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Cosa resta della Design Week? Un glossario, da “cult” a “folla”

Nino Alfieri, AERIAL FORMS per il Fuori Salone nel cortile del Centro dell’Incisione
Chiusi gli eventi della Design Week, è tempo di bilanci sui prodotti e sui progetti, intesi come pensiero e sul futuro in bilico tra intelligenza umana e artificiale. Ecco qualche parola da questa Milano Design Week 2003

A quanto pare i giovani designer faticano a immaginarsi nel domani, fatta eccezione per le case domotiche o la ricerca di materiali sostenibili già in corso negli ultimi anni; molti sono stati i déjà-vu insieme a qualche proposta di cambiamento di paradigma nell’ambito di Dropcity, Alcova, Base, Padiglione Satellite Fiera, dove sono state molto sperimentali le proposte degli emergenti, seguendo i diktakt del mondo del business che ormai ha imboccato la via della sostenibilità come necessità reale e soprattutto economica: lo conferma il fatto che un quinto delle 2mila più grandi aziende del mondo si è già impegnato (almeno sulla carta) a raggiungere emissioni zero, ma come è noto il progresso è sempre una incognita. Ma ecco le parole chiave del Salone e Fuorisalone 2023

Maurizio Nannucci, You can imagine the opposite

Luce

Tornata in fiera con l’organizzazione The City of Lights del Salone del Mobile (fra i padiglioni 9-11 e 13-15) dopo anni di assenza, utilizzata per modificare il nuovo layout per l’intera manifestazione Euroluce, con il convincente format espositivo, circolare, mostre, talk e finalmente una libreria dove incontrarsi, confrontarsi e informarsi sulle novità in scena. La luce è stata protagonista anche con l’allestimento di Aurore, il nuovo spazio realizzato da Formafantasma e un intervento di Maurizio Nannucci (padiglione 9) tra i protagonisti della Light Art italiana, una installazione site specific risolta in una scritta al neon blu YOU CAN IMAGINE THE OPPOSITE, una scritta che esorta a immaginare il contrario. Tra le molte installazioni luminose diffuse in città, abbiamo scelto le più poetiche volte a valorizzare il genius loci dei Navigli, con la prima edizione di Bright Flow Milano, l’evento di Light Art nei luoghi più “acquatici” più significativi, sull’esempio di Luci d’Artista a Torino, con 5 installazioni luminose in diversi punti della città.

Tra gli altri ricordiamo Light Levitation di Carlo Bernardini (via Corsico), un intervento in fibra ottica e Aerial Formes di Nino Alfieri incastonato nel portico del Centro dell’Incisione (Naviglio grande 66) che evoca danze tra il Big Bang e il mistero dell’origine dell’universo comunque legato all’acqua, avvenuto nei mari del nostro pianeta 540 milioni di anni fa. Sempre sul tema della fluidità acquatica, ha incantato il pubblico Onde di luce, presso Ripa di Porta Ticinese, l’opera di Gianpietro Grossi, carica di mistero il luogo con una sottile linea di colore di luce al laser modulata da segnali analogici e forme d’onda catturata da un microfono. Questo oscilloscopio laser altera la percezione del lo spazio circostante. Pop ma seduttivo il BarconeMilano, opera di luce ed acqua dove si sono svolti i talk and Call e altri incontri previsti dal progetto Bright Flow Milano, che speriamo continui il prossimo anno, un segno non effimero di rigenerazione del Naviglio Grande come muse all’aperto di Light Art.

Riciclo/ sostenibilità

Declinato in tutte le sue molteplici forme come indica Design re#evolution, mostra di apertura del Fuori Salone del Mobile, all’Università degli Studi di Milano, Orto Botanico e altri luoghi in città organizzato da Interni, dove non tutti gli interventi brillavano d’innovazione, escludendo quello per Torre Velasca con QR CODE: QUICK REVOLUTION CODE di Elena Salmistraro, un intervento da vedere tramite QR Code diffuso in città e sui social che ha sdoganato la realtà virtuale come altra forma di Arte pubblica.
In questo ambito rigenerativo su tutti spicca Senza Titolo, un’opera collettiva a cura di Davide Crippa e promosso dall’associazione culturale Repubblica del Design, composta da pezzi di cassette trasformate in arredi, bottiglie che diventano candelieri e altro ancora realizzato al carcere di San Vittore a Milano, da carcerati che aspirano ad evadere con la fantasia riconfigurando gli interior con il poco a disposizione, mettendo a buon frutto l’arte dell’arrangiarsi.

Revival

Grande ritorno di Gaetano Pesce, da Bottega Veneta e altri luoghi, Ron Arad, Ross Lovegrove, Alvar Alto e molte citazioni formali, cromatiche e kitsch negli oggetti d’arredo di Alessandro Mendini, il gruppo Memphis e in particolare del rivoluzionario Design Radicale all’insegna dell’organico e commistione tra materiali naturali e artificiali.

Specchi

Elementi riflettenti o trasparenti ovunque, ricorrenti in molte installazioni in particolare tecnologiche, come proposta di materializzazione della fluidità, utilizzati per trasformare lo spazio fisico in luoghi soglia o di meditazione e benessere, come si è visto nel Chiostro centrale dell’Università Statale e altri palazzi milanesi.

Outdoor che diventa indoor e viceversa

Gli scenari si ribaltano, fuori si mettono divani che starebbero benissimo in un salotto, e dentro si ambientano spazi serra, giardini esotici o mediterranei come perfetto decor di un ambiente green rigenerante. Questo fenomeno l’abbiamo visto in piazza Duomo con Divani &Divani by Natuzzi, progetto A misura Duomo, firmato dall’agenzia Jungle per la Design Week, un divano scenografico (di oltre 70 metri di lunghezza) pensato per offrire un area pubblica di relax a tutti i maratoneti del Salone del Mobile e turisti che di solito in piazza ci passano ma non si fermano a guardare ciò che accade intorno: lo spettacolo dell’umanità.

Gli oggetti più cult

Sicuramente l’altalena, proposta non soltanto da Stefano Boeri Interios con Swing nella Cortile della Farmacia, all’Università degli Studi di Milano e torna di gran moda il vecchio amato biliardino, calciobalilla di diversi formati, visto qua e là, come semplici ma autentici giochi d’infanzia del secolo scorso, simboli di condivisione, divertimento, inclusione e socialità: perché il design nasce democratico.

Folla

Folla ovunque, ossessionata dal consumo di esperienze collettive e di luoghi soprattutto periferici, perché il nuovo nasce lontano dal centro.

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