Viaggio nella pittura e nella “Logica dell’intuizione” di Hedi Mertens, artista ritrovata e protagonista di un nuovo percorso a Palazzo Reali di Lugano, a cura di Francesca Benini e Arianna Quaglio
Per gli amanti dell’arte concreta e delle figure riscoperte del Novecento, c’è una piccola antologica a MASI Lugano, nella sede di Palazzo Reali, da non perdere.
Protagonista è la pittura di Hedi Mertens, pittrice dalla vita curiosa, la cui carriera era iniziata alla bella età di 67 anni, avvicinandosi all’eredità stilistica di Joseph Albers, a Richard Paul Lhose e Camille Graesert, a Mondrian e Van Doesburg: a quella pittura, insomma, che rifiutava il lato sentimentale, la sensualità della curva, e aveva negli elementi lanciati da Kandinsky (punto, linea, superficie) i suoi valori essenziali.
Nata nel 1893, una formazione artistica nei primi anni ’10 del Novecento ottenuta presso la prima scuola femminile di Arti e Mestieri di Zurigo, Hedi Eberle (Mertens sarà il cognome del secondo marito, sposato nel 1929) vive la dimensione intellettuale della Svizzera del secolo scorso, circondata da personalità come Carl Gustav Jung o Hermann Hesse, mentre il marito Walter Mersen progetta edifici anche al di fuori dell’Europa: una condizione privilegiata che la porterà anche a viaggiare in India dove resterà per due anni entrando in stretto contatto con il Padre Spirituale Meher Baba, con il quale continuerà contatti fatti di scambi e viaggi nelle comunità create in nome del nuovo culto i cui principi erano l’unione delle classi sociali e delle religioni.
Dubbiosa rispetto alle sue capacità artistiche, leggenda vuole che dopo decenni passati a osservare “l’arte degli altri” Hedi ricominci a dipingere nel 1960 ispirata da una conferenza sulla musica cinese, composta di pentatonalità.
Unitasi dopo la scomparsa di Mertens al pittore Arend Fuhrmann, con il quale condividerà anche una serie di mostre tra Svizzera, Germania e Italia, l’artista trova la sua chiave di volta: seppur dentro i rigorosi confini della geometria, anzi del quadrato – figura che accompagnerà da qui in poi tutta la sua produzione (circa 200 opere realizzate in vent’anni di attività), Hedi Mertens sfrutta le potenzialità della griglia per giocare col colore restando allo stesso tempo fedele alle lezioni dei Maestri concretisti.
Abbandonate tele e pennelli nel 1978, Hedi scompare nel 1982, e quello che oggi si può scoprire a Lugano (proveniente in larga parte dalla Estate dell’artista e da una serie di collezioni private) è un catalogo pittorico denso e originale, dove la geometria è vera composizione armonica, e dove gli sfondi sono combinazioni che aprono le strade a proporzioni e codici utilizzati anche in altre forme da una moltitudine di artisti temporalmente a noi più vicini, si pensi solamente a quanto, nell’Arte Povera, numeri e proporzioni l’avevano fatta da padrone.
“La Logica dell’intuizione”, titolo della mostra di Hedi Mertens a cura di Francesca Benini e Arianna Quaglio copre gli anni di attività pittorica di Mersen con oltre 30 dipinti a cui si sommano alcune produzioni dei quattro principali rappresentanti dell’arte concreta zurighese: Richard Paul Lohse, Max Bill, Camille Graeser e Verena Loewensberg, ispiratori di lungo corso dell’artista, di cui si possono scoprire anche una serie di fotografie e i diari di viaggio che Hedi aveva scritto durante i suoi soggiorni in India, scoprendo forse in maniera inconscia, chissà, quel lato armonico assolutamente visibile e allo stesso occultato che – nonostante la geometria – era riuscita a mettere nelle sue opere.