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Figlie d’arte. Un terzetto di artiste del Seicento all’asta da Dorotheum


Fede Galizia, Artemisia Gentileschi, Orsola Maddalena Caccia: tre pittrici spiccano nell’asta di “Dipinti Antichi” di Dorotheum in calendario per il 3 maggio 2023 a Vienna

Solo di recente le artiste del Seicento hanno cominciato a ricevere il riconoscimento che meritano sia sul mercato delle aste che nella realizzazione di mostre che raccontano le loro storie e la loro arte. Le pittrici di questo periodo, che hanno vissuto e lavorato a fianco dei grandi pittori uomini della storia dell’arte e spesso sono rimaste nella loro ombra, si stanno ritagliando sempre più un posto al centro della ricerca. Alcuni loro dipinti sono offerti nell’asta di “Dipinti antichi” di Dorotheum il prossimo 3 maggio.

Fede Galizia

Lo specialista di Dorotheum Mark MacDonnell descrive “Giuditta con la testa di Oloferne” della pittrice italiana Fede Galizia come di qualità museale: «È un capolavoro finora sconosciuto, un’importante riscoperta di un’opera firmata di questa significativa artista donna». Il dipinto inedito, come detto dall’esperto, è firmato e questa era una vera rarità per un’artista donna del periodo.

Fede Galizia (1578-1630) Judith with the head of Holofernes, oil on canvas, 127 x 95.5 cm, estimate €200,000–300,000 © Dorotheum

Figlia del miniaturista milanese Nunzio Galizia, Fede Galizia (1578–1630) è stata allieva di suo padre e si era già fatta un nome come pittrice all’età di circa 20 anni. Nota maggiormente per le sue nature morte, viene sempre più riconosciuta anche per i suoi dipinti religiosi. Nel corso della sua carriera, è tornata più volte su questo soggetto biblico  che incarna la lotta femminile per il potere e il riconoscimento. La storia allude all’apoteosi della lotta di una donna per imporsi in un mondo dominato dagli uomini. «La Giuditta di Galizia è presentata come l’eroina decisa, forte e orgogliosa del racconto mentre, al contrario, molti dei suoi colleghi maschi sceglievano di mostrare Giuditta come una crudele assassina, ponendo al centro della scena l’orrore della morte di Oloferne – un’interpretazione molto diversa della narrazione della tragica vicenda» spiegano da Dorotheum.

La stima relativamente cauta di 200.000–300.000 euro potrebbe essere dovuta al fatto che Fede Galizia è meglio conosciuta per le sue nature morte piuttosto che per i suoi ritratti o per le scene religiose. Il suo attuale record d’asta è proprio per una still-life ed è una cifra ben superiore: risale al gennaio 2019 quando una natura morta con pesche, fiori di gelsomino, mele cotogne e una cavalletta è stata venduta da Sotheby’s a New York per 2.415.000 USD.

Artemisia Gentileschi e Onofrio Palumbo

Artemisia Gentileschi (1593–1654), una delle pittrici più celebri del suo tempo, è in catalogo con un ‘opera a quattro mani: una tela raffigurante “Abramo e i tre angeli” realizzata in collaborazione con Onofrio Palumbo, che per un periodo è stato suo assistente. Anche Artemisia ha ricevuto la sua formazione da suo padre Orazio Gentileschi, uno dei primi seguaci di Caravaggio, ma ha continuato ad avere una carriera indipendente di enorme successo.

Artemisia Gentileschi (1593-after 1654) and Onofrio Palumbo (1606 – circa 1656) Abraham and the Three Angels oil on canvas, 144.5 x 200.8 cm. estimate €150,000–200,000 © Dorotheum

Secondo la scheda tecnica di Dorotheum, l’ultima volta che l’opera è passata sul mercato delle aste era il 2014, quando era stata presentata come dipinto di Bernardo Cavallino da Artemisia Auctions a Parigi ed era arrivata in una collezione privata europea. Lo storico dell’arte Giuseppe Porzio ha proposto per primo la nuova attribuzione, indicando somiglianze stilistiche con altre opere note della Gentileschi (i tipi fisici degli angeli, la calligrafia pittorica, la tavolozza e il panneggio cangiante richiamano tutte le figure femminili in “Lot e le sue figlie”) nonché una registrazione scritta del pagamento all’artista nel 1645 per un grande dipinto raffigurante Abramo, altrimenti irreperibile. La stima è di 150.000-200.000 euro.

Orsola Maddalena Caccia

Un’altra artista donna il cui lavoro sta guadagnando sempre più attenzione è Orsola Maddalena Caccia (1596–1676) in asta con un dipinto raffigurante “Santa Caterina d’Alessandria”. Anche lei figlia d’arte, è stata formata dal padre, il pittore manierista Guglielmo Caccia. In giovane età, entra nell’ordine delle Orsoline ma continua la sua attività di pittrice e mantiene una fiorente bottega tra le mura del convento. «Nonostante sia stata influenzata dalla tecnica del padre, Caccia ha sviluppato uno stile personale attento ai dettagli, nonché agli sviluppi della pittura contemporanea lombarda e fiamminga» spiegano da Dorotheum.

Orsola Maddalena Caccia (1596-1676) Saint Catherine of Alexandria, oil on canvas, 100 x 72 cm, estimate €20,000–30,000 © Dorotheum

La Santa Caterina in catalogo stima 20.000-30.000 euro. Il record d’asta di Orsola Maddalena Caccia  risale al 2020 quando una Still-Life è stata venduta da Sotheby’s a £ 212.500 ($ 264.350), oltre 20 volte la stima pre-vendita di £ 10.000-15.000! Le sue opere sono molto rare. L’aggiudicazione di tre anni fa aveva battuto il record d’asta precedente di € 32.500 ($ 35.733), stabilito da Dorotheum a Vienna nell’ottobre 2018.

Altre opere in asta, di artiste e artisti

Nel catalogo di Dorotheum si contano altri lavori attribuiti a pittrici donne. Citiamo la “Sacra Famiglia con San Giovanni Battista Bambino” di Barbara Longhi, un’importante aggiunta all’opera dell’artista di cui esistono pochi documenti e le cui opere firmate sono estremamente rare. Nella seconda edizione delle “Vite” (1568) il Vasari scrive sull’artista ancora molto giovane: «disegna molto bene, et ha cominciato a fare qualche opera di colori con non poca grazia ed eccellenza di maniera». Insieme al fratello maggiore Francesco è stata apprendista nella bottega del padre Luca Longhi a Ravenna. Barbara Longhi si dedica principalmente a dipinti di piccolo formato di devozione privata e ritratti per i quali godeva di grande popolarità tra i suoi mecenati. «In questa “Sacra Famiglia” l’artista ha superato i modelli raffaelleschi del padre, ispirandosi piuttosto alle opere di Michelangelo, come testimoniano la muscolatura pronunciata dei due fanciulli, nonché la posa inquieta del Cristo Bambino» aggiungono dalla casa d’aste. L’opera stima 30-40 mila euro.

Barbara Longhi (Ravenna 1552 – circa 1638) Holy Family with the Infant Saint John the Baptist, oil on panel, 128.5 x 99 cm, framed © Dorotheum

Stessa quotazione per Diana De Rosa, nota come Annella di Massimo in catalogo con una “Santa Cecilia”. Gli esperti della maison la descrivono nella scheda tecnica: «vestita con un magnifico abito color piombo che contrasta arditamente con il suo mantello foderato di rosso, color oro, ornato da un nastro di bordatura ricamato». La santa è raffigurata intenta a suonare il violino ed è accompagnata da due putti che sembrano cantare leggendo la musica da uno spartito. In alto a destra un angelo porge alla santa una palma del martirio. Questo dipinto secondo gli esperti di Dorotheum può essere paragonato a una serie di opere che, per motivi stilistici, sono state raggruppate attorno al nome di Diana de Rosa. Molte sue opere fino a poco tempo fa erano attribuite a Giovan Francesco De Rosa, detto il Pacecco De Rosa (1606–1656) che probabilmente era suo fratello. La pittrice napoletana ha ottenuto notevoli consensi professionali. Gli atti affermano che morì per mano del marito, Agostino Beltrano, a causa della sua gelosia per i rapporti privilegiati, ma platonici, che avrebbe intrattenuto con Massimo Stanzione, il principale pittore classico della scuola napoletana dopo il 1630.

Diana De Rosa, called Annella di Massimo (Naples 1602–1643) Saint Cecilia, oil on canvas, 151 x 127 cm, framed © Dorotheum

La natura morta in asta sotto il nome di Giovanna Garzoni è stata tradizionalmente attribuita a Octavianus Monfort (attivo in Piemonte, documentato dal 1646 al 1696). Gli storici dell’arte si sono divisi sull’attribuzione di alcune opere alla Garzoni o a Monfort. Secondo Dorotheum la provenienza piemontese del dipinto in asta  è confermata. Spiegano così l’attribuzione nella scheda tecnica: «Giovanna Garzoni giunge a Torino nel 1632 e vi rimane cinque anni per volere di Cristina di Francia, che la assume come ritrattista. Durante la residenza alla corte sabauda, la pittrice continua anche a praticare la natura morta, altro genere caratteristico della sua produzione, fatto documentato anche dagli inventari delle collezioni ducali. Oltre a quelle dei Savoia, la Garzoni riceve commissioni anche da altre famiglie nobili legate alla corte. Oggi è difficile identificare con certezza le nature morte piemontesi dell’artista, che però  hanno influenzato fortemente i pittori coevi locali e quelli della generazione successiva, e in particolare Octavianus Monfort, miniaturista poco documentato, i cui primi anni sono ancora da indagare a fondo, ma che deve essersi allenato a stretto contatto con Garzoni. L’opera in asta, su pergamena, presenta molti punti in comune con certe opere attribuite a Monfort, sia nello stile che nella composizione, ma è comunque caratterizzata da una qualità pittorica superiore. È possibile quindi che quest’opera sia uno dei pochi esempi superstiti dell’attività artistica torinese di Giovanna Garzoni». Stima 25-35 mila euro.

Attributed to Giovanna Garzoni (Ascoli Piceno 1600–1670 Rome)
Peaches, plums, cherries, roses and other fruit in a metallic bowl on a stone ledge,
tempera on vellum, laid down on panel, 29 x 39.3 cm, framed © Dorotheum

Infine segnaliamo la coppia di nature morte di fiori di Elisabetta Marchioni. I dipinti possono essere accostati al “Vaso di fiori” della pittrice all’Accademia dei Concordi di Rovigo. Il dipinto è citato dal biografo della Marchioni Francesco Bartoli come collocato in origine sull’altare della chiesa dei Cappuccini. Attualmente il dipinto di Rovigo è l’unica opera documentata dell’artista e costituisce quindi un punto di riferimento imprescindibile per la ricostruzione della sua opera. «Le presenti opere sono del tutto paragonabili, nello stile pittorico e nella qualità e forma dei vasi, con i fiori  mossi da una leggera brezza, a quelle della pala di Rovigo, confermando quindi l’attribuzione ad Elisabetta Marchioni» assicurano da Dorotheum. Il pendant quota 20-30 mila euro.

Elisabetta Marchioni (active in Rovigo in the second half of the 17th Century)
Roses, anemones, red carnations, guelder rose and other flowers in an urn; and
Roses, anemones, tulips, carnations, guelder rose and other flowers in an urn,
oil on canvas, each 110 x 146 cm, framed, a pair (2)
© Dorotheum

I top lot del catalogo (a pari stima) sono di due uomini: il suonatore di liuto del pittore olandese Hendrick ter Brugghen e un grande olio raffigurante Giuditta che decapita Oloferne del pittore italiano Bartolomeo Mendozzi,  offerti entrambi a 400.000 – 600.000 euro.

 

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