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La cava delle nuvole bianche, tra materia e poesia

DSolda, un Quarto, taglio ph. Eleonora Vaccaretti
DSolda, un Quarto, taglio ph. Eleonora Vaccaretti

Fino a domenica 14 maggio 2023, negli spazi della galleria ad Arzignano (Vicenza) sarà possibile esplorare il complesso lavoro dell’artista Diego Soldà

La cava delle nuvole bianche è la nuova mostra di Atipografia, lo spazio espositivo diretto da Elena Dal Molin ad Arzignano, nel vicentino. 

Il titolo rivela la natura poetica dell’allestimento ma rimanda anche allo stile dell’artista che lavora con le stratificazioni di colore, la resa è come quella che caratterizza i giacimenti di rocce sedimentarie. Le nuvole, invece, simboleggiano la leggerezza e il candore presente in alcune sue creazioni.

Diego Soldà (1981) è il primo artista di Atipografia originario di Arzignano e lavora nel suo studio nella vicina Chiampo. A partire dal rigore scientifico trasforma con il suo caratteristico esprit artistico la materia modellandola, tagliandola, colandola, riplasmandola.

La serie delle sue opere si realizza come una sorta di diario del tempo, un tempo scandito dalla sue ossessioni rintracciabili nelle modalità che ritornano quasi a confondersi, a mischiare prima e dopo.

Diego Soldà, Sparato, 2014, tempera a strati, cm 121×86, foto di Eleonora Vaccaretti

Apre il percorso espositivo “Tre opere nascoste” che è formata da delle sfere dipinte in base allo spazio espositivo, l’obiettivo è renderle mimetizzabili con il pavimento, nascoste in vista; c’è il rischio di inciampare ma è un rischio calcolato speculare alla vita.

Si tratta quindi di un’opera in fieri che muta e si ingrandisce con le stratificazioni accumulando materia. Poco distanti due opere collegate fra loro mentre al centro della stanza c’è l’opera “Madre”. Anche “Rip” gioca sulla stratificazione e la genealogia del colore, come “Deja vu” un’opera tagliata a metà.

La gradazione cromatica che ritorna nelle opere gemelle è un leitmotiv che si ripropone analogamente anche nelle altre opere. 

Una chiave di lettura della mostra è l’ambiguità – definita ‘felice’ dal curatore Luca Massimo Barbero – che rappresenta per l’osservatore la possibilità di un racconto non univoco. Sdoppiamento anche in “Un quarto” dove il gesto pittorico dà la forma irregolare e ruvida.

Una sorta di menhir in miniatura chiude il centro con le sue colatura di colore mentre al secondo piano la mostra prosegue con altri lavori in linea.

Tra istinto e ossessione, precisione e naturalezza, Soldà crea un suo linguaggio personalissimo che riesce attraverso tagli, colori e materia a dare una forma tangibile all’attesa e al tempo nel suo realizzarsi nello spazio. 

PH. Luca Peruzzi

www.atipografia.it

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