Secondo appuntamento per il nostro focus sull’arte diffusa a Palermo. Oggi l’incontro è con l’artista spagnola Blanca Matias, e con un’arte legata alle forme del sociale che ammira Beuys
Blanca Matias (Girona, 1967) sviluppa progetti e opere nell’ambito dell’arte relazionale, basati sull’iterazione sociale in maniera creativa, spesso in collaborazione con altri artisti, in cui etica ed estetica coesistono. Ha completato i suoi studi all’Accademia di Belle arti di Palermo, dove da anni vive e lavora in sinergia con diversi collettivi locali e internazionali. Performances, happening, scultura sociale, azioni e parole, Matias agisce sull’eredità di Joseph Beuys, ed è convinta che la rivoluzione siamo noi. Come? Leggete questa intervista.
Cosa ci fa una spagnola in Sicilia e perché hai scelto di vivere e lavorare a Palermo?
È stata un attrazione immediata, potrei dire che Palermo con la sua gente è diventata la mia casa.
Come nasce il collettivo Verein Dusseldorf-Palermo, chi siete e cosa proponete ?
Il Verein Dusseldorf-Palermo e. V. nasce dall’impegno personale di un altro amante della Sicilia, Michael Kortländer, di Dusseldorf artista, curatore, scrittore; lui è l’anima dell’associazione. Michele ha contattato 10 anni fa artisti siciliani, anche quelli della cosiddetta scuola palermitana, Andrea di Marco, Alessandro Bazan, Francesco di Grandi, con Daniele Franzella, uno dei miei artisti preferiti e Alessandro Pinto, attuale direttore della sede di Palermo, lui è il “ direttore d’orchestra ” di questa avventura. L’ente internazionale sviluppa un lavoro fantastico e allo stesso tempo necessario, in modo altruistico, per la diffusione dell’arte, gestendo mostre, residenze, conferenze, bandi, ecc… Tra artisti internazionali sono grata alla famiglia della HAUS DER KUNST e al suo vitalissimo team di artisti promettenti.
A Palermo quali realtà lavorative hai trovato e come riesci a portare avanti i tuoi progetti? Con molta energia e determinazione!!!! Da quando ho messo piede sull’isola non mi sono mai fermata. Sono molto contenta dell’accoglienza che ha ricevuto il mio lavoro in Sicilia.
Ti consideri una erede di Beuys, perché?
Potremmo dire erede nel senso che condivido la sua visione sul concetto di arte. Un’arte sociale vicina alla gente, aperta, democratica, che pone domande, che cerca riflessioni. Con questa concezione ampliata dell’arte ha scatenato dibattiti in tutto il mondo. Da questi concetti “Beuysiani” iniziò con la mia proposta per la mostra “Kontex Beuys 2022” all’Haus der Kunst di Palermo, dove ho inscenato la performance La mia casa è la túa, c’era un camper in cui ho vissuto per tutta la durata della mostra, creando così un ampliamento della sala espositiva come metafora della mia casa d’arte ideale. Un camper come la Nostra casa, dove discuter e, ad esempio sulle donne nella storia dell’arte, della rappresentazione del femminile e della sua invisibilità come soggetto creativo, del passato e del presente, ma soprattutto del nostro futuro. Partecipare alla mostra KONTEXT BEUYS con questo lavoro è stato un privilegio, e un piccolo omaggio con la mia performance al maestro della Scultura sociale.
Sei una protagonista dell’arte relazionale, pratichi forme di arte partecipativa e inclusiva, ma secondo te l’arte oggi ha ancora un ruolo sociale?
Il mio lavoro ha un background socio-politico molto evidente e questo è ciò che ha senso per me. Allo stato attuale tutto è già stato fatto e visto, abbiamo assorbito tendenze, movimenti, stili, modi di fare e l’avanguardia non esiste più, ma Chi se ne frega! Non ho bisogno di essere un pioniere in nulla! Alla tua domanda, se oggi l’arte abbia un ruolo sociale, ovviamente si e non potrebbe essere altrimenti secondo me, basta guardare le opere di Tania Bruguera, Jordi Colomer, Nan Goldin, Regina Galindo, tanto per fare qualche esempio di artiste irriverenti e difficili da etichettare, impegnate in tematiche sociali e politiche. L’importante è essere intellettualmente oneste, essere fedeli a se stesse e procedere in relazione al contesto anche nel caso di opposizione a qualcosa o qualcuno.
Sei impegnata in atti concreti nell’ambito dell’arte sociale e politica, in primis contro la violenza sulle donne, ti consideri una femminista, perché?
Assolutamente sì, sono femminista. Viviamo in una società patriarcale ancorata all’egemonia maschile segnata da una estrema violenza sulle donne per il fatto di essere donne. Basta guardare cosa sta succedendo in Iran, Afghanistan, Russia, Stati Uniti. Ereditiamo codici di comportamento ‘macisti’, sul modello “uomo alfa” che rivendicano il dominio sulla donna per ragioni religiose o culturali, io direi tribali o patriarcali, inammissibili in una società democratica che dovrebbe garantire pari diritti e doveri di tutti gli individui. In Italia avete la costituzione, e l’articolo numero 3 , è un diritto universale, basato sul principio della dignità sociale , libertà , eguaglianza dell’individuo, ma a quanto pare non è proprio così ovunque.
Qual è il messaggio della tua performance Come spiegare il femminismo a un merluzzo morto, inscenata ai Cantieri Culturali della Zisa di Palermo, nell’ambito del Kontex Beuyus (2022)?
La performance parla dell’ipervisibilità delle donne come oggetti di rappresentazione nell’arte e della loro invisibilità come soggetto artistico. L’azione si riferisce chiaramente alla famosa performance di Joseph Beuys Come spiegare i quadri a una lepre morta (1965). Usiamo la stessa strategia di impossibilità di comunicazione e comprensione con un animale morto per compiere una semplice azione politica di inserimento in un libro di storia dell’arte 100 nomi di artiste le cui iniziali coincidono con le lettere della parola FEMMINISMO, come una litania. I loro nomi dimenticati, i loro volti sconosciuti, i loro contributi ignorati.
Sei un’artista interdisciplinare, pratichi performance, happening e sei solita condividere progetti con altri artisti, inoltre sviluppi anche lavori pittorici e scultorei insieme . Puoi spiegare meglio in cosa consiste il tuo lavoro così eclettico ?
Uso tutto ciò che è disponibile per comunicare, il metodo è interdisciplinare, versatile e a volte caotico, come me. I contenuti e le forme sono importanti, devi trovare un equilibrio tra ciò che vuoi dire e come lo comunicherai.
Nel flusso comunicativo dell’epoca globale iperconnessa come l’arte sociale e politica, in attesa di legittimazione, può sopravvivere fuori dal sistema dell’arte ?
Penso che la risposta sia affermativa, anche per molti artisti indipendenti e musicisti, scrittori. I canali di diffusione sono cambiati, la rete aiuta ad amplificare le nostre ricerche. E’ una forma di resistenza .
Vivi del tuo lavoro di artista o fai altro per “sbarcare il lunario”?
Ho il privilegio di poter vivere dedicandomi della mia passione, dedico il mio tempo allo studio, ricerca e sviluppo progetti condivisi con altri autori. Attualmente sto sviluppando una tesi sulla costruzione dell’identità femminile attraverso la fotografia nel periodo della dittatura franchista, presso l’Università Politecnica di Valencia, in Spagna.
Come ti relazioni con il mercato dell’arte, un paradigma contemporaneo necessario all’artista impegnato anche nel settore del marketing del proprio lavoro?
Non abbiamo un buon rapporto, la parola mercato mi spaventa già…Non faccio arte per piacere a nessuno, la pratico per vivere, per me è necessaria come l’aria, e non per ricevere riconoscimenti, ma perché mi piace, anche se è sempre un completamento mostrare il proprio lavoro al pubblico, l’unico vero critico. Mi piace smuovere riflessioni con il mio lavoro, se ci riesco, ecco allora questo è un complimento.
“Ciò che prima era rivoluzionario è diventato moda, passatempo”, lo scrive Mario Vargas Llosa: l’arte politica esiste ancora?
Non condivido il suo punto di vista. L’arte politica non è fatta per piacere a nessuno. Lo invito a conoscere le opere di Nan Goldin, Monica Mayer, Lotty Rosenfeld, Elina Chauvet, etc.
Hai visto la Biennale Arti Visive di Venezia 2022, intitolata “Il Latte dei sogni” a cura di Cecilia Alemani, prevalentemente al femminile, cosa ne pensi?
Fantastica!! È la prima volta che alla Biennale vengono ribaltate le percentuali sul numero degli artisti, più donne e meno uomini. È vero che l’arte non ha genere, ma la società non è ancora egualitaria e ancora meno il mondo dell’arte.
Violenza, nazionalismo, omofobia, antisemitismo, violazione dei diritti civili, libertà e giustizia negate, emergenza ambientale, postcolonialismo, ecc, queste sono alcune tematiche del nostro tempo che trovano negli “artivisti” una combinazione tra forma estetica e contenuto etico. Tu ci riesci?
Goya, Caravaggio, Artemisia Gentileschi… Erano già artivisti. Dipingevano le miserie del loro tempo, i Disastri di guerra o le Sciocchezze di Goya sono una feroce critica al sistema politico dal momento. Artemisia nei suoi dipinti di personaggi femminili come Lucrecia o Judith, denunciava gli abusi a cui era stata sottoposta, sono esempi di come l’artista diventi attraverso l’estetica un altoparlante per il pubblico. Per quanto riguarda la tua domanda, come dice Wittgenstein, rivoluzionario sarà colui che può rivoluzionare se stesso. La posizione limitante non è altro che un richiamo a capire che si è proprio chi pone dei limiti e io cerco di evitarlo, superare ogni imposizione, che incoraggia a continuare a crescere e quindi a continuare a rivoluzionare me stessa.
L’arte secondo Italo Calvino deve farsi “lente d’ingrandimento posata sul fuori quotidiano, ciò su cui l’occhio nudo tende a scorrere senza fermarsi”, come dispositivo di conoscenza. Sei d’accordo?
Certo. Il artista deve tener fisso lo sguardo nel suo tempo. Ma che cosa vede chi vede il suo tempo? contemporaneo é colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percipirne non le luci, ma il buio, colui che sa vedere questa oscuritá. “Il contemporaneo é I´intempestivo” diceva Nietzche.
Sei una frequentatrice dei social media, che importanza hanno nel tuo lavoro?
Sempre meno, sono su Instagram solo per necessità, ma a volte penso che tutto sia una bugia, come il numero di follower, like, comprati e venduti
Quando l’arte è perturbante ?
L’arte deve essere perturbante…quando ti emoziona, ti eccita, ti mette a disagio, ti fa stare male o bene, ti spinge a partecipare alla società orizzontale dove altri non decidono per tutti.
Cosa consiglieresti a una ragazza che sceglie di diventare artista?
Essere un artista è uno stile di vita, un atteggiamento verso il mondo, non puoi farne a meno. Ma le direi di studiare la storia dell’arte, quella vera, in cui le donne sono incluse, di imparare le tecniche delle discipline artistiche, di viaggiare.
Quali progetti stai sviluppando ?
Sono entusiasta del prossimo progetto di dieci artisti contemporanei con María Alcázar, Tine Bay Lührssen, Marta Colombo, Nina Brauhauser, Carola Eggeling, Serena Fanara, Carla Guida, Rossella Palazzolo, Francesca Polizzi. Agisco in una prospettiva multidisciplinare è la proposta del Verein Düsseldorf_Palermo per la sua prossima mostra FRONTIERA/ RAUMBILDER/ FRONTERA che si inaugura il 29 aprile 2023 alla Haus der Kunts di Palermo. Un incontro di artiste donne, che lavorano a partire da linguaggi diversi che, attraverso la collaborazione e lo scambio culturale, creano una sottile eco di sorellanza oltre Frontiera.