Il buongiorno dell’arte è un caffè con la Moka. Senza zucchero.
Fu preso d’allarme. Raccolse la sua veste e corse, spericolato, senza indugi. Il cielo terso e il terreno fu bagnato da una pioggia invernale incessante. Scesi dalle mie stanze, risvegliata dalle urla e dalle parole del Re che risuonarono per tutte le ali del castello. Alle armi. Alle armi. Alle armi. Il mio amore fu sempre un’insana attesa.
Oggi, più che mai oggi, c’è bisogno di lasciare agli eventi la propria, quieta, indisturbata evoluzione. Come indisturbata fu la sua fuga alla guerra, indisturbato fu il mio tentativo di bloccare, dipingere, un attimo. Un bacio che non fu altro che un superficiale spicco di una mela. Nulla può essere forzato o accelerato.
Quel nostro ultimo contatto, a tre scalini da una lunga salita, fu come portare a compimento una gestazione. A destra la luce. A sinistra l’ombra. In quell’instante io maturai come un albero che non forza i suoi semi e, tranquilla, imparai a stare nelle tempeste.
Stiamo imparando ad aspettare ogniestate. Si vive come se davanti si respirasse l’eternità. Bisogna avere pazienza. Imparai ad amare le domande senza risposta. Imparai a far scorrere la storia senza cucirla.
Si tratta di vivere ogni cosa perché quando si vivono le domande, forse, piano piano, si finisce, senza accorgersene, col vivere dentro alle risposte celate di un giorno che non conosciamo.
Sono seduta su un letto e ricordo che mia madre preoccupata ci osservó durante quello che fu il primo e ultimo bacio. Un secondo forse due. Una fotografia è un atto crudele: furono a stampo le sue labbra, io morbide come pesche al sole, che oggi, vengono gettate nell’oblio di un mare azzurro dove decine di pesci senza cuore bisbigliano di quanto debole fu il mio cuore. Se potessi essere io il sonno e la pace per poter riposare finalmente. Il mio amore è una cella senza confessore. Abbandonarsi ai ricordi è solo che un restauro conservativo.