Gioiello dell’architettura ottocentesca nel cuore di Parigi, la Bourse de Commerce è un crocevia di secoli di storia economica, politica e culturale ma anche di stili, forme e materiali architettonici.
Il più recente museo che ospita la collezione di François Pinault, ricco imprenditore francese oggi noto al mondo per la sua inestimabile raccolta d’arte contemporanea, ha aperto le sue porte nel maggio 2021, dopo cinque anni di restauri e necessari, ma non invasivi, interventi architettonici.
Rimasto inutilizzato e chiuso per quasi un secolo, l’edificio circolare, unico nel suo genere all’interno della storia urbanistica della capitale francese, riprende vita come museo d’arte contemporanea. La sensazione è, nonostante nasca come granaio nel Settecento, adibito poi a camera del commercio nell’Ottocento, che la sua destinazione d’uso sia sempre stata quella museale, volta ad esporre ed accogliere l’arte del nostro tempo.
Una cupola di metallo e vetro, capolavoro ingegneristico concepito per la Parigi dell’exposition universelle di fine ‘800, copre come un manto di luce lo spazio centrale, offrendo una luminosità naturalmente esperta. La struttura dell’architetto François-Joseph Bélanger (1744-1818) gioca, tra rimbalzi e contrasti di luce, con le installazioni monumentali che occupano lo spazio della cosiddetta rotonda. È proprio in questa sala, la più imponente del museo, che la storia dell’edificio si svela al pubblico in tutta la sua importanza.
A decorare la pianta circolare si impone un affresco realizzato da diversi artisti per l’apertura della nuova camera di commercio nel 1889 e che, con i suoi 1400 metri quadri di superfice, rappresenta i cinque continenti, in una tipica interpretazione colonialista ed espansionista propria della Francia della fine del XIX secolo. L’affresco dipinto è stato completamente restaurato, grazie ai massicci finanziamenti di Monsieur Pinault, e serve ora di ispirazione agli artisti contemporanei della collezione, spesso chiamati a collaborare con i curatori del museo nell’allestimento delle mostre temporanee che ormai ritmano la fitta programmazione della Bourse. Ne è un esempio l’attuale installazione concepita da Dahn Vo (1975-) per la mostra Avant l’Orage. L’artista, danese di adozione ma vietnamita d’origine, è riuscito a intrecciare la rappresentazione colonialista dell’affresco con le sue radici vietnamite.
Altro particolare riferimento storico sono le ventiquattro vetrine che circondano il corridoio al pianterreno della Bourse, prima utilizzate per accogliere scoperte e novità tecniche, agricole e scientifiche della fine del XIX secolo, e che ora si prestano volutamente all’esposizione di opere, fotografie, piccoli oggetti, ready-made o installazioni video, come quelle di Edith Dekyndt per l’attuale esposizione. Ancora, la più famosa colonna medicea, costruita nel 1574 e unica testimonianza dell’antica residenza reale di Caterina de Medici, è diventata sede permanente di un’installazione luminosa di Philippe Parreno.
Alla Bourse de Commerce, l’esperienza è quindi duplice: il visitatore è accolto dalla storia e avvolto nella contemporaneità. La volontà di mantenere i distintivi tratti dell’edificio non ha impedito il coinvolgimento di uno dei più rinomati architetti del nostro secolo, Tadao Ando, già ideatore del restauro e del rifacimento degli altri musei che a Venezia espongono la Pinault Collection, Palazzo Grassi e Punta della Dogana. Il gesto dell’architetto giapponese, nel suo puro e chiaro minimalismo, dà vita a un cilindro di cemento, suo materiale di predilezione, che abbraccia, delimita e contiene lo spazio della rotonda centrale. L’utilizzo è mutevole: da supporto per le installazioni a elemento decorativo, da catalizzatore di luce a struttura che permette l’accesso ai piani rialzati e a un punto di vista esclusivo sullo spazio, il cilindro di Ando è un elogio alla pianta anulare dell’edificio parigino.
In questo sposalizio di materiali e stili, l’arte contemporanea trova una cornice di notevole pregio. Quello che stupisce del museo è proprio il perfetto dialogo tra antico e nuovo, tra passato e presente. Colpisce il particolare incontro, e non scontro, tra due monologhi, quello narrato dall’edificio e quello raccontato dall’arte che vi è esposta. Insieme ai musei veneziani, François Pinault punta ancora una volta ad innovare l’esperienza dell’arte contemporanea, attraverso una promenade che non è mai obsoleta, ripetitiva, ma che ci lascia piacevolmente sorpresi.