Nelle stanze dell’arte. Dipinti svelati di antichi maestri è il titolo della mostra, a cura di Lucia Peruzzi, che La Galleria BPER Banca di Modena dedica alla pittura emiliana dal XIV al XVIII secolo. Dal 17 marzo al 2 luglio 2023.
É quello che fa una banca: assorbe i beni della comunità, li protegge, ne aumenta il valore, li restituisce. Che si tratti di soldi od opere d’arte poco cambia. Almeno quando l’istituto in questione è La Galleria BPER Banca, da anni impegnata a rendere più fruibile e accessibile il patrimonio artistico collezionato negli anni e realizzato dai migliori maestri dell’arte italiana. In particolare, l’ultima iniziativa vede protagonista la pittura emiliana dal XIV al XVIII secolo, con una serie di dipinti che dalla sede centrale della Banca raggiungono una nuova, anche se temporanea, sede espositiva: la pinacoteca di via Scudari 9 a Modena.
«Seguendo il suggestivo fil rouge dell’arte emiliana – scrive la curatrice Lucia Peruzzi – il percorso si apre con una piccola sezione dedicata a opere di carattere devozionale. Queste immagini, quasi tutte poetiche variazioni sul tema della figura della Vergine, a volte delicate e dolci, a volte intense e protettive, si susseguono nel breve spazio della parete come preghiere che scandiscono il tempo in un Libro d’Ore». Un’introduzione che detta la ricorrenza del tema religioso, ovviamente presentissimo nelle opere del tempo. Come anche rimane forte l’apprezzamento per le opere mitologiche, ancora di più di quelle a carattere storico che iniziano a presentarsi con più insistenza all’attenzione di pubblico e committenti. Anche perché spesso le due dimensioni – mito e storia – finiscono per sovrapporsi e confondersi.
Come accade in La continenza di Scipione di Francesco Vellani (Modena, 1688 – 1768). Un dipinto di gusto barocchetto, dalla levità pittorica e la narrazione ben evidente. Ma quale narrazione? L’episodio risale alla seconda guerra punica, ed è narrato da Tito Livio e da Valerio Massimo. Siamo nel 209 a.C. e Publio Cornelio Scipione, poi noto come Scipione l’Africano per aver vinto Annibale in Africa, ha appena preso Cartagine. In premio ricevette una bellissima vergine prelevata dai progionieri di guerra. Ma egli, ascoltando le sue suppliche, la rispettò rimandandola ai genitori e al fidanzato. Con la promessa che quest’ultimo si adoperasse per la pace tra Roma e Cartagine.
Il sacro diventa quotidiano nella Sacra Famiglia nella bottega del falegname di Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 – 1747). Immersi in un’atmosfera tenebrosa che prelude a Goya, Gesù e Maria assistono Giuseppe nel suo lavoro. Un approccio umano e aneddotico che evoca anche i temi del verismo. É il quotidiano a farsi sacro, al contrario, nella Morte di Priamo di Giovan Gioseffo Dal Sole (Bologna, 1654 – 1719). La morte diventa epico scenario melodrammatico, come sottolineato dal volto piangente della donna al centro della composizione. Di carattere più intimo e riflessivo, lontano da patetismi ed eccessi, la Madonna dell’umiltà del pittore bolognese Lippo di Dalmasio (Bologna, documentato dal 1377 al 1410). Testimone d’eccezione dell’adesione al clima tardogotico che, a cavallo tra il XIV e il XV secolo, si era diffuso anche a Bologna. Come pure il San Girolamo di Annibale Carracci (Bologna, 1560 – Roma, 1609), in cui la devozione profondamente sincera e intima del penitente si riverbera in una natura dolcemente autunnale sotto il trascorrere della luce della sera.
Il percorso comprende poi, tra gli altri, i lavori di autori quali Francesco Zaganelli, Innocenzo Francucci detto Innocenzo da Imola, Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, Orazio Samacchini, Alessandro Mazzola, Ludovico Carracci, Carlo Bononi, Giacomo Cavedoni, Alessandro Tiarini, Marcantonio Franceschini, Giuseppe Marchesi detto il Sansone e Giacomo Zoboli.
Chiudono la mostra due intrusi, Ottavio Leoni e Francesco Solimana, in quanto fuori dal contesto emiliano. Ma altrettanto validi nel raccontare la cornice artistica in questione. Perfetto, nel mix tra ispirazione religiosa e prosaica, Cristo e l’adultera del romano Ottavio Leoni (Roma, 1578 – 1630). Un “ritrattista della Roma caravaggesca”, come lo definì Roberto Longhi. Torna infine un episodio che abbiamo già analizzato, La continenza di Scipione, questa volta nell’interpretazione del napoletano Francesco Solimena (Canale di Serino, 1657 – Barra di Napoli, 1747). Pittore che, cimentandosi sempre più spesso sui grandi temi della pittura di storia, diventerà un protagonista di spicco nel panorama della più alta cultura tardo-barocca italiana tra il XVII e il XVIII secolo.