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La luce della montagna illumina Brescia: in mostra gli scatti di Sella, Chambi, Adams e Hütte

Axel Hütte_Gruppo Presanella, 2022 © Axel Hütte Axel Hütte_Gruppo Presanella, 2022 © Axel Hütte
Axel Hütte_Gruppo Presanella, 2022 © Axel Hütte
Axel Hütte_Gruppo Presanella, 2022 © Axel Hütte
La Luce della Montagna splende sul Museo di Santa Giulia di Brescia, che dal 24 marzo al 25 giugno 2023 presenta una mostra che racconta le montagne attraverso le opere di quattro maestri della fotografia: Vittorio Sella, Martin Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte. L’esposizione – prodotta dalla Fondazione Brescia Musei e da Skira, con il sostegno di Feralpi Group – rientra nel programma del Brescia Photo Festival.

Chiunque sia stato anche solo una volta in montagna sa che la luce che c’è in montagna non esiste in nessun altro luogo. Chi invece è stato più volte in montagna, magari su montagne diverse, avrà notato che non solo la luce tra le vette è unica, ma che ogni vetta ha la propria luce. Unica e irripetibile. Come la forma di una nuvola o l’anima di un uomo. E chi è stato su più montagne diverse, forse anche molte, moltissime montagne diverse, con tutta probabilità ne avrà individuata una che preferisce.

Il modo in cui un luogo custodiva la tua storia. Come riuscivi a rileggerla ogni volta che ci tornavi. Poteva esisterne solo una, di montagna così, nella vita, e in confronto a quella tutte le altre non erano che cime minori, perfino se si trattava dell’Himalaya.

 

Paolo Cognetti, Le otto montagne

La montagna, dunque, è una faccenda complessa. Inizia col bosco, si apre negli alpeggi e culmina tra le vette. Parte come un paesaggio e gradualmente si trasforma in uno stato d’animo. Un sentimento fatto di natura, luce e dello spirito che l’accoglie. E, guarda caso, c’è uno strumento che si basa sulla luce, può catturare la natura e ad azionarlo è lo sguardo unico di ognuno di noi. La fotografia. Attraverso essa – e quattro maestri del genere: Vittorio Sella, Martin Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte – il Museo di Santa Giulia racconta la montagna in tutte le sue sfumature.

L’esposizione del Museo di Santa Giulia – dal titolo Luce della Montagna e curata da Filippo Maggia – non si propone come una collettiva di quattro autori, bensì come quattro personali che documentano, attraverso 120 immagini complessive, le molteplici sembianze che la montagna può assumere. E soprattutto le visioni che di essa sono riusciti a dare. Sono, in sostanza, le loro montagne.

Vittorio Sella, Seracchi dalla vedretta del Mandrone, 14 agosto 1891. Courtesy Fondazione Sella, Biella
Vittorio Sella, Seracchi dalla vedretta del Mandrone, 14 agosto 1891. Courtesy Fondazione Sella, Biella
Vittorio Sella (Biella, 1859-1943)

40 scatti mostrano la qualità descrittiva e documentaria della fotografia di Vittorio Sella. Le sue esplorazioni, iniziate due secoli fa, l’hanno portato a esplorare le vette di tutto il mondo: dalle Alpi e le Dolomiti, al Ruwenzori in Africa, le montagne del Caucaso, il Sikkim incuneato tra Tibet, India e Bhutan, il Karakorum himalayano, l’Alaska.

Le sue opere non sono diverse l’acqua che scende dai monti. Essa non è il risultato dello scioglimento della neve dell’ultimo inverno, ma di quella che tanti inverni fa è caduta, si è ghiacciata ed è stata coperta dalle nevicate degli anni successivi. Fino a oggi, quando sciogliendosi arriva a valle e ci porta i ricordi degli inverni trascorsi.

Allo stesso modo le sue fotografie parlano di epoche passate, di montagne che non conoscevano il riscaldamento climatico e l’ingerenza dell’uomo. Lo fanno con una nitidezza irreale, che fanno paradossalmente pensare a un disegno. Tra queste, uno scatto di Sella dello stesso campo base dal quale Compagnoni e Lacedelli partirono per conquistare la vetta e che usarono per tracciare la via per salire in vetta.

Martin Chambi (1891-1973)

Un discorso analogo vale per Martin Chambi, fotografo peruviano del secolo scorso, che ci porta però sulle Ande. Sono sue le prime vedute di Machu Picchu, di Pisac, Kenko e Sacsayhuamán. Città incastonate tra i monti del sud America, dove la popolazione coltivava una socialità altrimenti inesistente. Per questo le immagini, appositamente stampate per l’appuntamento bresciano dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo su e giù per le Ande, celano un prezioso racconto etnografico.

In Senza titolo (Wiñay Wayna) i ruderi di una città emergono come fossero illuminati dall’alto e a loro volta paino restituire questa luce all’intero paesaggio che le circonda. Il quale era stato forse appena attraversato dall’uomo protagonista di Tristeza Andina, che approfitta di una sosta per suonare il flauto e far riposare il proprio lama.

Martín Chambi, Tristeza Andina, 1922-1925 circa© Asociación Martín Chambi
Martín Chambi, Tristeza Andina, 1922-1925 circa© Asociación Martín Chambi
Ansel Adams (1902-1984)

30 le fotografie di uno dei maestri statunitensi tra i più celebrati del Novecento. La sua è una montagna maestosa, estesa e infinita come le frontiere del Far West americano. Una natura selvaggia, incontaminata, dove l’uomo non è ancora riuscito ad arrivare.

In Mt. Goode From North il paesaggio montuoso sale verticale e misterioso, avvolto da una leggera nebbiolina e da un bianco e nero che ne esalta ombre e spigolosità. In Cypress, Pebble Beach, tale atmosfera si fa ancora più cupa e avvolgente.

In altre occasioni la montagna domina senza incombere, al contrario sembra proteggere l’uomo. Ma Adams sapeva bene che questa cura deve essere reciproca. Per questo affermava che “ogni giorno devo scrivere ai giornali per ricordare loro l’importanza dell’ambiente e della sua difesa”.

Axel Hütte (Essen, Germania, 1951)

Unico ancora in vita tra gli autori, Hütte è un instancabile viaggiatore, grande camminatore e ciclista semiprofessionista, perfezionista dell’immagine analogica, paziente e tenace nella sua ricerca della fotografia “completa” ove ogni dettaglio deve aderire a un progetto di immagine che è innanzitutto costruito nella sua mente.

Per questo Hütte restituisce un’immagine architettonica della montagna, dei suoi volumi che si collocano nello spazio, sospesi fra terra e cielo, come veri e propri monumenti naturali. Alcune volte la loro imponenza sembra farsi addirittura minacciosa, con le nuvole che rendono le vette simili a fantasmi di roccia.

In mostra una serie di 20 fotografie di grande formato (150×200 cm) raccolte in varie parti del mondo. A queste si aggiungono degli scatti inediti realizzati per l’occasione, che ritraggono alcune vette delle Alpi, come l’Adamello o la Presanella.

Accompagna la mostra un catalogo edito da Skira.

Ansel Adams, Mt. Goode From North, 1958, Courtesy Fondazione di Modena – FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams Publishing Rights Trust
Ansel Adams, Mt. Goode From North, 1958, Courtesy Fondazione di Modena – FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams Publishing Rights Trust

VITTORIO SELLA, MARTIN CHAMBI, ANSEL ADAMS, AXEL HÜTTE
Luce della montagna
Brescia, Museo di Santa Giulia (via Musei 81/b)
24 marzo – 25 giugno 2023

Orari
martedì-domenica: 10.00 – 18.00
dal 9 giugno: 10.00 – 19.00

Informazioni e prenotazioni
Centro Unico Prenotazioni Museo di Santa Giulia
030 2977833/34 | cup@bresciamusei.com

Biglietti
Intero: € 10
Ridotto: € 8
Ridotto speciale: € 7
Gruppi: € 7
Scuole: € 6

Promozione Luce della Montagna e Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento: € 17 intero, € 14 ridotto

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