Chi ha commesso reati di limitata gravità può sospendere il procedimento penale e svolgere prestazioni non retribuite di pubblica utilità. Il caso Pompei
“Questa è solo una fase intermedia che ha dato risultati positivi ma non è conclusa. Abbiamo già altre richieste e contiamo di fornire ai richiedenti la nostra materia prima, che di sicuro non manca”. Con queste parole il direttore generale del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha commentato l’ultima iniziativa che vede protagonista il sito. Negli stessi giorni in cui sono all’onore delle cronache i ritrovamenti di nuovi scheletri di vittime dell’eruzione. Qui però si parla del presente: ovvero del progetto che vede al lavoro a Pompei venticinque imputati destinatari della messa alla prova. Ovvero, come spiega l’Ansa, “l’istituto che consente a chi ha commesso reati di limitata gravità di sospendere il procedimento penale e di svolgere prestazioni non retribuite di pubblica utilità. Al termine delle quali, se l’esito è positivo, il reato viene estinto”.
“La valenza simbolica di suggestione di questo sito è fuori discussione“, ha commentato il presidente del Tribunale di Torre Annunziata, Ernesto Aghina. Che sottoscrisse l’innovativa convenzione con l’allora direttore del Parco, Massimo Osanna, oggi direttore generale dei Musei al MiC. “Ho ricevuto una nota dalla segreteria del presidente della Repubblica che si compiaceva dell’iniziativa“. I cui risultati sono stati illustrati nel Vivaio della Casa di Pansa, un angolo di verde curato da alcuni degli stessi imputati coinvolti, sotto il coordinamento di Maurizio Bartolini, giardiniere d’arte di Pompei. Oltre che alla manutenzione del verde, le persone accolte sono assegnate agli uffici di biblioteca, personale, comunicazione e nei vari siti archeologici di competenza, da Stabia, a Boscoreale, a Oplontis.