Juan de Pareja, Afro-Hispanic Painter è la prima grande mostra che approfondisce l’opera pittorica di Juan de Pareja (ca. 1608–1670), finora conosciuto perlopiù come soggetto di un famoso ritratto di Diego Velázquez, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. Nello studio del pittore spagnolo Pareja lavorò intensamente come tuttofare per più di due decenni prima di cimentarsi lui stesso col pennello. Ora il MET ne racconta la storia in un mostra in programma dal 3 aprile al 16 luglio 2023.
L’esposizione raccoglie 40 tra dipinti, sculture e vari manufatti artistici realizzati da Juan de Pareja nel corso della sua vita. Un modo per raccontare la sua arte e più in generale riscattare dal baratro della storia tutti quelli artisti, spesso neri e immigrati, se non importati come schiavi, che hanno contribuito in modo sotterraneo ma concreto all’età dell’oro spagnola. Così, accanto alle opere di Pareja sono in mostra anche una serie di dipinti di autori come Francisco de Zurbarán, Bartolomé Estebán Murillo e Velázquez che raccontano a condizione in cui le minoranze etniche erano impiegate come manovalanza artistica nella Spagna del XVII secolo. A completare la narrazione gli scritti di Arturo Schomburg, figura fondamentale per il recupero dell’opera di Pareja.
Intellettuale e collezionista nero portoricano che visse a New York, tra Ottocento e Novecento Arturo Schomburg viaggiò in Europa, soggiornando prima a Siviglia, Granada e Madrid. Qui iniziò a ricostruire le dinamiche della società multirazziale spagnola all’epoca di Pareja, in cui le persone di origine africana svolgevano un ruolo cruciale, seppure non riconosciuto. L’esito della sua ricerca è presentato in mostra grazie a una serie di prestiti dello Schomburg Center for Research in Black Culture della New York Public Library. Tra questi il suo storico saggio The Negro Digs Up His Past, ma anche fotografie e altri volumi.
Da qui inizia la ricostruzione della vita di Pareja, nato intorno al 1608 ad Antequera, in Spagna, probabilmente da una schiava di origine africana e da uno spagnolo bianco. Dal momento che non sono molti i documenti ufficiali che testimoniano le condizioni di vita delle minoranze etniche, a colmare il vuoto partecipano le opere d’arte o i manufatti artigianali. Come sculture lignee policrome e altri esempi di lavorazione del legno, argenteria e ceramica.
Ma ci sono anche (rare) raffigurazioni delle popolazioni nere e morisco (musulmani spagnoli costretti a convertirsi al cattolicesimo) realizzate da grandi autori. Come il dipinto di Francisco de Zurbarán (di proprietà del Met) o le tre versioni del dipinto di Velázquez raffigurante una sguattera, raccolte insieme per la prima volta in questa mostra (dalla The National Gallery of Ireland, The Art Institute of Chicago e The Museum of Fine Arts, Houston). Ma anche Bartolomé Estebán Murillo con il dipinto Three Boys (Trustees of the Dulwich Picture Gallery). Segno che, seppure non molto espansa, vi era comunque una certa richiesta sul mercato di opere di questo tipo.
La sezione forse più intensa della mostra è quella che racconta il viaggio che Velázquez e Pareja fecero in Italia tra il 1649 e il 1651. In questa occasione Velázquez dipinse il famoso ritratto di Pareja. Un’opera importante per diverse ragioni. Soprattutto perché fu la prima di una serie di opere ritrattistiche che Velázquez realizzò e gli diedero fama e successo, tutte sulla falsariga di questi primo ritratto. Ma anche perché racconta della vita anomala di Pareja, che nella sua condizione di schiavitù ebbe l’occasione di entrare in contatto le più grandi opere e monumenti del patrimonio europeo dell’epoca. Un bagaglio culturale, guadagnato a caro prezzo, che sarebbe poi stato fondamentale nella sua vita da artista. Inoltre fu proprio a Roma che Velázquez predispose i documenti per liberare Pareja. Il quale, dal 1654, poté vivere da uomo libero.
E dunque la mostra si conclude con una selezione di dipinti di Pareja. Alcune di enormi dimensioni, le sue opere si caratterizzano per vivaci tavolozze e composizioni estroverse, in netto contrasto con la sobrietà aristocratica di Velázquez. Segno che, una volta libero, Parejo si è voluto totalmente distanziare dalla sua vita precedente. Tra le opere più interessanti troviamo La Vocazione di San Matteo (Museo Nacional del Prado), dove l’autore si è autoritratto in un punto all’estrema sinistra della tela; La fuga in Egitto (The John and Mable Ringling Museum of Art); Ritratto di José Ratés (Museu de Belles Arts de València); e Il Battesimo di Cristo (Museo Nacional del Prado).