Flussi, presentato dall’artista Matilde Sambo presso la sede milanese della AA29 art project, è editato in trecento copie da Miniera (Giuseppe Armogida e Marco Folco).
L’apparenza di un libro, di solito, conduce al desiderio di una chiusura. La fine di un lavoro, e la fine intesa come possibilità di vedere a ritroso la descrizione dinamica dell’esperienza intrapresa. E se invece non fosse proprio così? Se invece di mettere un punto, alla fine, ci fosse solo l’attesa di una sospensione? L’attesa di un’avventura estetica e immaginativa che si presenta ricorrente nella sua indefinita articolazione?
Sta di fatto che il libro Flussi, presentato dall’artista Matilde Sambo presso la sede milanese della AA29 art project, ha tutto il sapore di un principio. Editata in trecento copie da Miniera (Giuseppe Armogida e Marco Folco) e accompagnata alla prima dalle letture scelte a cura dell’attore Riccardo Bucci e dalle musiche composte insieme a Mauro Sambo, la pubblicazione offre uno spazio di riflessione; la presa di coscienza di un lavoro esteso che tanto vaglia la consapevolezza del fare, quanto riflette l’agire pratico ed estetico della produzione scultorea dell’artista. Segna il processo del fare artistico plaudendo alla volontà di non volersi chiudere mai.
Non è un caso, forse, che il “prodotto finale” sia in realtà l’insieme di più parti. L’insieme di un metodo che attraversa oltre che discipline distinte, ogni anfratto di un vissuto da cui si libera l’azione discreta dell’immaginazione, il potere annesso alle vicende che genera rapporti tra un qui e un là, tra ciò che viene incontro e ciò che è incontrato. Senza previe esplicazioni e senza l’atto compulsivo di dovere, in qualche modo, dimostrare qualcosa a qualcuno.
Non è poi un caso, probabilmente, che testi, musica e immagini siano stati mostrati al pubblico durante Fulgur (AA29 art project, 29 marzo – 28 aprile 2023, a cura di Giovanni Giacomo Paolin), secondo atto di una trilogia di mostre iniziata tra il 7 e il 31 luglio 2022 presso Associazione Barriera di Torino (Assopimento). Un’esposizione in più parti raccolte da Matilde Sambo sotto l’egida di uno stesso nome (Dormiveglia), uno stesso progetto che vive di momenti differenti e unitari. Senza dimenticare Thunder Gates, l’ampliamento della stessa Fulgur, inaugurata nel medesimo periodo nello spazio Omuamua di Milano (15 – 28 aprile 2023). Un intero lavoro visto preservandone la lungimiranza, concepito sul lungo periodo e ben sostenuto dalla galleria.
Allora, «il processo deve essere visibile, tutto alla luce». Questo scrive l’artista nelle prime pagine del suo libro. Mentre nel testo/dialogo con il curatore Giovanni Giacomo Paolin che introduce Fulgur, dischiude la traiettoria attraverso la creazione di opere che abbiano la pretesa di «lasciare al pensiero dell’altro la continuità della forma». Fisicità e percezione, la storia narrata nella concretezza dell’arte che intende mostrarsi senza voler approdare sul limite della sua definizione. La percezione, «non un processo semplice, ma molto complesso», aveva scritto il conte Giuseppe Panza.
Il contrappunto ideale al gesto dell’artista che modella, segna e plasma (Orecchio onirico, 2023). L’immagine in video del cielo, le nubi e il fulmine (Fulgur, 2023), così come le forme zoomorfe (Protettore, 2023) e il rimando alla natura (Gocce solide, 2023); non vi è altro che prospettiva. Sia ben inteso, l’opera è lì. La possiamo osservare singolarmente e nell’insieme della sua messa in scena. Oppure, con qualche permesso speciale, la possiamo anche toccare. Tutto lì, in quel momento, si rigenera, come spunto e frammento, l’intero e la parte. Sineddoche, forse, antitetica com’è alle fauci demoniache delle definizioni che null’altro portano se non la povertà dei temi, o la banalità dei concetti, quando non sono acuti e incisivi. Agire secondo i temi ci rende asettici, a noi che probabilmente desideriamo essere scevri di ciò che è finito. Della finitudine da cui non si può scappare. Ecco il frammento, invece, il tempo e il momento di tempo.
L’annullamento sensoriale dell’udito, poi ritrovato in Thunder Gate, crea il salto. La condizione necessaria a far sì che vi sia un ribaltamento della prospettiva. La nuova angolatura che senza costringere invita a «eludere la separazione». La prospettiva che riguarda noi, non l’oggetto della visione. L’unità degli individui nell’estetica visibile di un processo inteso come avanzamento istintivo, ragionato e deliberato. L’opera ne è la parte della parte e, contemporaneamente, la sintesi. L’elemento astratto e fisico, punk e delicato, di bronzo e di vetro, a un tempo robusto e trasparente.
Opere come elementi separati di una stessa materia, mutevole e caduca. Mentre il corpo dell’artista tocca e si ritrae, genera, vive e muore. I soggetti partecipano della stessa dignità, come frammenti dell’esperienza corrisposta tra l’artista e il mondo. Nelle singole opere e nell’insieme delle stesse. Tra immagini, parole e musica di un libro dove la conoscenza del dato è inconcepibile se non come rapporto, l’“esserci-nel-mondo”. Una relazione che si esprime come unità nella parte, per l’interesse che ogni istante di vita porta con sé.
Questo contenuto è stato realizzato da Luca Maffeo per Forme Uniche.
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