E’ stato definito l’Annigoni del primo Novecento. Lino Selvatico, è di lui che si tratta, come Annigoni si specializzò soprattutto nel ritratto, come Annigoni venne invitato a ritrarre teste coronate, come Annigoni seppe elaborare in modo assolutamente originale riferimenti nazionali (Boldini, soprattutto) ed internazionali. A Selvatico, veneziano di origine ma trevigiano di adozione, i Musei Civici di Treviso dedicano una ampia retrospettiva nel centenario della morte, qui avvenuta il 25 luglio del 1924 a seguito di un incidente occorsogli mentre era alla guida della sua motocicletta. Un omaggio doveroso collegato anche all’acquisizione, per volontà della famiglia, di un consistente numero di opere: 70 dipinti circa, e oltre 200 disegni.
Alla mostra collaborano i Musei Civici di Venezia e numerosi altri prestatori pubblici e privati. L’istituzione museale veneziana, e i musei di Treviso, sono stati i destinatari dell’Archivio di famiglia dei Selvatico. Famiglia importante per Venezia: il padre Riccardo, commediografo e poeta, ne è stato Sindaco e fondatore della famosa Biennale.
Di Selvatico il Museo Bailo, sede – da ottobre a marzo 2024 – della mostra, espone stabilmente uno dei capolavori: il “Ritratto di Teresa Lorenzon”, grande olio datato 1923, accanto al suo bozzetto e altre due opere, “Ritratto del mio bambino” del 1915 e “La tentazione”.
Accanto a questo nucleo, che nel percorso permanente occupa una sala dedicata a Selvatico, la mostra espone gran parte delle opere giunte dalla famiglia degli eredi, oltre ad altre da collezioni pubbliche e private di mano sempre di Selvatico ma anche di altri artisti cui il pittore guardò (Cesare Laurenti, suo maestro, e poi Tito, Boldini, Corcos). La mostra assicura un’ulteriore novità, un focus speciale dedicato a Luigi Selvatico: a differenza del fratello Lino, specializzato nella pittura di figura, Luigi realizzò quasi esclusivamente paesaggi della natia Venezia, cercando però angoli periferici, non monumentali, e visti sempre con una particolare vena malinconica.
Selvatico debuttò alla terza Biennale del 1899. L’anno successivo venne invitato ad esporre ben tre opere alla Triennale milanese e una di esse entrerà nelle collezioni del Quirinale. Alla Biennale del 1901 una sua opera viene acquistata dalla Galleria Nazionale di Roma. Nel 1903 parte per il Montenegro con l’incarico di ritrarre il principe ereditario Danilo, fratello della Regina Elena, ma l’operazione non va in porto per incomprensioni. Nel frattempo i suoi pennelli avevano immortalato il conte Volpi e l’avvocato Sarfatti, poi la contessa Morosini.
Presto arrivano richieste e riconoscimenti, con grandi mostre a Monaco, Düsseldorf, Milano, Roma, Dresda. Nel ’12 la Biennale gli riserva un’intera sala, e una sua opera finirà al Museo di Lima, in Perù. Ai soggiorni veneziani si affiancano quelli nella villa di famiglia a Biancade, nel trevigiano; dimora che durante la guerra finisce sulla linea del fronte costringendo l’artista a trovare rifugio in Liguria. Aveva inoltre uno studio anche a Milano, in corso Porta Nuova. Nel ‘22 viene convocato alla Corte di Madrid per il ritratto del giovane Alfonso XIII di Borbone, opera purtroppo andata dispersa ma documentata dai molti studi che, come nella consuetudine dell’artista, precedevano la realizzazione di ogni suo olio. A richiedere un suo ritratto fu anche Irma Gramatica, celebre attrice, e con lei numerose grandi dame della borghesia e nobiltà milanese, ritratti che oggi si possono ammirare nei principali musei del ‘900 in Italia. A due anni dalla sua morte, la Biennale di Venezia gli dedicò una ampia retrospettiva: a curarla, il fratello Lugi, anch’egli pittore.