Arringa (napoletanissima) dopo che la Venere degli stracci di Pistoletto è stata distrutta dal fuoco a Napoli
Nelle ultime 48 ore ho letto su ogni piattaforma possibile commenti di ogni genere sulla questione dell’incendio della Venere di Pistoletto. Qualcosa mi ha fatto piangere e qualcosa mi ha fatto ridere. Quello che ho trovato molto interessante però è stato il grandissimo sforzo da parte della maggioranza di trovare una giustificazione intellettuale, altissima, intangibile a un semplicissimo atto criminale.
Accade sempre che l’arte venga strumentalizzata per dare senso a ciò che spesso non ha senso, dovremmo solo avere il coraggio e l’umiltà di ammetterlo. Diventa spesso strumento politico e di potere. Lo vediamo nelle parole di Pistoletto stesso che ha rilasciato un’intervista in cui ha dichiarato che sua moglia Maria “ha gridato al femminicidio della Venere“. Argomenti che – se fossi in lei – lascerei nella grazia di Dio, soprattutto quando la scena politica contemporanea non si sta esprimendo sulla follia criminale di giovani bianchi italiani che compiono frequentemente stupri e omicidi.
Impulso di agire
Oggi non riesco a smettere di pensare a quanto la criminalità e la poesia in questa città si accompagnano. Sì. Trovo incredibilmente poetico che ad incendiare la Venere degli stracci sia stato un barbone. E una parte di me pensa che Pistoletto sia stato graziato dalla fortuna di un’operazione di marketing che poteva solo sognare. No. Il punto non è “la riflessione sulla relazione sullo spazio esterno e l’arte“.
No. Assolutamente il punto non è la vigilanza che è venuta a mancare nello “spazio pubblico”. Perché quando Riccardo Dalisi ha intuito l’importanza del “progetto condiviso” non è mai stato messo in discussione. E non perché Dalisi fosse napoletano, ma perché Dalisi parlava di verità. Dalisi aveva qualcosa da dire e sentiva l’impulso di agire e questo lo rendeva autentico. Lo rendeva necessario. Lo rende necessario.
Umanizzare la Venere
La Venere degli stracci del 1967 è necessaria a Napoli nel 2023? Qual è il suo messaggio o il sottotesto? C’è qualcosa di incredibilmente misterioso nella scelta di questa opera messa a Piazza Municipio, aspramente criticata da moltissimi cittadini che hanno accusato di essere stati indirettamente chiamati “straccioni”. Ma questo non mi sorprende. Mi verrebbe da dire che quasi mi aspettavo una cosa del genere e infatti mi sono dispiaciuta ma non stupita.
Cavalcando l’onda dell’intellettualizzazione inutilissima di questo momento mi verrebbe da dire che i tempi stanno cambiando. E che finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di umanizzare la Venere distaccandola dalla sua eterna condizione di divinità che alimenta la distanza tra gli esseri umani e gli Dèi. Non aggiungendo stracci, sedie o monnezza, ma al contrario liberandosi dell’inibizione e della soggezione dall’arte. E portando finalmente l’attenzione su qualcosa di più importante, un nuovo Prometeo contemporaneo che incarna tutti i tratti della vera società in decadenza.
Punto di vista
Cosa ce ne facciamo della Venere quando Napoli è fuori controllo? Diceva bene Claudio Strinati in un’intervista rilasciata a Manuel Agnelli nel programma Ossigeno, quando paragonava Napoli a Gotham City e Caravaggio a Batman. Non c’è nessun rispetto nella distruzione del lavoro altrui, così come non c’è nessun rispetto di una città lasciata a se stessa e di cittadini che sopravvivono grazie all’autogestione.Trovo maledettamente interessante che la Venere sia stata criticata così duramente dal Territorio, e che invece non siano stati criticati i lupi di ferro dell’artista Liu Ruowang esposti nella stessa piazza.
Chissà, forse ci si sente maggiormente rappresentati dal branco all’attacco più che da una critica “effimera” alla società per questa città. L’ipocrisia e il buonismo bisogna un attimo lasciarli da parte e parlare apertamente di ciò che sta accadendo. L’azione criminale di distruggere qualcosa mi sembra un segnale molto chiaro di una malattia molto grave. Manfredi dice che la rifaranno e a me verrebbe da dire: “Perchè?” perchè invece di rifare la Venere non cambi il punto di vista?
Il peso di essere napoletani
Questo incendio è il primo segnale da cui partire per iniziare a vedere le cose per quello che purtroppo sono. A vedere le priorità, caro Manfredi, e fare qualcosa per liberarci dal male di essere sempre etichettati come criminali. Aiutaci a liberarci dal peso di essere napoletani fuori. Un dramma che trova ragione in quelle testate giornalistiche che aspettano di divorarci facendo dimenticare quello che c’è di buono. Tu puoi fare solo questo. Quello che invece possiamo fare noi è iniziare a guardare con curiosità tutto il resto, nella speranza di abbandonare la rabbia che ci accompagnerà per sempre e ci farà per sempre sentire lupi che attaccano per non essere attaccati.