
A Londra è in corso la mostra di soli cinque giorni con opere nuove di Stanley Donwood e Thom Yorke, frontman dei Radiohead, “The Crow Flies” (ve ne avevamo parlato qui) e a proporla è una giovanissima galleria: Tin Man Art, fondata da James Elwes due anni fa, con una sede nella capitale britannica e una nell’Hampshire.
Alla base dell’attività della giovanissima galleria, che già rappresenta artisti di rilievo, ci sono l’ambizione verso l’eccellenza e l’impegno per proporre, dall’anno prossimo, mostre in altre aree d’Europa e negli Stati Uniti.
Abbiamo parlato di tutto questi con James Elwes, fondatore e direttore della galleria, nell’intervista qui sotto.
Silvia Conta: Hai fondato Tin Man Art nel 2021. Come è nata questa galleria d’arte contemporanea? Qual è il rapporto tra la vostra sede a Londra e quella nell’Hampshire?
James Elwes: «Creare una galleria durante il blocco del COVID potrebbe sembrare un’idea folle, ma per noi è stata un’opportunità per ripensare a come mettere in contatto collezionisti e artisti. Era un periodo così strano: non c’erano mostre fisiche, ma siccome le persone erano limitate nei luoghi in cui potevano essere, si concentravano realmente sull’ambiente fisico che le circondava. Sapevamo, quindi, che il desiderio di confrontarsi con l’arte c’era, ed era una grande opportunità per iniziare conversazioni con le persone e costruire relazioni lontano dal solito fumo e dagli specchi che a volte circondano la scena artistica.
Poco prima della pandemia mia moglie e io abbiamo lasciato Londra e abbiamo avuto due figlie. Lo spazio che abbiamo ora vicino alla nostra casa nell’Hampshire è un bellissimo fienile in mattoni e selce che possiamo utilizzare come spazio espositivo e per progetti. È una splendida zona rurale. Teniamo, inoltre, molte mostre al Cromwell Place, nel centro di Londra, ma abbiamo anche allestito mostre in spazi sacri e presentato lavori in fiere. Mi piace la flessibilità che ci offrono questi spazi e luoghi diversi. Ci permette di scegliere lo spazio giusto per presentare il lavoro di un artista senza dover scendere a compromessi. Quest’anno abbiamo organizzato sei mostre nel Regno Unito e l’anno prossimo amplieremo il programma con mostre in Europa e negli Stati Uniti».

Quali sono le linee principali dell’identità della galleria? Nella descrizione della galleria sul vostro sito web si legge che “la galleria ha un approccio flessibile alle mostre” e “lavora con collezionisti di ogni livello”. Che cosa consente la flessibilità?
«Ho già detto che un certo livello di flessibilità ci permette di presentare il lavoro di un artista nel modo in cui lo intende. Lavoriamo a stretto contatto con loro per pianificare le mostre, ognuno dei nostri artisti ha una storia da raccontare e noi siamo qui per consentire loro di farlo. Sia che si tratti di location, di allestimento o di tempistiche. Non stiamo “reinventando la ruota”: esponiamo come qualsiasi altra galleria, ma non vogliamo sfornare mostre per il gusto di farlo. Siamo molto collaborativi e questo ha aggiunto molto al nostro programma. Una mostra incentrata sulla collaborazione tra il musicista Philip Selway e il pittore Stewart Geddes, intitolata “Strange Dance“, ne è un ottimo esempio. La performance di novanta minuti è stata un’idea di Philip e vederlo accompagnato da un quartetto d’archi completo in mezzo agli splendidi dipinti astratti di Stewart è stata un’esperienza incredibilmente commovente».

Qual è il collezionista ideale per Tin Man Art?
«Esiste un collezionista ideale? Se dovessi descriverlo, direi che siamo aperti a lavorare con tutti coloro che si avvicinano all’arte con curiosità e mente aperta, persone che sono sinceramente interessate agli artisti e ai loro processi, sia che collezionino da tempo sia che abbiano appena iniziato. Mi piace conoscere i nostri collezionisti lontano dalla galleria e spesso viaggio per incontrare le persone nelle loro case e visitare i loro studi. Ci piace lavorare con persone appassionate d’arte, desiderose di scoprire e trarre gioia dall’arte come noi».

Tin Man Art si legge nel vostro sito web, rappresenta una selezione in espansione di artisti internazionali. Come li selezionate e come collaborate con loro?
«È una domanda difficile. Ci sono così tanti elementi che influiscono sul mio processo decisionale. Non c’è una lista di caselle che spunto o criteri rigidi che devono essere soddisfatti. Ma per cercare di rispondere alla tua domanda posso dire che innanzitutto cerco artisti con un talento eccezionale e una visione artistica unica. Qualcuno il cui lavoro risuoni con me e abbia il potenziale per lasciare un impatto duraturo sul mondo dell’arte. È difficile da definire questo aspetto perché in parte è istintivo. Si tratta anche di relazioni, di conoscere la pratica artistica di qualcuno, di costruire un rapporto di fiducia con un artista, di scoprire come si può crescere insieme e di fornire quel livello di supporto che gli permetta di continuare a fare ciò che vuole, cioè creare arte».

In questo momento nella galleria è possibile visitare la mostra “The Crow Flies. Part one” con nuove opere di Stanley Donwood e Thom Yorke. Alla fine del 2023 sarà presentata in galleria la seconda parte della mostra. Come è nato questo progetto espositivo e quali saranno le principali differenze tra le due parti?
«Lavoriamo con Stanley Donwood e Thom Yorke da un paio d’anni, ma questa è la prima volta in trent’anni che espongono dipinti realizzati insieme. È anche la prima volta che abbiamo due mostre in dialogo come questa.
Si tratta di un corpus di lavori che hanno richiesto tre anni di lavoro ed è emozionante poter dare ai nostri artisti lo spazio e il tempo per raccontare la storia di quel viaggio. C’è molta sperimentazione e si può vedere il linguaggio visivo che hanno sviluppato emergere nella prima mostra, incentrata sull’opera d’arte creata per l’album di debutto dei The Smile.
L’idea di dare vita a due mostre è stata ispirata dal fatto che abbiamo due artisti che lavorano insieme sulle stesse tele. I più attenti noteranno che per la seconda parte, che si aprirà all’inizio di dicembre, cambieremo l’ordine dei nomi degli artisti».

Quali sono i progetti espositivi, o di altro tipo, nel futuro di Tin Man Art?
«Siamo molto entusiasti della nostra prossima mostra collettiva “Tales from the Riverbank”. Verrà inaugurata durante Frieze London e prende spunto dal libro di Kenneth Grahame The Wind in the Willows. Saranno presenti opere di – tra gli altri – Stanley Donwood, Charlie Billingham e Malene Hartmann Rasmussen.
Stiamo anche lavorando a una mostra intitolata Abstraction Now, una vetrina delle nuove voci della pittura astratta, e “The Crow Flies: part two” è l’ultima mostra del 2023.
Il 2024 inizierà con la presentazione di opere di Marie Elisabeth Merlin, Catherine Anholt e Malene Hartmann Rasmussen alla London Art Fair. Seguirà la nostra prima incursione nella fotografia con una mostra di Rankin su un tema musicale, e “Transfixion” a luglio alla Fitzrovia Chapel con, tra gli altri, Sara Berman, Marie Elisabeth Merlin e Malene Hartmann Rasmussen. C’è molto altro che non posso ancora mettere nero su bianco, ma prometto di tenervi aggiornati».
