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Degas, il ritorno a Napoli

Fino al 10 aprile la mostra Degas, il ritorno a Napoli, propone una selezione di quasi 200 opere nella Sala del Refettorio del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore

Il pittore e scultore Edgar Degas (1834 – 1917) coltivò sin dalla giovinezza uno stretto rapporto con l’Italia e con Napoli. Il nonno paterno, con parte della famiglia, viveva nel capoluogo campano in salita Trinità Maggiore a due passi dalla centralissima piazza del Gesù e dal monastero di Santa Chiara, in un palazzo di sua proprietà, oggi chiamato Palazzo Degas, ma all’epoca era noto come Palazzo Pignatelli di Monteleone. 

Il nonno René Hilaire De Gas, nobile francese, che al tempo della Rivoluzione mutò il suo cognome con il meno aristrocatico Degas, fu costretto a lasciare la Francia e a rifugiarsi a Napoli. Qui svolse con profitto la professione di banchiere e agente di cambio. Sposò Giovanna Teresa Freppa, originaria di Livorno, dalla quale ebbe sette figli: quattro maschi, Auguste, Henri, Eduard ed Achille e tre femmine Rosa, Laura e Fanny. I quattro maschi si trasferirono in Francia mentre le femmine rimasero nella città partenopea sposando rampolli della nobiltà locale; il solo Auguste in tarda età tornò a Napoli dove morì e fu sepolto.

Auguste sposò Celestine Musson, una americana di origine francese, dalla quale ebbe cinque figli: il primogenito Edgar, Achille, Therese, Marguerite e René. Edgar, appassionato di pittura, nel 1854 fece un viaggio a Napoli, sicuramente non il primo visti i profondi legami con la famiglia paterna, trattenendosi presso il nonno Hilaire. Qui frequentò il Reale Istituto di Belle Arti dove apprese le prime nozioni di disegno e di pittura e iniziò ad esercitarsi con numerosi autoritratti e ritratti dei parenti. L’osservazione della frenetica vita napoletana che le donne e gli uomini svolgevano in strada inculcarono i germi del “movimentismo” nelle sue figure. Con la frequentazione dei circoli liberali conobbe lo storico e politico Pasquale Villari (1827-1917) e l’artista Domenico Morelli (1823-1901), che ritrasse la sorella Therese in un famoso quadro.

A Parigi nel 1855 si iscrisse all’Ecole des Beaux Arts, ma ben presto, insofferente dell’insegnamento troppo conformista, tornò a Napoli, dove partì per il “Grand Tour” attraversando l’Italia, migliorando nel tempo il suo stile con la copia dei dipinti classici.

A Firenze fu ospite della zia Laura e del marito barone Gennaro Bellelli. In quella occasione dipinse il quadro La Famille Bellelli, che rappresentava la zia, il marito e le loro due bambine Giovanna e Giulia.

Tornato a Parigi riprese a frequentare gli ambienti impressionisti dove incominciò ad avere una certa notorietà, specialmente per i suoi numerosi quadri di ballerine nelle più svariate pose, soggetto per il quale mostrò durante tutta la sua vita una certa passione.

Dopo la morte del nonno Hilaire si recò più volte a Napoli per curare la sua parte di eredità, al riguardo ebbe contrasti con le zie e le cugine, poiché la sua condizione economica non era delle più floride a causa di una malattia agli occhi che era subentrata con l’avanzare dell’età e che gli impediva di dipingere. Per via di questi contrasti preferiva essere ospite dalle cugine Bellelli in Toscana con le quali conservava un buon rapporto.

>>> Questo intenso rapporto tra Degas e Napoli è stata fonte di celebrazione con una mostra dal titolo, Degas, il ritorno a Napoli, con una selezione di quasi 200 opere esposte nella Sala del Refettorio del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, a Napoli, fino al 10 aprile 2023, prodotta da Navigare srl e curata dall’esperto e collezionista d’arte Vincenzo Sanfo.

La prima sezione

Il percorso espositivo si divide in tre parti. Ad accogliere i visitatori nella prima sezione sono le vicende familiari dell’artista Degas, a partire dal ritratto del nonno Hilaire e da quelli di alcuni dei suoi familiari. Si susseguono lungo le pareti una carrellata di immagini e di opere che raccontano una Napoli di fine Ottocento, per terminare con il dipinto La famiglia Bellelli, di cui è presente una ricostruzione virtuale (la tela originale è al Museo d’Orsay di Parigi).

Trenta sono i disegni provenienti dal Carnet di Ludovic Halèvy, in cui oltre ai ritratti dei personaggi che frequentavano il salotto di quest’ultimo, sono presenti studi e disegni preparatori dei suoi celebri dipinti, come ad esempio Madamoiselle La La au cirque Fernando. Halèvy, celebre scrittore, era amico fraterno di Degas. Durante le serate il pittore francese amava disegnare e schizzare ritratti dei convenuti. In queste opere sono evidenti i suoi temi prediletti, come le ballerine, il mondo del circo, i ritratti tra reale e caricaturale di amici e occasionali ospiti. L’album realizzato da Halèvy nel 1877 attraverso questi facsimili ci fa conoscere un Degas meno paludato, più libero e con una sottile vena di ironia, e ci restituisce un uomo curioso e amante della vita.

Carnet di Ludovic Halèvy
Carnet di Ludovic Halèvy

Una particolare attenzione è dedicata al famoso dipinto La famiglia Bellelli, in cui sono ritratti la zia paterna Laurie De Gas, il marito, barone Gennaro Bellelli e le due figlie, Giovanna e Giuliana, dove il pittore esprime l’introspezione psicologica dei personaggi, restituendo i rapporti non idialliaci fra i vari soggetti. Impiegò ben nove anni per terminarlo, realizzato per omaggiare la generosità dei parenti che lo ospitarono a Firenze. Nella tela, il disegno a sanguigna appeso al muro, accanto alla zia, è il ritratto del nonno paterno defunto Renè Hilaire De Gas. La composizione è scandita da linee verticali che suggeriscono una sorta di suddivisione delle figure. Si nota una atmosfera non gioiosa nella casa. Le donne sono tutte e tre vestite di nero per il lutto che aveva colpito la famiglia, con la morte dell’unico figlio maschio. La tensione si percepisce dalla direzione e dalla durezza dello sguardo della moglie che guarda lontano, fuori dal quadro, verso un mondo immaginario. La sua mano destra è posata sulla mano della figlia di 7 anni, Giovanna, a rimarcare la contiguità caratteriale. Quest’ultima è l’unica del dipinto che guarda verso l’osservatore, mentre gli altri sono assorti nei loro pensieri.

Edgar Degas, Portrait de famille, entre 1858 et 1869, huile sur toile, H. 201,0 ; L. 249,5 cm. , © Musée d’Orsay, dist. RMN-Grand Palais / Sophie Crépy

Giuliana, 10 anni, più irrequieta, si volta in maniera impercettibile verso il padre a cui probabilmente era affezionata. La sua posa scomposta, con una gamba reclinata sotto di essa, ci racconta di una bambina irrequieta, libera, al contrario della sorella estremamente in ordine come la madre. Il barone Bellelli, invece, i cui rapporti con la moglie erano molto difficili, viene ritratto nel lato estremo del dipinto, alla destra di chi guarda, e la sua figura è quasi abbozzata, rannicchiata, a dimostrare l’inquietudine di un uomo disincantato, solo, quasi estraneo al severo gruppo familiare. Le linee verticali e le geometrie spigolose dei grembiuli delle bambine servono ad esaltare il senso di inquietudine e di incomunicabilità che traspare nel dipinto e ci porta ad una comparazione con certe scene descritte nei film di Ingmar Bergman (1918-2007) e di Michelangelo Antonioni (1912-2007).

A chiudere la prima parte della mostra è un preziosissimo disegno di Degas, proveniente dalla famiglia dell’artista, in cui è ritratto Eugene Manet (1833-1892), fratello del celebre artista Edouard Manet (1832-1883), e marito della pittrice Berthe Morisot (1841-1895), presente in mostra con un ritratto realizzato da Manet, pochi giorni dopo la morte del marito Eugene.

La seconda sezione

La seconda sezione è dedicata ai temi preferiti da Degas: ballerine, corse dei cavalli, serate tra teatri, caffè-concerto e Maison Close. Egli esplora e viviseziona una società che cambia e che tra una vita fatta di luci, suoni e sfarzo, in una mondanità apparentemente senza limiti, nasconde al suo interno il dramma di chi da questo mondo è espulso, relegato nella quotidianità faticosa di lavandaie, stiratrici, prostitute o di personaggi inebetiti all’alcool nei fumosi Cafè. Una particolare attenzione è rivolta al racconto, La Famille Cardinal, del suo amico Ludovic Halèvy, celebre per i suoi libretti d’opera, musicati dai grandi dell’epoca. Per quest’opera il pittore francese realizzò una serie di illustrazioni. E’ incentrato sulla storia di due sorelle Pauline e Virginie Cardinal, entrambe ballerine, che per arrotondare i guadagni si accompagnavano a uomini facoltosi e benestanti. Le trattative economiche e gli appuntamenti delle due fanciulle erano gestiti dalla madre che aveva creato l’impresa de La Famille Cardinal. Nelle illustrazioni realizzate con la tecnica del monotipo emerge la vita dissoluta e dedita al piacere della Parigi della Belle Epoque. 

Una singola sala del percorso espositivo ospita le immagini inerenti all’opera letteraria, La Maison Tellier, novella scritta da Guy de Maupassant (1850-1893), in cui racconta la vita all’interno di una casa di piacere nella Parigi di fine Ottocento. Degas realizzò una serie di 19 monotipi, di cui alcuni a colori. A corredo del testo eseguì alcuni disegni, trasferiti successivamente in xilografia. Il lavoro venne pubblicato diversi anni dopo, nel 1934, dal celebre mercante Ambroise Vollard (1866-1939). Ci vollero sei anni per la realizzazione di questa impresa che imponeva di trasferire i monotipi di Degas in acquaforte. Il tocco febbrile e impressionista che l’artista utilizzò, serve a rendere in maniera drammaticamente realistica le scene rappresentate, in cui la vita delle prostitute scorre tra l’indifferenza dei clienti e l’intima solitudine delle vite vendute. 

Prima di passare all’ultima parte della mostra, una sala è dedicata alla figura di Julius Mordekaj Pinkas (1885-1930), meglio conosciuto come Jules Pascin, di origine bulgara: visse a Parigi dove frequentò la scuola di pittura all’Accadémie Colarossi. Era un amante dei bistrot e delle Maison Close, che frequentava assiduamente come Degas, soprattutto per trarre ispirazione da quelle vite sbandate e sofferte in cui si riconosceva, e che ha immortalato nei disegni e nei dipinti. I suoi ritratti sono composti da colori diafani e magri, inondati di una poesia così palpabile, da averlo reso uno dei protagonisti di quel periodo. Amico di Henri Toulouse-Lautrec (1864-1901), di Amedeo Modigliani (1884-1920), di Chaim Soutine (1893-1943), di Moise Kisling (1891-1953) e di Pablo Picasso (1881-1973), Pascin era un personaggio complesso e attraversato da un “male di vivere” che lo portò al suicidio il giorno prima della inaugurazione di una sua importante mostra.

La terza sezione

La terza ed ultima sezione dell’esposizione è dedicata agli amici di Degas, alla vita sociale e alle sue tormentate vicende personali, con la presenza di opere degli artisti come Marcellin Desboutin (1823- 1902), Suzanne Valadon (1865-1938), Ludovic Halévy (1837-1908), Giuseppe De Nittis (1846-1884) ed Edouard Manet (1832-1883).

La Celestina è un’opera letteraria attribuita a Fernando de Rojas (1465-1541), pubblicata anonima a Burgos, in Spagna, probabilmente nel 1499 in una prima forma e ampliata attorno al 1502. In una dimensione da tragedia satirica intreccia la delicata vicenda di due giovani virtuosi e la torbida esistenza di una astuta donna, Celestina. Per illustrare l’opera Pablo Picasso realizzò nel 1968 una suite di 66 incisioni, denominata La Célestine. Nell’acquaforte presente in mostra ritrae in maniera ironica Degas e il suo amico Marcellin Desboutin. Alto e smunto il pittore francese, piccolo e rubicondo Desboutin, sono ritratti di profilo all’interno di una “casa chiusa”, dai tratti arabeggianti, mentre stanno trattando con la mezzana, appunto la Celestine. Le due figure, nel loro antitetico aspetto, hanno ispirato il lato ironico e grottesco di Picasso, che ben li rammentava, avendoli conosciuti e frequentati nei suoi primi anni a Parigi.

E’ una mostra che annovera aspetti poco noti di Degas e che porta al grande pubblico il piacere della scoperta di opere raramente esposte al pubblico per la loro fragilità.

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