Lo sguardo di 29 grandi fotografi dispiegato su varie aree del pianeta per raccontare cambiamenti, contraddizioni, sfide, connotazioni culturali e tradizioni legate al cibo: è “Photo&Food. Il cibo nelle fotografie Magnum dagli anni Quaranta a oggi”. La mostra porta a Verona, negli spazi di Eataly Art House – E.ART.H., 125 immagini realizzate da fotografi membri dell’agenzia Magnum Photos e conservate nei suoi archivi, tutte dedicata al cibo e alla sua rappresentazione negli ultimi ottant’anni.
La mostra (visitabile gratuitamente fino al 17 settembre 2023), a cura di Walter Guadagnini in collaborazione con Costanza Vilizzi e realizzata insieme a Magnum Photos, è «divisa in cinque sezioni e organizzata secondo un andamento sia cronologico che tematico. L’esposizione considera il cibo nella sua connotazione sociale, economica e simbolica, evidenziando l’inestricabile legame tra la vita dell’uomo e tutte quelle attività legate agli alimenti che appartengono a una sfera naturale e soprattutto culturale», hanno ricordato gli organizzatori.
Nel percorso espositivo si susseguono opere di Abbas, Eve Arnold, Olivia Arthur, Jonas Bendiksen, Werner Bischof, René Burri Bruce Davidson, Cristina De Middel, Elliott Erwitt, Leonard Freed, Ara Güler, Philippe Halsman, Nanna Heitmann, Thomas Hoepker, David Hurn, Elliott Landy, Guy Le Querrec, Alex Majoli, Peter Marlow, Inge Morath, Martin Parr, Paolo Pellegrin, Raghu Rai, George Rodger, Zied Ben Romdhane, Jérôme Sessini, David Seymour, Ferdinando Scianna, Alex Webb.
Nell’intervista qui sotto Walter Guadagnini, responsabile programmazione espositiva Art House e curatore di “Photo&Food”, e Costanza Vilizzi, manager Art House e co-curatrice della mostra, ci hanno raccontato la mostra, il suo legame con Eataly e ci hanno svelato i progetti di Eataly Art House per l’autunno, tra cui uno dedicato a Bruno Munari.
EATALY Art House – E.ART.H. è una realtà unica nel suo genere: come sono nati il progetto e la decisione di dedicare uno spazio all’arte e alla fotografia contemporanea all’interno degli spazi commerciali di EATALY?
«Eataly Art House è un progetto pensato appositamente per la sede di Eataly a Verona, la storica Stazione Frigorifera Specializzata riaperta dopo un lungo restauro firmato da Mario Botta. È un edificio suggestivo e denso di significati che è stato un centro di innovazione e avanguardia tecnologica, una forza economica e commerciale a livello europeo, un luogo di cultura. In qualche modo, E.ART.H. rispecchia e dialoga con questi tre aspetti. L’Art Market (gli avevamo dedicato un approfondimento qui, ndr) rappresenta l’anima commerciale della nostra realtà: è una formula inedita nel sistema italiano, volta a facilitare l’incontro con l’opera, con gli artisti e gli operatori del settore. In sintonia con la filosofia di Eataly, che nei suoi percorsi di spesa promuove la cultura del buon cibo e il consumo responsabile, abbiamo costruito dei percorsi di incontro e approfondimento, con possibilità di acquisto, per creare consapevolezza dei meccanismi del mercato e stimolare nuove frontiere di collezionismo».
La mostra “Photo&Food. Il cibo nelle fotografie Magnum dagli anni Quaranta a oggi” è allestita nella sede di EATALY a Verona, come è nato questo spazio espositivo? Quale è la sua mission e che tipo di mostre vuole proporre?
«Eataly Art House è una realtà nata lo scorso ottobre negli spazi di Eataly Verona. L’edificio è stato inaugurato negli anni trenta del Novecento, era la Stazione Frigorifera Specializzata della città: oggi, al piano terra, le gallerie un tempo attraversate dai treni sono diventati spazi espositivi dedicati a collezionisti o appassionati, con opere in vendita a prezzi volutamente accessibili, mentre le ex aree di stoccaggio e produzione del ghiaccio sono ora il mercato e il ristorante di Eataly. Il primo piano, anch’esso recuperato nel corso della riqualificazione affidata a Mario Botta, è stato invece destinato agli eventi e a un ampio spazio espositivo di circa mille metri quadrati che propone mostre temporanee dedicate all’arte contemporanea e alla fotografia. L’obiettivo è quello di fornire ai visitatori una panoramica sulla cultura contemporanea attraverso mostre ed eventi ad accesso gratuito. L’intero spazio ha inaugurato con due mostre personali dedicate all’artista ghanese Ibrahim Mahama e al fotografo olandese Anton Corbijn (ve ne avevamo parlato qui, ndr). Adesso, fino a settembre, ospita la mostra fotografica collettiva “Photo&Food” e “Warhol Schifano – Photos and Polaroid” a cura di Luca Beatrice con Giorgia Achilarre».
La mostra “Photo&Food. Il cibo nelle fotografie Magnum dagli anni Quaranta a oggi” è stata realizzata in collaborazione con l’archivio Magnum. Come è nata questa collaborazione?
«La collaborazione con Magnum è nata insieme a Eataly Art House: già con l’apertura, lo scorso ottobre, l’idea è stata quella di progettare con l’agenzia una delle esposizioni dell’area Art Market con fotografie degli storici autori Magnum. Opere con tiratura di cento esemplari, a prezzi come si diceva prima accessibili, che ha incontrato l’interesse del pubblico e dei collezionisti. Per la mostra istituzionale dedicata alla fotografia è stato naturale proseguire la collaborazione con Magnum, che annovera i più grandi fotografi della storia e della contemporaneità. In questo caso il progetto legato all’importante spazio espositivo della Fondazione è ampio, articolato in un percorso che permette, attraverso un excursus tematico e temporale, di esporre i lavori di maestri più conosciuti dal pubblico, come Elliott Erwitt o Werner Bischof, insieme alle ricerche di fotografe e fotografi contemporanei come Cristina De Middel o Nanna Heitmann».
Chiariamo un dubbio: una mostra che ha come tema il cibo nella fotografia in un spazio legato a Eataly sembra quasi pleonastico, ma – avete più volte sottolineato – il progetto ha una sua indipendenza. Quale è il concept alla sua base?
«Il progetto di “Photo&Food” è nato dalla volontà di raccontare le diverse sfaccettature del cibo: non in veste di semplice prodotto, ma di elemento ricco di valori storici, sociali, economici e religiosi. L’esposizione è divisa in cinque sezioni che seguono un percorso insieme cronologico e tematico: la scarsità di cibo durante la guerra, il ritrovato benessere durante il boom economico, l’esclusività e lo status symbol che certe tavole rappresentano per lo star system, il passaggio da materia prima a merce, le controversie ambientali e sanitarie legate al mondo dell’alimentare, gli alimenti sacri secondo le diverse religioni.
Il progetto espositivo si è tradotto anche in un libro che racconta, attraverso le fotografie Magnum e i numerosi testi descrittivi, tutti i contenuti delle opere in mostra e del loro contesto. Lo definiamo libro e non catalogo, proprio perché si tratta di un progetto autonomo, che può offrire al lettore informazioni e spunti di riflessione e di approfondimento, anche a prescindere dalla mostra.
Quindi possiamo dire che Eataly Art House condivide con Eataly la stessa passione per la sfera alimentare, ma la affronta in maniera trasversale e globale, tenendo conto non solo del singolo alimento con la sua filiera, ma della complessità e della varietà dei significati che porta con sé in tutti gli stadi della sua esistenza.
Eataly Art House non ha tra i suoi obiettivi quello di parlare di cibo nello specifico, e in questo senso è indipendente rispetto a Eataly, anche se i punti di contatto vengono incoraggiati e sperimentati, proprio perché il cibo ha una forte connotazione culturale. L’obiettivo di Eataly Art House è quello di trasmettere la cultura a 360 gradi, ponendo in primo piano i valori di sostenibilità e condivisione, che sono gli stessi di Eataly».
Il percorso espositivo guarda al cibo da vari punti di vista dal secondo dopoguerra ad oggi, partendo da una prospettiva legata a Europa e Stati Uniti, si allarga a varie parti del mondo. Quali principali tematiche legate alla contemporaneità affronta, in particolare?
«Ci sono tre sezioni che, in maniera molto diversa, sono legate al mondo di oggi. Dal produttore al consumatore prende in analisi il cambiamento di significato di una materia prima, che si trasforma in merce o in prodotto: sono esposti nuclei di immagini che raccontano le visioni di diversi fotografi sul tema dei mercati, ad esempio. Eve Arnold e i mercati in Cina negli anni Settanta, Alex Majoli e le sue nature morte scattate a Ballarò, le immagini dure di Paolo Pellegrin dei mercati nelle zone di guerra, a Gaza, fino allo stile saturo e quasi grottesco dei supermercati di Martin Parr. E poi Ferdinando Scianna, che racconta le antiche tradizioni della Sicilia, ricordandoci l’importanza di preservarle.
Cibo estremo invece analizza le tendenze contemporanee e controverse del food: il cibo spazzatura, l’esasperato utilizzo della plastica nei packaging alimentari, le criticità e le innovazioni legate alla produzione di avocado, le colture fuori terra, gli Organismi Geneticamente Modificati. Quest’area è forse quella che più di tutte costituisce un pretesto per spaziare e raccontare tematiche ampie come la sostenibilità, la tecnologia, l’innovazione in contrasto con la tradizione: sono temi che vengono affrontati anche nei nostri talk, approfonditi in attività e visite guidate tematiche.
La mostra si chiude con La Tavola Sacra, una sezione senza tempo, che parla della connotazione sacra e simbolica di alimenti o preparazioni secondo numerose culture e religioni, con tradizioni antiche che ancora oggi mantengono un forte significato».
Potete darci qualche rapida anticipazione sulle mostre dell’autunno?
«Il prossimo autunno, in concomitanza con la fiera ArtVerona (ve ne avevamo parlato qui, ndr), inaugurerà negli spazi della Fondazione un’importante mostra dedicata al maestro Bruno Munari, a cura di Alberto Salvadori e Luca Zaffarano. In parallelo, nell’area Art Market, la collettiva “Première” a cura di Luca Beatrice avrà come protagonisti alcuni artisti emergenti del panorama italiano. Presto verranno comunicati maggiori dettagli su entrambi i progetti».