Storie di cataloghi di mostre realizzati come libretti di istruzione della lavatrice e di pulizie che hanno “spacchettato” opere: le illustri perdite del contemporaneo
In una splendida mostra tenutasi al Museo d’Arte Moderna di Lubiana nel 2015, Vadim Fishkin aveva riunito sotto il titolo di “No Magic” alcune delle sue opere più iconiche e spettacolari, tra le più datate e le più recenti al tempo, tutte intrecciate con gli sviluppi della scienza e della tecnologia in una sorta di ricerca artistica post-concettuale e low-tech geniale. Tipicamente spiritose, le installazioni, le sculture, le fotografie e i disegni esposti trattavano argomenti come il tempo, la luce, l’aeronautica, la meteorologia e così via. Tra i lavori che non dimentico, catturarono la mia attenzione un asciugacapelli appeso e acceso che spingeva una torcia in tondo in modo da farla sembrare la Moving Star del titolo, gli UFO drawings che illustravano il numero di oggetti volanti disegnati e il posto in cui erano stati avvistati, il Patto di Don Chisciotte che presumeva di far funzionare i cinque ventilatori tramite una pala eolica sospinta dai ventilatori stessi per poi svelare una presa di corrente nascosta. E ancora: il calore della candela di Premeteo Elettronico con il quale una vera candela accesa permetteva a quella elettrica di far luce, i palloni d’argento gonfiati ad aria di Tour en l’Air con riferimenti Warholiani ma comandati a distanza per danzare il Valzer dei fiori di Piotr Tchaikovsky, The Magic Button, Another Speedy Day, Hot Air Ballon in the Postojna Cave, MIStar e avanti marsc’.
Il catalogo della mostra era una sorta di libro opera, un’aggiunta meravigliosa in linea perfetta con quanto esposto che non mancai di comprare in più copie. Era stato infatti realizzato imitando la grafica, la carta e l’impaginazione di un libretto d’istruzioni di una vera lavatrice, sostituendo modalità d’utilizzo, avvertenze e programmi con i commenti ai lavori vari. Regalai una copia del catalogo a una collega del tempo che qualche settimana dopo mi disse dispiaciuta di non riuscirla più a rinvenire. La ritrovò infine nel cassetto del bagno, messa lì dalla sua donna delle pulizie per sbaglio, tra le varie garanzie e i libretti degli altri elettrodomestici in casa presenti. Ma in fase di pulizia, più di una persona ha confuso opere d’arte per cose altre. Una dipendente dell’impresa che teneva una galleria spolverata ebbe la brillante idea di aspirare dei coriandoli di porcellana colorati che erano purtroppo un’opera di Eva Marisaldi. Mentre all’amico Corrado di Milano, un ospite prima gradito, ora un po’ meno, ha scambiato un’opera con lo scotch azzurro di Ryan Gander per materiale da imballo, utilizzandolo.
Ho conosciuto poi una persona che ha buttato il formaggio francese Bel Group con la cover di Hans-Peter Feldman che stava da tempo in frigorifero pensandolo scaduto, e so per certo che il collezionista di un dipinto di Mario Merz che aveva al centro una foglia d’insalata andava dal fruttivendolo solo per prendere la lattuga e soddisfare la sua fame artistica, impendendo alle figlie di mangiarsela. Un collezionista di Genova infine mi aveva rivelato di avere diverse opere d’arte in una cantina impolverata che avrebbe voluto far ripulire. Inviò un’arzilla signora per compiere l’impresa e al termine del lavoro si ritrovò un vecchio impacchettamento di Christo spacchettato. Il resto era tutto lucido e in ordine, ma lui andò su tutte le furie.
In realtà esiste anche il percorso inverso: un artista che si chiama Ivan Moudov che lavora in Bulgaria crea opere interrogando i sistemi di potere e i meccanismi delle condizioni economiche e politiche. Ma ciò che più mi ha rapito – è il caso di dire – è la serie Fragments, costituita da una raccolta pratica di componenti d’opere d’arte che più piacevano all’artista sottratte ad altre mostre. Moudov ha infatti rubato frammenti da gallerie e musei che ha poi disposto con cura in piccole valigie proprio come Marcel Duchamp fece con le sue miniature nelle Boites-en-valise note. Ogni valigia di Ivan Moudov è accompagnata da un indice che spiega l’origine dell’elemento e chi è l’autore originale, così che i singoli pezzi sono diventati reliquie. Tra di esse a memoria ricordo presente un pezzo dell’aspirapolvere che apparteneva all’opera di Jeff Koons, una lampada di Dan Flavin, fotografie, stickers e testi, una pezzo del tappeto di Franz West, etc.
E gli artisti colpiti sono davvero tanti e vi (s)compaiono nomi come Robert Barry, Annette Messanger, Douglas Gordon, Manfred Pernice, George Brecht, Marcel Broothaers, Ryan Gander, Daniel Buren, Wolfgang Tillmans, Adrian Piper, Christian Boltanski, Panamarenko, Andrew Carnie, Nedko Solakov e Jeremy Deller… tanto per scorrere la lista della prima valigia con i Fragments. Rubare l’arte non è certo una novità, avrà pensato l’artista-ladro guardando le collezioni dei musei traboccanti di oggetti prelevati forzatamente da secoli di guerre e saccheggi. Ma un giorno Ivan Moudov ha interrotto la sua collezione e si è fermato alla valigia numero 8 o 9. Smise quando gli altri artisti iniziarono a esporre nelle loro mostre opere sistemate apposta per essere da lui sottratte, e permettendo il furto lo indussero a non compierlo. Funzionerà solo per l’arte? Chissà chi sa rispondere. Rimaniamo nel dubbio, come Kippenberger a Villa Arson.
Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle. IG: nicolamafessoni