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Ritorni a Beirut. Per la prima volta le missioni fotografiche di Gabriele Basilico sono esposte tutte insieme

Gabriele Basilico, Beirut, 1991
Gabriele Basilico, Beirut, 1991

1991, 2003, 2008, 2011. Per la prima volta tutte e quattro le missioni fotografiche di Gabriele Basilico nella città libanese sono presentate in un’unica esposizione ad Alessandria, nelle Sale d’Arte della Biblioteca Civica. Un racconto filologico, diviso per anni, mostra il cambiamento di Beirut attraverso gli incarichi che negli anni hanno riportato il fotografo in città, facendo di questa documentazione uno dei cardini centrali della sua ricerca. Fino al primo ottobre 2023, a cura di Giovanna Calvenzi.

Alla fotografia veniva affidato il compito civile di contribuire, con la testimonianza della follia umana, alla costruzione della memoria storica.

G. Basilico

Gabriele Basilico. Ritorni a Beirut è una narrazione per immagini di quella che è stata, fino al 2011, la storia di Beirut dopo quindici anni di guerra civile. Scoppiata nel 1975 si concluse solo nel 1990, con oltre centomila morti e un milione di sfollati, il conseguente crollo dell’economia e una città totalmente da ricostruire tra inflazione, disoccupazione e corruzione. Le missioni che videro coinvolto Gabriele Basilico furono quattro e intervallate da un numero variabile di anni: la prima fu a ridosso della conclusione della guerra, nel 1991, su commissione della Fondazione Hariri, a cui segue nel 2003 un incarico per la rivista Domus, al tempo diretta da Stefano Boeri, mentre nel 2008 l’iniziativa è personale e, infine, nel 2011 arriva la seconda commissione dalla Fondazione Hariri. L’intenzione che accompagna ogni momento esula dal compito didascalico che si esaurisce nella conclusione della singola missione, quello di Basilico è un racconto aperto che ancora tutt’oggi continua a rivelare la portata di una ricerca che segnò l’opera omnia del fotografo.

Gabriele Basilico, Beirut, 1991

Al rapporto di affezione per la città, Basilico combinava l’essenza documentaristica della fotografia e il suo valore sociale sublimando la visione in opera d’arte. Era questa l’ispirazione che dagli esordi aveva appreso dalle fotografie di Walker Evans, suo “vero grande maestro segreto”. C’è una similitudine, infatti, tra l’attività dei fotografi della Farm Security Administration (di cui Evans faceva parte) che, tra il 1935 e il 1944, documentarono la depressione americana e la richiesta nel 1991 da parte di Dominique Eddé per la Fondazione Hariri. L’invito da parte della scrittrice libanese raccoglieva un gruppo di fotografi internazionali affinché documentassero l’area centrale di Beirut: si trattava, come riportò lo stesso Basilico, di comporre uno “stato delle cose” attraverso una libera e personale interpretazione della città. Vi parteciparono, oltre a Gabriele Basilico, René Burri, Raymond Depardon, Fouad Elkoury, Robert Frank e Josef Koudelka.

Quale perverso stato d’animo regola l’equilibrio instabile tra lo spettacolo della rovina e la necessità di testimoniarlo?

G. Basilico

Il critico francese Jean-François Chevrier sosteneva che i fotografi sono più affascinati dalle rovine che dalle architetture, forse per quella convinzione per cui la fotografia ha la capacità di guardare oltre il tempo coniugando passato e presente. Proprio da questa premessa Basilico imposta il suo lavoro di ricerca, tentando di “ricostruire un senso possibile tra l’esperienza della visione e lo scenario” che si presentava all’obiettivo fotografico senza trasformare le rovine in scenografie che muovessero lo spettatore allo sterile pietismo. Non si trattava, dunque, di muoversi verso il sensazionalismo ma piuttosto offrire una visione neutrale, appunto uno “stato delle cose” di una realtà urgente e in imminente trasformazione. In tal modo proseguono anche le altre missioni: nel 2003 l’invito di Stefano Boeri si presenta come continuazione della prima esperienza in Libano, attraverso la documentazione della città in costruzione sulle vedute del 1991; cinque anni dopo il fotografo torna di nuovo a Beirut per la presentazione di una sua mostra al Planet Discovery Center e libero da particolari incarichi si allontana dal centro raccontandone l’espansione; l’ultima occasione è offerta di nuovo dalla Fondazione Hariri che, nel 2009, ripropone una seconda missione documentaria per testimoniare la trasformazione di Beirut: accompagnato da Fouad Elkoury, Klavdij Sluban e Robert Polidori, successivamente Gabriele Basilico lavora in Libano nel 2011.

Marc Augé offre generosamente la chiave di lettura per accedere all’opera di Basilico in “Un fotografo della città e del tempo” (Chi è dunque l’altro?, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2019) suggerendo di non accontentarsi di una delle sue fotografie ma di mettersi nella condizione di guardarne molte per comprenderne ciascuna. La preziosità della mostra alessandrina risiede proprio nella possibilità di leggere e rileggere il cambiamento di Beirut attraverso uno sguardo che non è mai cambiato ma che, allo stesso tempo, ha seguito e assecondato un mutamento architettonico, economico, sociale e storico. Lo rivela l’attenzione fedele di Alessandro Ferrario, assistente di Basilico negli anni centrali delle missioni libanesi, che nel raccontare l’esposizione nota tre scatti che appartengono ad anni differenti tutti con lo stesso taglio e dalla medesima angolazione, una sorpresa che racconta un coerente modo di osservare ogni volta plasmato su “un certo numero di scelte estetiche che preesistono e vi si riflettono”, sempre usando le parole dell’antropologo di Poitiers. È la difficoltà dell’arte di cui parla Pavese, dare come sorpresa cose ben note, le città-mondo del contemporaneo, dai centri storici ai quartieri delle periferie, in cui sembra di potercisi orientare o riconoscere mentre le verticalità delle forme si corrispondono e le linee si confondono, fino ad arrivare alla consapevolezza che Basilico cercava “l’utopia di una città planetaria, unica e diversa, presente e passata, (…) con la strana e contraddittoria sensazione di perderci e di ritrovarci”. Di nuovo, in aiuto, Marc Augé.

Gabriele Basilico, Beirut, 2008
Gabriele Basilico, Beirut, 2011

 

Gabriele Basilico. Ritorni a Beirut
a cura di Giovanna Calvenzi

16 giugno – 1 ottobre 2023

Sale d’Arte della Biblioteca
Civica di Alessandria
Via Machiavelli 13

Orario:
da giovedì a domenica
15.00 – 19.00

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