Tra i film in concorso che hanno finora spiccato alla 80esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia c’è sicuramente Poor Things (2023), l’ultimo film di Yorgos Lanthimos, già vincitore nel 2018 del Gran Premio della Giura per La Favorita. In Poor Things Lanthimos prosegue il sodalizio con Emma Stone, in questo caso coinvolta sia nel ruolo di attrice protagonista che di produttrice. L’idea per il film – racconta il regista greco durante la conferenza stampa – nacque nel 2011 dopo aver letto l’omonimo romanzo scritto nel 1992 da Alasdair Grray. Durante la lavorazione de La favorita, Lanthimos la propose quindi a Stone, riscuotendo il suo immediato entusiasmo.
La storia è quella di Bella Baxter (Emma Stone), una giovane donna morta suicida e resuscitata da uno scienziato, il dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe), che decide di trapiantarle, al posto del suo cervello, quello del bambino che portava in grembo, dando vita a un esperimento tanto macabro quanto inaspettatamente affascinante: il mondo apparirà quindi come una novità assoluta agli occhi di Bella che, per sfuggire alle eccessive cure del dottor Baxter, decide di scappare con l’avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), intraprendendo un viaggio alla scoperta delle meraviglie della terra – e, con sgomento di Bella, della povertà umana.
Nell’adattare il romanzo Tony McNamara, autore della sceneggiatura, ha scelto di adottare il punto di vista di Bella, che senza alcuna vergogna o pregiudizio guarda con disarmante curiosità a qualsiasi stimolo o impulso che le venga offerto: sono tematiche quali la percezione che siamo abituati ad avere delle cose, così come il ruolo e le convenzioni sociali legate alla figura della donna, fino al rapporto stesso tra uomini e donne, a trovare maggiore spazio nel film di Lanthimos. La realtà, per come ci viene mostrata in Poor Things, è quella di una gothic novel dalle sfumature sulfuree, filtrata e ingigantita dallo sguardo incontaminato della protagonista. Lanthimos, insieme al direttore della fotografia Robbie Ryan, ha scelto di costruire scenografie dalle proporzioni imponenti, assicurandosi però che sul set venisse mantenuto un livello di intimità tale da preservare l’autenticità delle performance del cast, a costo di illuminare le scene esclusivamente dall’esterno, in modo che la luce artificiale, di cui è stato fatto laro utilizzo, non venisse mai puntata direttamente sugli attori.
Un ruolo di particolare rilevanza nel film è dedicato alle scene di sesso, quasi una costante durante i 141 minuti di proiezione. Scherza a riguardo lo stesso Lanthimos: “È vero, il sesso è presente nel mio film, ma la domanda è: non è strano che non ci siano scene di sesso nei film che vengono prodotti oggi?”. Proprio la sessualità è una delle chiavi di lettura del film e del percorso di formazione e autodeterminazione intrapreso da Bella: è una riscoperta dell’eros priva di qualsiasi preconcetto o ritrosia, atteggiamenti che la spingono a trovare impiego in un bordello parigino nel momento in cui si trova ad avere bisogno di denaro, senza curarsi in alcun modo degli sconvolgimenti che provoca dell’animo dell’amante Wedderburn, che non può fare a meno di manifestare la più totale insicurezza della propria virilità al confronto della libertà sessuale esibita da Bella. “Abbiamo cercato di rendere una rappresentazione quanto più completa possibile della sessualità e delle sue idiosincrasie. I comportamenti umani sono spesso assurdi, indifferentemente dalla sfera in cui si manifestano. Perché il sesso dovrebbe fare eccezione?”, riflette in tal senso il regista greco.
Straordinaria, nel mettere in scena un corpo libero e desideroso di scoprire ogni possibile sfumatura della percezione sensoriale, la performance di Emma Stone. Non meno efficace la prova degli altri attori, tra cui il suo “creatore” Willem Dafoe, il cui viso già naturalmente scavato è qui ulteriormente tormentato da vistose cicatrici, frutto di prove che il padre, come lui chirurgo incline alla sperimentazione umana, fece su di lui da bambino.
Contrariamente, a quanto accadeva nei precedenti film di Lanthimos, dove la paralisi – fisica e morale – era l’elemento che maggiormente caratterizzava i personaggi, in Poor Things sono la gioia, il movimento, la presa di coscienza a prevalere, facendo del film un caso atipico nella filmografia del regista greco. Gioca a favore la protagonista Bella, che rivendica il possesso del proprio corpo e il diritto a esistere nel modo che più ritiene idoneo. Gioca a favore la scelta di Lanthimos, che, alternando il bianco e nero della prima parte del film al colore, accende le immagini che contraddistinguono il viaggio di Bella tra continenti diversi, per poi tornare a mostrarci lo stesso mondo grigio da cui era partita (Londra) sotto una nuova luce.
Il risultato è spettacolare sia dal punto di vista visivo che emotivo, poiché il film è in grado di trattare in modo leggero, ma al tempo stesso molto coinvolgente, alcune tematiche che toccano direttamente la nostra contemporaneità. In fondo, se nel giardino del dottor Baxter compaiono strane creature come galline dalla testa di cane o anatre dal corpo di capra… non ci potrebbe essere spazio anche per un leone d’oro con un paio d’ali sul dorso?