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Silvia Favaretto, romanziera e ricercatrice fra Italia e America Latina

Silvia Favaretto al Picacho, alle sue spalle il panorama di Tegucigalpa. Photo Lenin Ramos
Silvia Favaretto alla Feria Nacional del Libro di Tegucigalpa. Photo Emily Alvarado

Ha rappresentato l’Italia alla Segunda Feria Nacional del Libro ospitata dalla Universidad Pedagògica Nacional Francisco Morazàn di Tegucigalpa, in Honduras, presiede l’Associazione Culturale Progetto 7LUNE, si dedica all’insegnamento in Italia e ha scritto romanzi e raccolte di poesie in italiano e in spagnolo. Silvia Favaretto si racconta sulle pagine di ArtsLife

Come e perché ha deciso di diventare scrittrice?

La scrittura per me non è mai stata una decisione, è stata piuttosto da sempre un destino. Penso e mi esprimo in maniera poetica da quando ho memoria. A cinque anni, in prima elementare, scrivendo ancora con la matita e tutto storto ho composto il pensierino che ci aveva chiesto la maestra “Cosa voglio diventare da grande”. Con la mia calligrafia incerta ho espresso la mia vocazione: da grande sarò scrittrice e insegnante. Posso dire dunque di essere stata coerente coi desideri di quella bimba di quarant’anni fa. Nessuno della mia famiglia si dedicava alla scrittura o all’arte. Forse mio nonno, che faceva con amore il pane, è il mio esempio più vicino di come modellare, con le mani, una scultura, una storia, un’argilla che diventa bellezza. Il mio ricordo più vicino all’arte, di quegli anni, è il profumo del pane del nonno, entrando nel suo panificio.

Quali sono gli ambiti del suo impegno letterario? 

Scrivere per me significa anche divertirmi, giocare. Perciò, mi sono dedicata a diversi generi e formati: poesia, di cui ho pubblicato diversi libri in varie lingue, racconti per bambini suddivisi in dieci volumi per i quali ho curato anche le illustrazioni, sia in digitale che in analogico, microracconti, romanzi, ma anche recensioni, articoli, diari di viaggio. Se i miei ultimi romanzi pubblicati possono definirsi come saghe familiari a sfondo storico-contemporaneo, tra gli inediti ho anche un fantasy, un giallo e persino un romanzo rosa, oltre ad un’enciclopedia di “eroine moderne”. La mia prossima uscita, invece, consiste in un libretto che accompagna delle carte di divinazione che raffigurano demoni femminili giapponesi. Mi piace fare ricerca, sperimentare, misurarmi con le parole in vari ambiti, così non mi annoio mai.

Cosa cerca di trasmettere, scrivendo?

Credo che l’intenzione dipenda molto dal genere. In poesia ho sempre cercato di commuovere, di far sentire al lettore l’immedesimazione. La letteratura può magicamente diventare, come sosteneva John Steinbeck, una meravigliosa scatola di legno intarsiata, dove ognuno può mettere quello che sente, al riparo, dentro. Nell’ambito invece della narrativa per l’infanzia, mi preme di parlare ai ragazzi di problematiche attuali soprattutto relative alla necessaria salvaguardia dell’ambiente. Da insegnante so, inoltre, che hanno bisogno di fortificarsi, di andare oltre le loro paure, di credere in loro stessi, di affidarsi all’amicizia e all’amore. Tutti questi temi che mi vengono suggeriti dalla convivenza giornaliera con mio figlio e con oltre duecento alunni, sono lo spunto di riflessione che mi auguro di destare nei lettori più giovani. Nella mia produzione per adulti, invece, mi soffermo su temi come l’importanza della memoria, il riconoscimento di figure femminili fondamentali nella storia, la decisione di dare voce a chi è stato imbavagliato dalla versione ufficiale degli accadimenti. In fin dei conti, quello che cerco di trasmettere è il desiderio di andare in profondità, di riflettere, di scardinare parametri già stabiliti, di allenare la nostra curiosità intellettuale che è sempre più assopita da una società superficiale e spersonalizzante.

Uno dei suoi ultimi romanzi, Viola Pervinca, racconta la civiltà contadina. Cosa l’ha spinta a scegliere un ambiente così lontano dalla società contemporanea?

Il romanzo narra la storia di mia nonna Irma e della sua famiglia, proponendosi di dare un affresco della storia italiana dalla Prima Guerra Mondiale al Boom Economico, ma vista dai piccoli, dalla gente comune. Per scrivere questo libro ho ripercorso tutta la storia della famiglia, avvicinandomi ad una società, quella contadina, che non pensavo mi appartenesse. Ho scoperto invece che le radici di quella cultura si trovano anche in me e ho imparato ad amare quel mondo solido e tuttavia mutevole secondo le stagioni e i raccolti. La società contemporanea è epifita, ha radici aeree, mentre io ho sentito il bisogno di riafferrarmi profondamente alla terra, al suo essere culla e madre. Viviamo in un’era frenetica e senz’anima, in cui abbiamo perso la sensazione salvifica del rituale, dei cicli naturali, della comunione con il creato. Non mi oppongo al progresso, ma diffido dell’effetto disumanizzante che ci ha dato la perdita della nostra parte spirituale, metafisica. Una società del consumo rapido e dell’usa e getta non potrà renderci più felici di una famiglia che stava seduta nella stalla ad ascoltare le storie narrate in un filò.

Lei ha rappresentato l’Italia alla Segunda Feria Nacional del Libro ospitata dalla Universidad Pedagògica Nacional Francisco Morazàn di Tegucigalpa, in Honduras. Cosa ha significato questa esperienza?

Le fiere del libro in America Latina hanno una partecipazione molto più attiva delle scuole, i giovani vengono coinvolti in prima persona anche come volontari e operatori all’interno degli eventi. Personalmente, l’anno scorso ho partecipato alla Fiera del Libro di Torino con il mio romanzo Verde Laguna e ho trovato l’ambiente piuttosto caotico, con decine di eventi in contemporanea, senza che ci fosse una reale opportunità di conoscenza tra gli invitati o con il pubblico. In America Latina le fiere e i festival sono più piccoli, la gente del luogo si sente coinvolta e partecipa molto attivamente, ci si sente coccolati e viziati. Anche la possibilità di socializzare con scrittori di altre provenienze geografiche è un’occasione impagabile di arricchimento e da luogo ad altri incontri e progetti di collaborazione.

Quali sono, più nello specifico, i suoi rapporti professionali con l’America Latina?

Per me è stato molto più facile cominciare a pubblicare i miei libri in America Latina. In Italia, quasi sempre i primi libri che un autore pubblica sono autofinanziati e io non avevo la possibilità economica di affrontare quella spesa. In Latinoamerica, invece, gli editori sono più propensi ad investire su di te, magari in edizioni a tiratura molto piccola, ma comunque c’è un pubblico di lettori interessato e gli editori ti propongono contratti snelli e scorrevoli, che magari non prevedono grossi guadagni ma almeno non ti chiedono di sborsare un euro per le spese. Nel 2002 ho pubblicato in Colombia, poi in Argentina, a seguire in Messico, Costa Rica, El Salvador, altre due volte in Messico e Honduras. L’Italia è arrivata molto dopo e solo perché i miei testi erano risultati vincitori di concorsi. Inoltre, in America Latina, sono stata invitata, in virtù dei miei libri bilingue, a rappresentare l’Italia in diversi incontri come il Festival de poesía de Medellín (Colombia), Festival de Rosario (Argentina), Festival Amada Libertad (El Salvador), Festival de poesía de Costa Rica, Festival de los confines (Honduras) eccetera. Dal mio canto, con la mia associazione culturale “Progetto 7LUNE” ho tradotto in plaquettes digitali gratuite oltre duecento poeti latinoamericani, organizzato mostre, convegni, laboratori, tutti allo scopo di diffondere la cultura ispanoamericana in Italia.

Silvia Favaretto al Picacho, alle sue spalle il panorama di Tegucigalpa. Photo Lenin Ramos

È possibile un confronto fra la scena letteraria italiana e quella latino-americana?

So di essere di parte, ma temo che nel confronto noi italiani ne usciremmo piuttosto male. Non perché la nostra tradizione letteraria non sia di altissimo livello e con nomi illustri ed intoccabili. Ma forse proprio per questo motivo, la nostra produzione mi pare un poco “ingessata”, passatemi il termine. Come se una tradizione così altisonante in qualche modo ci ingabbiasse e ci bloccasse. Per la serie: se ha già detto tutto Dante nel ‘300, io cosa posso dire di nuovo? Da questo punto di vista, pur avendo un passato letterario di grande valore letterario, l’America Latina è più libera, osa di più. Trovo anche che si dia un ruolo più dignitoso al poeta, ad esempio. Qui da noi uno quasi si vergogna a dichiararsi “poeta”, come se fosse un bizzarro modo di definirsi nullafacente. In America Latina invece i poeti vengono considerati molto più che da noi, ricordo che in Colombia venivamo pagati per leggere le poesie in pubblico, a Medellín ho conosciuto taxisti che ascoltavano in auto i cd o le musicassette con i versi declamati dai poeti, e lì da loro ci sono letture con duecento persone nel pubblico, qui da noi se vengono ad ascoltare poesia 10 persone devi considerarlo un successo e anche offrirgli lo spritz, in modo che poi ti resta il dubbio se sono venuti per ascoltare te o per bere alcol gratis!

Lei è presidente dell’Associazione Culturale Progetto 7 Lune. Di cosa si tratta?

L’associazione culturale Progetto 7LUNE nasce nel 2014 con il fine di diffondere la cultura ispanoamericana contemporanea. Grazie ai miei molteplici viaggi in America Latina, i contatti con i miei parenti e amici di lí, sono venuta a conoscenza di veri talenti in quella zona del mondo. Ho dedicato i miei studi universitari e il dottorato di ricerca ad approfondire i temi salienti di queste culture e, oltre ad insegnarli nella scuola pubblica, ho pensato di utilizzare le mie conoscenze per fare “da tramite” in modo che queste espressioni artistiche e letterarie giungessero anche a noi. Perciò abbiamo organizzato piú di 30 mostre presso la nostra sede in provincia di Venezia, Festival come il Grito de Mujer gemellato con la Repubblica Dominicana e il Día de la insurgencia cultural gemellato con l’Argentina, abbiamo  realizzato laboratori di tessitura etnica, di canto originario mesoamericano, fatto corsi di teatro latinoamericano, pubblicato plaquettes, cataloghi digitali e podcast. Purtroppo la pandemia ci ha fatto passare da 70 soci a una decina… sono anni bui per le associazioni culturali, in molte hanno chiuso non resistendo a lockdown prolungati e a un cambio sostanziale di abitudini nella fruizione degli spazi pubblici e privati. Noi stiamo resistendo anche se abbiamo dovuto ridurre di moltissimo le proposte per contenere le spese. Questo autunno avremo come ospite una scrittrice messicana, Mariana Avila, e inaugureremo la mostra personale di un’acquerellista argentina, Ruth Geiler.

www.silviafavarettoautrice.com

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