Ha esposto con Marc Chagall, Natalja Gončarova e Casimir Malevič, è considerato l’artista nazionale georgiano, il “Rousseau dell’Est” e tra i suoi estimatori ci sono Georg Baselitz, Peter Doig e molti altri, eppure la figura di Niko Pirosmani rimane avvolta nel mistero.
La mostra “Niko Pirosmani” (fino al 28 gennaio 2024) inaugurata ieri alla Fondation Beyeler è la più importante mai dedicata all’artista a livello internazionale e attraverso il rigoroso lavoro scientifico di numerosi esperti fa il punto sulla sua figura e il suo lavoro.
La Fondation Beyeler «propone una mostra dedicata al leggendario pittore georgiano Niko Pirosmani (1862–1918), artista enigmatico e solitario ma allo stesso tempo influente precursore dell’arte moderna. Sebbene sia quasi idolatrato dagli appassionati d’arte e celebrato in patria come un eroe nazionale, Pirosmani attende ancora di essere conosciuto dal grande pubblico dell’Europa occidentale. L’esposizione, forte di circa cinquanta opere maestre, è la più importante mai realizzata su Pirosmani a livello internazionale. È organizzata dalla Fondation Beyeler in collaborazione con il Museo Nazionale Georgiano di Tbilisi e il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebæk, in Danimarca. I rinomati artisti contemporanei Thea Djordjadze e Andro Wekua sono stati invitati ad accompagnare con propri contributi la presentazione dell’arte di Pirosmani», ha spiegato la Fondation Beyeler.
La mostra e l’importante catalogo che l’accompagna – ha proseguito – «hanno l’obiettivo di riunire quadri e fatti e di portare l’attenzione sull’opera di Pirosmani senza concessioni a interpretazioni speculative e mitizzanti. Allo stesso tempo viene messo in luce anche il contesto storico che ha visto la nascita delle opere nella prosperosa capitale caucasica di Tbilisi intorno al 1900. In preparazione a «Niko Pirosmani» tutti i dipinti in mostra sono stati sottoposti ad analisi e interventi di conservazione da parte di restauratrici e restauratori della Fondation Beyeler assieme alle loro colleghe georgiane».
Chi è Niko Pirosmani?
Niko Pirosmani – ha ricordato la Fondation Beyeler – «è protagonista di innumerevoli storie fantastiche e di pochi fatti certi. Rimasto presto orfano, il figlio di contadini della Cachezia nel 1870 arriva nella capitale Tbilisi, dove vive presso una famiglia benestante e riceve un’istruzione. Impara da solo a dipingere, apprende il mestiere di tipografo, lavora per la Ferrovia Transcaucasica, gestisce una latteria ed esegue insegne e ritratti su commissione.
Nel 1912 il poeta russo Mikhail Le-Dantju e gli artisti georgiani d’avanguardia Kirill e Ilia Zdanevich scoprono i dipinti di Pirosmani nelle osterie della fiorente Tbilisi, all’epoca veri e propri centri di vita culturale. I fratelli Zdanevich, entusiasti della sua arte, collezionano le opere del pittore autodidatta e iniziano a sostenerlo. Le-Dantju lo definisce il «Giotto georgiano». Già nel 1913 i dipinti di Pirosmani vengono esposti a Mosca nell’influente mostra “Bersaglio” insieme con opere di Marc Chagall, Natalja Gončarova e Casimir Malevič. Pur non essendosi diplomato in un’accademia d’arte, nel 1916 viene invitato a unirsi all’Associazione degli artisti georgiani, che però abbandona presto. Vive come un bohèmien vagabondo nelle taverne di Tbilisi, non portato o non disposto a inserirsi nella società. Niko Pirosmani muore in miseria nel 1918 circa. La sua tomba è sconosciuta. Molte opere vanno perse, altre sono nazionalizzate dopo l’annessione della Georgia all’Unione Sovietica.
Già a pochi anni dalla sua morte artisti e autori d’avanguardia pubblicano scritti su Pirosmani, compiono ricerche sulla sua vita e analizzano la sua arte. Nei decenni successivi gli vengono dedicati libri, mostre e film. Un’esposizione di sue opere nella metropoli dell’arte Parigi rimane vittima dello scoppio della prima guerra mondiale e sarà riproposta soltanto nel 1969. Nel 1972 Pablo Picasso realizza un’incisione a corredo di una pubblicazione su Pirosmani. Non di rado il pittore georgiano è stato definito in modo improprio il «Rousseau dell’Est», talora lo si è discutibilmente celebrato come primitivista o – in linea con la narrazione di Van Gogh – giudicato un pazzo solitario oppure osannato come un genio incompreso. Oggi Pirosmani è l’artista più popolare della Georgia e negli ambienti artistici del mondo intero conta estimatori appassionati, tra cui Georg Baselitz, Peter Doig e altri maestri dell’arte».
«In Svizzera l’opera di Pirosmani è stata esibita per la prima volta nel 1995 al Kunsthaus Zürich nella mostra “Zeichen & Wunder. Niko Pirosmani und die Gegenwartskunst”. L’esposizione ideata dalla curatrice svizzera Bice Curiger affiancava Pirosmani ad artiste e artisti contemporanei. Curiger ha inoltre curato la mostra del 2019 “Niko Pirosmani – Wanderer between Worlds” presso la Fondation Vincent Van Gogh Arles, che in forma modificata è stata ospitata anche all’Albertina di Vienna».
Le opere di Pirosmani
«I quadri di Pirosmani riescono a trasformare il quotidiano in straordinario. Le immagini, dirette quanto affascinanti e misteriose, sono di solito realizzate con precise e dinamiche pennellate di colore acceso su tela cerata nera. Nel loro combinarsi insieme la tecnica e lo stile pittorico di Pirosmani, come anche la sua tavolozza e i suoi soggetti, risultano unici nel panorama dell’arte moderna. Pirosmani dipingeva per lo più animali o persone del popolo, spesso figure archetipiche quali una madre con bambini, un pescatore, un cuoco o un postino. Alle volte ritraeva personaggi concreti, come nel caso dell’attrice Marguerite de Sèvres o dell’artista d’avanguardia Ilia Zdanevich. Eseguiva però anche paesaggi epici, multiprospettici, con rappresentazioni simultanee di fatti distanti fra loro nel tempo, ad esempio libagioni, battute di caccia e processioni. Le nature morte con prelibatezze culinarie erano spesso opere su commissione, tra l’altro per bettole e osterie. Vi sono poi dipinti raffiguranti celebrazioni e feste che nella cultura georgiana rivestono un’importanza particolare. Nonostante tutta la loro quotidianità, molte delle opere si caricano di un significato allusivo, in quanto rimandano a una condizione fondamentale e primordiale. Se da un lato l’arte di Pirosmani emana spiritualità, dall’altro offre una testimonianza documentaria di un Paese al crocevia tra Occidente e Oriente e di una città – Tbilisi – in passato chiamata la «Parigi dell’Est»».
«I soggetti sia umani sia animali sono raffigurati con amore e dignità – e non senza umorismo. Una spiccata sensibilità consentì a Pirosmani di creare dipinti iconici di singolare forza espressiva. Inoltre l’artista si dimostrò un maestro della riduzione all’essenziale, il che trova corrispondenza nella sua pittura di fulgida semplicità ed elegante schiettezza. Spesso le persone e gli animali guardano l’osservatore in modo penetrante e distaccato insieme. Le figure riempiono la superficie pittorica e con intensità ardente si stagliano contro lo sfondo nero, restando tuttavia ancorate ad esso fino a divenire presenze suggestive in uno spazio senza tempo. Quasi tutti i lavori di Pirosmani sono accomunati da un armonioso senso di quiete che ne sottolinea la dimensione spirituale. In tempi moderni caratterizzati dal cambiamento Pirosmani ha creato opere nelle quali i suoi connazionali riconoscevano il proprio ambiente di vita tradizionale, mentre l’avanguardia scopriva in esse una pittura radicale.
A dispetto di numerose ricerche approfondite e leggende tramandate, poco o nulla si sa dei dipinti di Pirosmani, del loro significato, dei loro referenti, modelli, committenti e acquirenti, né è noto dove e quando esattamente furono realizzati. Anche se le opere di Pirosmani parlano di un’umanità dell’esistenza tanto universale quanto soprannaturale, le sue visioni e intenzioni artistiche sono rimaste segrete in una misura non riscontrabile in altri artisti reputati del Novecento».