La recensione della tappa del tour di Pupo “SU DI NOI” …la nostra storia al Teatro Manzoni di Milano (15-16 maggio): un tuffo nel mare dei leggendari successi dell’artista e un racconto di vita ricco di emozioni
Se chiedi ai giovani di farti un bell’elenco di canzoni “trash”, stai certo che “Gelato al cioccolato” e “Su di noi” non mancheranno. È ciò che resta della carriera di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo. Un retaggio che racconta poco o niente dell’anima di un artista che cavalca i palcoscenici da quasi 50 anni.
Capita, certamente, che la musica dia e la musica tolga. Negli anni ’80 Pupo era una super-star, lo ha raccontato a tutto il Teatro Manzoni in occasione della sua duplice tappa milanese. “Sono stato amico di tutta la formazione della Nazionale dell’82, i Campioni del Mondo. I ristoranti stellati di Milano erano la mia mensa”. E vagonate di fotografie con volti arci-noti del passato, nel frattempo, scorrevano sul maxi-schermo dietro la band. Eppure, ad oggi, di Pupo, i più giovani conoscono sì e no tre canzoni e la (ormai superata) ludopatia.
Ma Milano non ha visto questo. Certo, di giovani in platea ce n’erano gran pochi: è per questo motivo che è ancor più importante raccontare cosa davvero Milano ha visto: un animale da palcoscenico, un intrattenitore fuori dal tempo (tanto per la grinta quanto per l’ironia), come pochi ancora oggi sanno essere.
Giusto due o tre cover: “Riderà” di Little Tony, perché la cantava da piccolo, quando il padre Fiorello lo accompagnava a suonare nei festival di paese; “Tornerò” dei Santo California, perché Pupo, prima del successo, andava anche a vendere dischi di altri per conto della casa discografica, e ci raccoglieva qualche commissione per tirare avanti; “Sarà perché ti amo”. Sì, “Sarà perché ti amo”, quella dei Ricchi e Poveri, quella che conoscono tutti a memoria, quella col testo scritto a quattro mani da Daniele Pace (fondatore degli Squallor) e da lui, dal nostro Enzo Ghinazzi, in arte Pupo.
Tutto il resto, è suo. Le storie della propria vita, raccontate in maniera scanzonata e divertente, poi i balli scatenati e senza vergogna, il rapporto a tu per tu col suo pubblico, come fossero tutti amici d’infanzia, le foto del suo passato – anche le più ridicole – proiettate con fierezza davanti alla sua città adottiva. E le canzoni, tante canzoni, quante belle canzoni. Testi semplici, niente fronzoli, solo la verità, nuda e cruda, come se a parlare fosse l’anima fuori dalla società e da ciò che essa si aspetta da noi. Melodie orecchiabili, piacevoli, movimentate, emozionanti.
La bellissima “Forse”, il primo successo “Ciao”, la ritmata “Lo devo solo a te”, la ballata “Bravo” – che il cantautore ci suona al pianoforte col coro del pubblico ad accompagnarlo -, “Lidia” in tributo ai suoi periodi in Russia – perché la cultura musicale deve andare oltre a ciò che ci accade attorno -, “I colori della tua mente”, un omaggio alla madre 90enne malata di Alzheimer.
Voi lo sapevate che l’intramontabile “Firenze Santa Maria Novella” nasce da qualche appunto preso mentre Pupo se ne stava in stazione ad aspettare il treno per Milano? Ma soprattutto, voi riuscite a smettere di canticchiarla, dopo averla sentita, per i successivi 2-3 giorni? Milano no, non ci riesce. E, a chiudere, “Centro del mondo”, l’ultimo singolo in duetto con la figlia Clara, che gli fa da corista.
Pupo, Milano ti vuole bene. Milano non dimentica. Milano ha apprezzato prima di tutto l’uomo che c’è dietro l’artista, un uomo un po’ “pazzerello”, che dedica “Gelato al cioccolato” a una dolce vedova 83enne in prima fila, che fa ballare il pubblico sul palco accanto a lui come gli animatori fanno nei villaggi. Un uomo un po’ pazzerello, sì, ma vero, umile e AUTENTICO. Un artista.