“AcquAria – Featuring the sculpture habitat. Looking for the body” è la seconda edizione di una rassegna annuale di scultura a cura di Andrea Guastella, prodotta dallo Studio di Scultura M’arte e dall’Associazione Culturale Aurea Phoenix.
La mostra, in occasione della rassegna estiva “AcquAria”, sarà aperta fino al primo settembre 2023 nella galleria del primo anello e nel giardino esterno dell’Acquario Romano – Casa dell’Architettura e presenta le opere di sedici artisti: Elia Alunni Tullini, Alex Caminiti, Alberto Criscione, Davide Dormino, Alessia Forconi, Teo Martino, Marco Maschio, Fulvio Merolli, Elena Mutinelli, Matteo Peducci, Reinhard Pfingst, Giacomo Rizzo, Rosa Mundi, Emanuele Stifano, Filippo Tincolini, Antonio Tropiano.
«Dal Novecento a oggi, non vi è stato artista – pittore, scultore o architetto – che non si sia interrogato sul rapporto tra la propria disciplina e l’idea di spazio. Magari declinata, come nell’arte di Picasso, in relazione con il tempo. Cambia, in una parola, l’approccio all’opera, che cessa di essere oggetto da fruire solo per sé stesso, e si guarda al contesto. A differenza di quanto accadeva nell’antica Grecia, dove – lo scrive Heidegger in Corpo e spazio (1967) – “le opere architettoniche e scultoree dei grandi maestri parlavano da sé. Parlavano, ossia indicavano il luogo a cui l’uomo appartiene”, la scultura contemporanea non ha più una dimensione omogenea e misurabile. Oggi è piuttosto l’artista che, interagendo con uno spazio sempre nuovo, “dispone dello spazio, […] orienta in esso sé e le cose e così custodisce e protegge lo spazio come tale”.
Ma che cosa significa “disporre” dello spazio in un’epoca in cui il reale e il virtuale si confondono, con una tendenziale prevalenza del secondo? Che cosa significa “custodirlo” e “proteggerlo” quando l’architettura dei musei è vuota, la scultura non si vede e gli occhi si aprono esclusivamente sulle fogge, ripetute all’infinito, del nostro quotidiano?
In questo orizzonte, francamente desolante, di spazio pubblico abolito, quindici scultori, su invito dello Studio M’arte e di Andrea Guastella, hanno partecipato lo scorso anno alla prima edizione della mostra “Acquaria. Featuring the sculpture Habitat” presso l’Aquario Romano: edificio nato a fine Ottocento come acquario, ma usato ben presto come cinema, teatro e deposito per il Teatro dell’Opera, sino al recupero, completato ai primi del Duemila, e alla sua trasformazione in Casa dell’architettura», hanno spiegato gli organizzatori.
«Al secondo piano di questa “casa” fitta di memorie, – hanno proseguito – le loro sculture hanno occupato un anello completo, simmetrico e speculare, dialogante attraverso una loggia col grande vano centrale.
Nell’edizione di quest’anno, al grande deambulatorio dell’Acquario si aggiunge lo storico giardino: contesto ideale per grandi installazioni.
Soprattutto però, come il sottotitolo Looking for the body dichiara espressamente, il focus della mostra prova a spostarsi dall’esterno all’interno, dallo spazio al corpo.
Un corpo che persino un’arte monumentale come la scultura vede oggi scisso, svuotato, consumato, ridotto in piccoli frammenti. Talvolta un corpo assente. Un corpo sulla cui rappresentazione gli sviluppi storico- artistici, socio-politici e culturali degli ultimi decenni, non ultimi la pandemia, la carestia, la guerra, le migrazioni, il cambiamento climatico, la rivoluzione tecnologica e l’intelligenza artificiale hanno esercitato ed esercitano un’influenza radicale.
Ma pure – come negarlo? – un corpo eterno: quel corpo di cui si parla nei Vangeli come di un tempio, specchio del cosmo e riferimento ineludibile del nostro essere nel modo.
Non è forse il corpo dimora dell’anima, confine che ci separa dagli altri e ponte da percorrere per connetterci con loro? Non è forse in esso il primo spazio che tutti, volenti o nolenti, siamo chiamati ad “abitare”?».