Mimmo Jodice è in mostra alle Gallerie d’Italia a Torino fino al 7 gennaio 2024 per il secondo capitolo della rassegna “La grande fotografia italiana”. Il curatore Roberto Koch ci racconta l’esposizione
MIMMO JODICE. SENZA TEMPO è il secondo capitolo di una rassegna su LA GRANDE FOTOGRAFIA ITALIANA, una trilogia a cura di Roberto Koch che è iniziata l’anno scorso con Lisetta Carmi e continuerà nel 2024 con Antonio Biasiucci e Mario Giacomelli.
“È una mostra complessiva di un autore e di un artista irripetibile che si è affermato con la sua forza e importanza nel panorama internazionale. Il desiderio è quello di far conoscere al pubblico l’impianto complessivo della produzione di Mimmo Jodice che si è sviluppata per oltre 60 anni di fotografia in modo eccelso”, dice il curatore che con il suo progetto intende rendere un omaggio ai grandi maestri del Novecento.
Mimmo Jodice ha sempre avuto uno stretto legame con Torino a partire dalla fine degli anni Ottanta con la sua prima mostra alla Fondazione italiana per la Fotografia con Luisella D’Alessandro e poi al Castello di Rivoli con Ida Giannelli, alla Fondazione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e a seguire alla Gam (Galleria d’Arte Moderna) e più di recente ancora alla Galleria di Arte Moderna con l’esposizione dei lavori più recenti, a cura di Danilo Eccher.
Fino al 7 gennaio 2024, Gallerie d’Italia offre il suo hub culturale torinese al grande artista napoletano, attraverso una sintesi significativa della sua produzione con una sequenza di 80 fotografie, realizzate dal 1964 al 2011. Nel vasto spazio ipogeo sulle pareti scorre una delle opere iconiche di Jodice come sottolinea Roberto Koch: “In questa sala immersiva la proiezione della meravigliosa Testa d’Apollo su questi muri fa scattare il desiderio di vedere il resto. E con questo si spiega lo scopo di questa mostra che è quello di passare da uno spazio all’altro con il desiderio che immaginavamo il pubblico avrebbe avuto, di proseguire e indagare il resto di quello che è il progetto Senza Tempo di Mimmo Jodice”.
E continua soffermandosi anche sul significato del titolo scelto: “Il titolo della mostra è in qualche modo la sua modalità di rappresentare, di riflettere, di permettere una visione che non ha date, ma non può essere datata anche perché quasi sempre non ci sono le persone e soprattutto non ci sono nemmeno quei segni che in qualche modo la rendono unica perché in quel momento è stata realizzata. È una fotografia libera, una fotografia felice quella di Mimmo Jodice anche se è una fotografia inquieta, spesso e volentieri perché il mondo è inquieto, perché il mondo in questo senso rappresenta delle tensioni che non si sciolgono se non in qualche modo quando risolvono i problemi che devono portare a compimento”.
Nella prima sala si ammira Anamnesi l’opera per la stazione Museo della Metropolitana di Napoli, un progetto che affonda le sue radici nel 1985 e continua nel corso del tempo a rappresentare le vestigia della civiltà del Mediterraneo e, tra le opere più suggestive, si può ammirare il trittico ben noto dell’autore: Atleti dalla villa dei papiri, 1986.
La sezione Linguaggi attesta la sua figura di artista all’avanguardia, con un ruolo primario per Napoli e in ambito internazionale perché, come approfondisce il curatore: “Ha portato la fotografia a livello d’arte nell’Accademia delle Belle Arti, ha creato la prima cattedra di fotografia a Napoli, quasi a furor di popolo perché le persone che seguivano il suo corso erano talmente tante da convincere le istituzioni a creare una cattedra di fotografia che prima non esisteva e il suo lavoro ha fatto sì che la fotografia venisse apprezzata e considerata come espressione artistica quando non era affatto considerata tale, soprattutto in Italia”.
Non si può certo dimenticare la sua collaborazione e continua frequentazione con artisti internazionali come Andy Warhol, Joseph Kosuth, Joseph Beuys o Robert Rauschenberg tra i tanti con i quali si trovava nei luoghi dell’arte come nella galleria di Lucio Amelio, quella di Castelli fino ad arrivare alla galleria di Lia Rumma. E le sue colte sperimentazioni confermano la fotografia come uno dei linguaggi dell’arte.
L’esposizione continua con le su Vedute di Napoli e di altre metropoli europee, magiche e surreali che lo stesso artista definisce con una frase: Le mie città ricordano quelle dipinte da Giorgio De Chirico. E dopo le sezioni sulla Natura e sui Mari di cui coglie in pieno lo spirito, a metà tra realtà e sogno, la sorpresa dell’esposizione è un inedito filmato documentario, firmato dal regista Mario Martone, legato a Jodice da stima e amicizia. “Ci ha regalato questa straordinaria visione” commenta Koch. E Martone nella presentazione dichiara: “La prima volta che l’avrò visto ne avrà avuti poco più di quaranta, io ero un ragazzo ma lo ricordo bene, bellissimo, fendere la folla che si accalcava nella galleria d’arte di Lucio Amelio dove il mondo si incrociava con Napoli”. E Mimmo Jodice con tutto il suo carisma nel filmato ci accompagna attraverso le sue visioni nel suo mondo e nella sua genialità profonda. Fin dall’incipit quando, armato di cavalletto e della sua Hasselblad, si pone davanti al suo mare in paziente attesa di quell’incanto poetico di luce e di ombre che accarezza ogni suo capolavoro di fotografia.
MIMMO JODICE. SENZA TEMPO
29 giugno 2023 – 7 gennaio 2024
Gallerie d’Italia – Torino