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L’esperienza della visione secondo Pierre Bonnard: venti dipinti in mostra a New York

La porte-fenêtre (Matinée au Cannet) [The French Door (Morning at Le Cannet)] 1932 La porte-fenêtre (Matinée au Cannet) [The French Door (Morning at Le Cannet)] 1932
La côte d'azur [The Riviera] c. 1923
La côte d’azur [The Riviera]. c. 1923
Un francese a New York. La mostra Bonnard: The Experience of Seeing riunisce da Acquavella Gallery oltre 20 dipinti del pittore Pierre Bonnard. Nature morte, nudi, scene di interni e paesaggi realizzati dall’artista negli ultimi trent’anni di carriera. Dal 12 aprile al 26 maggio 2023.

Troppo spesso, da tanti, Pierre Bonnard viene liquidato come un pittore tardo impressionista, un epigono tardivo di un movimento troppo iconico per non inglobare tutto ciò che gli orbita intorno. Eppure la sua maniera, più lo si guarda, più pare trascendere le convenzioni stilistiche tradizionali o legate alle nuove istanze moderniste. Innovativo, per esempio, l’uso incandescente dei colori; così come la disposizione delle forme e l’intrecciarsi della composizione.

Ma, più di tutto, forse Bonnard eccelse nel giocare con l’esperienza estetica, con la percezione ottica addirittura. Tante le soluzioni tecniche, che si tramutano in tattiche, volte a mimetizzare le figure tramite rappresentazioni in dissolvenza, con soggetti che si muovono dentro e fuori il fuoco, forme intraviste e movimenti suggeriti.

Proprio in questo aspetto, secondo lo storico e critico d’arte Barry Schwabsky, si trova la ragione del suo successo: è “la riluttanza di Bonnard a fissare se stesso o i suoi personaggi che attrae così tanti artisti al suo modo di lavorare“. Un artista senza etichetta, che dopo aver fatto parte del gruppo Nabi ha proseguito in modo indipendente. E un artista che ha preferito nascondere le sue figure in un’atmosfera soffusa. Non codificata, e per questo aperta a svolte inattese.

Tanto da poter essere associata a una vasta e inaspettata gamma di artisti che a Bonnard hanno guardato. Come Mark Rothko, Alex Katz, John Armleder, Lois Dodd, Miquel Barceló, Howard Hodgkin, Peter Doig, Andrew Cranston, Hayley Barker, Whitney Bedford e Allison Katz. Tutti maestri, non a caso, nell’uso del colore. Del resto Bonnard è stato soprattutto un abile colorista, intrecciando toni intensi e vividi e utilizzando colori contrastanti e complementari. Sono loro a dettare i fondamenti compositivi; ma anche a innescare, in un secondo momento, il meccanismo narrativo, che coinvolge l’osservatore stimolandone memorie ed esperienze.

I dipinti di Bonnard sono instabili, mutevoli e in movimento; i punti di vista nelle sue composizioni cambiano continuamente e le sue forme aperte, dissolventi, mancano di confini definiti. Le immagini paino incompiute e ambigue, mancano di risoluzione e richiedono la partecipazione dello spettatore per completarle. Questo processo di ricostruzione delle immagini attraverso la memoria e l’innesto personale di chi osserva, realizza ciò che Bonnard ha definito un “arresto del tempo”.

Meccanismo largamente osservabile nella mostra da Acquavella, che unisce prestiti istituzionali da musei tra cui il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, l’Art Institute di Chicago, La Collezione Phillips di Washington DC e il Philadelphia Museum of Art.

Porte-fenêtre ouverte, Vernon [Open French Door, Ver
Porte-fenêtre ouverte, Vernon [Open French Door, Vernon]
La porte-fenêtre (Matinée au Cannet) [The French Door (Morning at Le Cannet)] 1932
La porte-fenêtre (Matinée au Cannet) [The French Door (Morning at Le Cannet)]. 1932
Nu [Nude (The Yellow Screen)] 1920
Nu [Nude (The Yellow Screen)]. 1920
Coupe de fruits [Still Life with a Bowl of Fruit] 1933
Coupe de fruits [Still Life with a Bowl of Fruit]. 1933

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