Il Museo Guggenheim di Bilbao presenta Joan Miró. Absolute Reality. Paris, 1920-1945, una mostra che esplora la carriera tra gli anni 1920 e 1945 di uno degli artisti più importanti del XX secolo. Dal 10 febbraio al 28 maggio 2023.
L’universo magico di Joan Mirò si è formato piano. In una maniera per certi aspetti inversa a quella in cui, solitamente, un mondo viene a generarsi. Prendiamo il nostro, di universo: una gigantesca esplosione ha dato origine a tutto ciò che vediamo, o immaginiamo. Da uno stato informe e microscopico ogni cosa si è più o meno lentamente dispiegata. Ad ogni modo, la direzione è stata questa: dal piccolo al grande, dall’indefinito al definito. L’universo di Mirò si è invece dettagliato al contrario: dal grande al piccolo, dal definito all’indefinito.
Una transizione che il Guggenheim Bilbao centra nei suoi passaggi chiave, racchiudendoli in una mostra che racconta del periodo parigino (e per questo piuttosto difficile da organizzare, soprattutto in termini di raccolta delle opere, di ottenimento di prestiti rari) dell’artista. Dunque, quello in cui passa da un figurativismo magico, per certe versi fauvista, a un approccio tipicamente surrealista. Prima di definire il suo personale linguaggio artistico, fatto di costellazioni impossibili e fiabesche.
Fondamentale in questo passaggio l’interesse che Mirò sviluppa per l’arte rupestre. Con i suoi grafemi, i sui segni, le sue figure immaginifiche e semplificate. Un modo per l’artista di recuperare una spiritualità perduta, il senso originale dell’arte. Prima di andare a caccia gli antichi uomini disegnavano le immagini degli animali in modo altrettanto immediato e stilizzato. Forse per esorcizzare la paura, ma forse anche per indicarci che, prima di fare una cosa, l’uomo deve immaginarla. E Mirò immaginava un mondo fantastico fatto di forme e colori in libertà.
Oppure, proseguendo sulla metafora utilizzata prima per l’universo, anche in questo caso l’artista prova a invertire il processo. Anziché immaginare un mondo per trasportarlo poi in una realtà imprecisata, Mirò prende l’esperienza e la trasporta nel mondo dell’immaginazione. Ne sfalda i rigidi confini per disperderli in una dimensione fluida, galleggiante, sospesa chissà dove. D’altra parte, con la stessa fermezza con cui ignorava il realismo tradizionale, Miró rifiutava anche l’idea della pura astrazione, affermando che tutti i segni che dipingeva sulle sue opere corrispondevano a qualcosa di concreto e ancorato a una realtà profonda.
Del resto questa idea si collega pienamente alle teorie sviluppate da André Breton, leader del movimento surrealista, che parlava di una nuova realtà assoluta in cui il mondo interiore di artisti e poeti era incorporato al mondo esterno. Lo stesso Miró affermava che “se non cerchiamo di scoprire l’essenza religiosa o il senso magico delle cose, non faremo altro che aggiungere nuove forme di abbruttimento a quelle che già circondano le persone oggi”. E allora ecco qualche opera capace di sollevarci dal degrado e farci assaporare il senso magico del mondo.