Grand Tour d’Abruzzo: all’Aquila per Panorama e a Pereto per la Straperetana, in questa nuova puntata dell’Osservatorio sul presente
Saloni di palazzi, chiostri di conventi, oratori sconsacrati e chiese trasformate in studi di artisti. Pur nella cronica carenza di strutture museali, colmata in parte dall’apertura del Maxxi L’Aquila, l’Abruzzo ha una lunga e prestigiosa tradizione di promozione del contemporaneo a livello privato, dallo spazio del Bagno Borbonico, aperto negli anni Settanta da Mario Pieroni a Pescara, alla fortunata rassegna “Fuori Uso”, la mostra diffusa fondata dal gallerista Cesare Manzo nel 1990, che per ventisei anni ha portato opere d’arte in spazi in disuso nella città abruzzese. In questo inizio di settembre le cose non sono molto cambiate: il contemporaneo ha invaso il borgo di Pereto con Straperetana, promossa dalla galleria Monitor e curata dalla gallerista Paola Capata, e la città de L’Aquila con Panorama, la rassegna sostenuta dal consorzio di gallerie Italics e curata da Cristiana Perrella. Entrambe sono collettive diffuse sul territorio, e quindi occasioni uniche per scoprire luoghi non aperti al pubblico, che vengono reinterpretati- e spesso riattivati- dalle opere d’arte, presentano molte caratteristiche comuni con alcune differenze.
Cominciamo il Grand Tour dell’Abruzzo contemporaneo dal borgo di Pereto, che ospita Straperetana, manifestazione fondata da Paola Capata e Delfo Durante nel 2017.Quest’anno si intitola Ultramoderne, è allestita nei due palazzi Maccafani e Iannucci e riunisce 30 opere di 18 artiste, tra le quali alcune realizzate per l’occasione in collaborazione con i cittadini di Pereto. Se il filo rosso si concentra sull’arte al femminile, raccontata da opere storiche di matrice femminista realizzate da artiste come Tomaso Binga e Cloti Ricciardi, Straperetana presenta uno spaccato dell’arte italiana degli ultimi decenni, con un particolare riguardo alle emergenti. Negli ambienti di palazzo Maccafani spiccano le due sculture di Beatrice Celli, che uniscono con particolare sapienza suggestioni di matrice folklorica e antropologica, in dialogo con un piccolo ma prezioso disegno cucito di Maria Lai e con la decorazione a grottesche presente sulle pareti della sala. Al piano inferiore un altro confronto assai stimolante tra un’opera storica di Cloti Ricciardi, Expertise. Conferma d’identità (1972) e I see you (20121) un’installazione interattiva di Ruth Beraha, dalle letture molteplici e stimolanti. Sonia Andresano inverte in maniera efficace gli stereotipi del femminile con l’opera Boite à outils, 2023,allestita nella semioscurità per rendere ancora più misterioso il suo messaggio. Nel percorso di strade e piazzette che collega i due palazzi si incontra il grande dipinto di Giulia Mangoni Arrivano le pecore (2023), che reinterpreta temi arcaici come la transumanza, in chiave contemporanea grazie al rapporto con le persone del territorio. Diciannove di loro sono protagoniste del video di Anouk Chambaz Etudes (à Pereto), 2023 , presentato in un piccolo spazio a palazzo Iannucci, dove negli ambienti abitati in passato da un sacerdote sono visibili i delicati pastelli su carta di Elisa Montessori, la scultura in ferro forgiato Egli danza (2023) di Lulù Nuti, ispirata allo stendardo della chiesa di San Giorgio di Pereto, tre rigorosi collage fotografici in bianco e nero della serie Play House di Ra di Martino, dedicati alle pioniere americane, e gli inquietanti dipinti figurativi di Maddalena Tesser, che presentano una visione inaspettata e originale del ritratto femminile.
Una vera sorpresa arriva da Se non il vento, 2023, l’installazione della giovane Satya Forte, legata allo scorrere del tempo e alla memoria dei luoghi abbandonati. Da Pereto a L’Aquila il concetto di mostra urbana assume altri connotati, in una città dove le tracce del sisma del 2009 sono ancora profondamente visibili e a tratti inquietanti. Come a Pereto anche qui il percorso di Panorama coinvolge soprattutto spazi privati, anche a causa dei dinieghi della Curia sulla disponibilità delle innumerevoli chiese presenti nel centro storico. I punti forti della manifestazione sono i due palazzi Rivera -ancora in restauro- e De Nardis -regolarmente abitato- dove la curatrice ha allestito alcune sale di qualità museale, giocate su dialoghi tra opere selezionate con grande cura. Molti gli highlights, tra i quali annoveriamo le opere fotografiche di Luisa Lambri, i disegni di Diego Perrone, l’installazione di Lucia Cantò e il video di Mircea Cantor.
Ma forse i risultati più emozionanti riguardano gli interventi site-specific in diversi siti della città, tra i quali spicca l’installazione sonora di Massimo Bartolini, seguita dalla grande scultura di Pascal Martin Tayou, le opere di pane di Luca Trevisani, la scultura di Ettore Spalletti e gli stendardi di Diego Gualandris. Sono tutti casi dove l’incontro tra le suggestioni dei luoghi, siano essi oratori o librerie, chiese o negozi sfitti, aumenta la potenza delle opere, caricandole di ulteriori valori e significati per lo spettatore e rendendo così una rassegna come Panorama, nata nel corso della pandemia, non solo auspicabile ma addirittura necessaria. Con un anno di tempo a disposizione , una riflessione puntuale e consapevole sulla scelta della sede e la maturità professionale di un curatore come Vincenzo de Bellis o Cristiana Perrella, sarebbe opportuno immaginare una rassegna tutta incentrata su luoghi aperti per l’occasione, per ospitare magari alcune opere site-specific, in modo da coinvolgere oltre al mondo dell’arte anche i cittadini comuni, per far assumere all’iniziativa un senso civico non irrilevante. Arrivata alla sua quarta edizione nel 2024, Panorama ha tutte le caratteristiche per lanciarsi in un’avventura ambiziosa, dalla quale il sistema dell’arte italiano potrebbe trarre molti vantaggi.