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“Stranieri ovunque”. Preparatevi a una noiosa Biennale Arte sociologica

Il direttore della Biennale Arte Adriano Pedrosa Il direttore della Biennale Arte Adriano Pedrosa
Il direttore della Biennale Arte Adriano Pedrosa
Il direttore della Biennale Arte Adriano Pedrosa

Alla Biennale il direttore Adriano Pedrosa presenta le prime linee curatoriali dell’Esposizione Internazionale d’Arte del 2024

Se la Biennale cercava un direttore al passo con i tempi per la Mostra d’Arte del 2024, sicuramente l’ha trovato. Il trend degli ultimi anni richiede che la sociologia guidi le scelte di grandi mostre e rassegne internazionali? E Adriano Pedrosa questo farà, come curatore della 60. Esposizione Internazionale d’Arte del 2024. Questo – e non molto altro – è emerso dalla conferenza con la quale il direttore del Museu de Arte de São Paulo ha tratteggiato alcune linee del suo progetto curatoriale. A cominciare dal titolo, che spesso dice molto, se non tutto: “Stranieri ovunque”. Tratto da una serie di opere del collettivo italo-britannico Claire Fontaine. A loro volta derivate dal nome di un collettivo anarchico di Torino che combatteva il razzismo attraverso le sue diverse attività.

Pensiero unico politicamente corretto

Stranieri. Noi, collegati da remoto, abbiamo provato a domandare a Pedrosa il perché della scelta di uno “stranieri” che suona inevitabilmente divisivo. Piuttosto che un magari più conciliante “cittadini ovunque”. Ma la risposta è stata evasiva: probabilmente “stranieri” ecciterà ancor più il pubblico engagé al quale cerca di rivolgersi. Ormai la deriva è inarrestabile: nell’arte contemporanea il dato decisivo sempre più esclusivo è il MESSAGGIO veicolato dall’opera. In un melting pot in cui la forma alla quale tale comunicazione si appoggia è del tutto indifferente. Arte, letteratura, architettura, cinema, perdono identità per contribuire al rafforzamento di un pensiero unico politicamente corretto.

 

La conferenza di presentazione della Biennale Arte
La conferenza di presentazione della Biennale Arte

Una deriva confermata dalle due più importanti rassegne mondiali dedicate all’arte contemporanea. Documenta Kassel, curata lo scorso anno dal collettivo indonesiano Ruangrupa. E – da diverse edizioni – la Biennale di Venezia, tanto di arte quanto di architettura. Cosa resta della Mostra di Architettura da poco inaugurata sotto la cura di Lesley Lokko? Che è una rassegna a decisa trazione africana, e che i temi centrali variano dalla decolonizzazione alla decarbonizzazione. Poco, se non nulla, sul piano formale, sulle qualità INTRINSECHE delle opere esposte. La domanda ricorre inevitabile: ma questi temi, questi messaggi, non potevano anche con maggior forza essere lanciati al mondo con un libro? Cosa aggiunge farli diventare una mostra?

Artisti queer, outsider, indigeni

Qualcosa di simile, temiamo, si riproporrà l’anno prossimo con la Mostra d’Arte. Questo almeno a giudicare dalle poche idee anticipate da Pedrosa. Qui la trazione sarà, par di capire, piuttosto latinoamericana. E il fulcro principale vedrà protagonisti artisti queer, outsider, indigeni. “Stranieri nella propria terra”, li ha definiti il direttore. Artisti emigrati, “più da Sud a Nord che non l’inverso”, e anche qui la cosa non ci stupisce troppo. Poche le anticipazioni su struttura e nomi degli invitati, ma a un anno dal via non si poteva pretendere molto di più.

La mostra internazionale avrà anche un nucleo storico, che focalizzerà il modernismo nel Sud del mondo. Una sezione speciale sarà dedicata alla diaspora degli artisti italiani verificatasi nel 20° secolo verso tutto il mondo, con particolari accenti verso Brasile e Argentina. Gli artisti invitati saranno circa 100 per la scena contemporanea. Circa altrettanti, qui con un solo lavoro ciascuno, struttureranno il nucleo storico, al quale saranno dedicate tre sale espositive. Per dettagli maggiormente approfonditi, l’appuntamento è fissato per la conferenza di febbraio 2024.

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