d’arte un punto di riferimento nel campo della scultura internazionale.

Nina Carini, Mani come rami che toccano cielo. Installazione, 2023. Bronzo realizzato da Fonderia Artistica Battaglia, Milano. Courtesy l’Artista. Ph Lorenzo Palmieri
Nina Carini, Mani come rami che toccano cielo (dettaglio). Installazione, 2023. Bronzo realizzato da Fonderia Artistica Battaglia, Milano. Courtesy l’Artista. Ph Lorenzo Palmieri

L’opera, intitolata “Mani come rami che toccano cielo” esprime spiritualità e tensione verso l’alto, ovvero verso l’infinito. “La natura racchiude già in sé l’idea dell’infinito”, chiosa l’artista che nella natura ha appunto cercato le forme più appropriate per la modellazione delle sue opere.

MISTERO INFINITO

Sul lato destro dello spazio liturgico appare “Venere Bugiarda”, installazione composta di nove sfere d’alabastro ognuna incisa con una lettera alfabetica a comporre le parole “Per sempre”. Eternità dunque, un concetto ribadito dai trecento vasetti fioriti disposti intorno a cerchio, che vengono rinnovati nelle loro corolle non appena diano segni di appassimento, come in una cerimonia senza tempo celebrata grazie a riti costantemente reiterati.

Nina Carini Venere Bugiarda (dettaglio). Installazione site specific, 2022. Alabastro. Courtesy Collezione Nembrini

A sinistra, vibra a mezz’aria “Occhi di lacrime”, una “colonna” – come la definisce Carini – smaterializzata, fatta di gocce di cristallo che paiono fatte d’acqua e oscillano alla luce. L’artista sottolinea che è stata ispirata una colonna presente nella Cisterna di Istanbul, “cattedrale” sotterranea scavata nelle viscere d’acqua di una metropoli antichissima. 

Nina Carini. Occhi di lacrime, 2023. Vetro e metallo. A San Celso. Courtesy l’artista. Ph Lorenzo Palmieri

A fianco, un confessionale scolpito nel legno scuro custodisce una piccola scultura d’alabastro retroilluminata, dal titolo “Senza voce”. Pur muta, pare assimilare e restituire le vibrazioni acustiche dall’ambiente che la circonda, come fosse deputata a eterno recettore di suoni fluttuanti nello spazio e nel tempo.

A terra sono infine adagiati piccoli fossili che simboleggiano le ere del primordio: vulnerabili, eppur sopravvissuti fra le pieghe dei millenni. Di Carini è mentore, in questo caso, Masaru Emoto, scienziato giapponese rigoroso catalogatore di cristalli e altri piccoli e grandi miracoli della natura.

Nina Carini. Senza Voce, 2023. Alabastro A San Celso. Courtesy l’Artista.Ph Lorenzo Palmieri
Nina Carini, Senza Voce, 2023. Alabastro. A San Celso. Courtesy l’Artista. Ph Lorenzo Palmieri

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