La recensione dello spettacolo SHINKAI NO TAMASHII, ovvero “ANIME NEL MARE”, andato in scena al Teatro del Ponente, a Voltri, il 28 settembre
Il termine Butoh, in giapponese, definisce qualcosa che va ben oltre la danza. Non si tratta di uno stile ma di un vero e proprio sistema di tecniche ed espressioni corporali che fondono il teatro, la danza e la performance. Un qualcosa che va verso una forma d’arte a sé stante e che per noi occidentali, può talvolta risultare di difficile comprensione.
A cavallo fra il 1950 ed il 1960 il Giappone si è dovuto confrontare con eventi molto gravi che conosciamo tutti. La cultura giapponese si è trovata a dover dominare la forte contrapposizione tra il desiderio della ricostruzione e la pesante eredità bellica. È in questo clima che un giovane coreografo, Tatsumi Hijikata, inizia a sviluppare un nuovo linguaggio espressivo che fonde il teatro classico giapponese con le moderne danze europee e nel 1954 avvia una collaborazione continua con il danzatore Kazuo Ohno, creando il primo gruppo di ricerca che venne chiamato Ankoku Butoh (letteralmente “danza delle tenebre”).
Tadashi Endo, ballerino, coreografo, direttore del Centro Butoh MAMU e direttore artistico del Festival Butoh MAMU Butoh & Jazz a Göttingen, è stato un allievo di Kazuo Ohno e Genova lo ha avuto ospite giovedì 28 settembre al Teatro del Ponente, a Voltri, in occasione di IAT GONG – World Performing Arts per il benessere comunitario, un progetto a cura dell’associazione Echo Art finanziato dal Comune di Genova e dal Ministero della Cultura, dipartimento dello Spettacolo, nell’ambito del Bando rivolto alle periferie di Genova.
Lo spettacolo di Endo dal titolo SHINKAI NO TAMASHII, ovvero “ANIME NEL MARE”, è una piece più che mai attuale visto quanto sta succedendo da diversi anni a questa parte, e soprattutto in questi giorni. Da quel genio e maestro del suo mestiere qual’è, Endo adopera la sua danza per andare oltre le convenzioni mondane e mirare invece alla sua pura essenza, quella che va dritta al cuore.
Unito a un’umiltà raramente riscontrabile in quest’epoca alimentata dall’ego, Endo affascina sin da quando appare sulla scena, solo, ma con un’aura così potente da incollare lo sguardo dello spettatore tanto alla sua persona che a quanto fa. Con capacità strordinarie il danzatore esplora quell’inafferrabile divario tra vuoto e forma… forma e vuoto. La sua bellezza poetica riempie ogni vuoto… sul palco, nell’aria, nella platea… nel mondo, questo grazie ad movimento preciso dal sapore spirituale.
Souls in the sea, le anime nel mare, sono i rifugiati, tutti coloro che sono fuggiti dalla guerra, dalla fame, da tutto ciò che procura dolore e fa male. Per loro salire sulle barche era l’unica speranza di sopravvivere, di avere una vita migliore. Una speranza che è affondata nel mare. Dopo aver perso tutto alla fine hanno perso anche la vita. Ma se i loro corpi giacciono sul fondo del mare, le loro anime vanno avanti, escono fuori dal profondo blu per comunicarci qualcosa.
Ogni espressione sul volto di Endo, ogni suo piccolo e impercettibile movimento, tipico della danza Butoh, ci fa sentire quel dolore e quel richiamo. Endo, tra il fumo grigio soffiato in scena, appare come se emergesse dalle acque. Il suo è un tacito grido di richiesta di aiuto, ma anche di denuncia verso chi non sa ascoltare o non vuole ascoltare il dolore degli altri. Nel corso dello spettacolo la sua danza diventa sempre più frenetica e concitata. Attraverso la mimica corporale è chiaro quello che vuole mostrare e dimostrare: sofferenza, tanta sofferenza.
Solo al termine c’è come una riconciliazione con se stesso e forse con gli altri. Si potrebbe parlare di rassegnazione, quel sentimento ambivalente che se vissuto bene e nei momenti giusti, aiuta a ripartire dopo un fallimento e una perdita di speranza. Quel sentimento che in alcune situazioni paradossalmente si rivela un’arma vincente. Sì, perché la capacità di accogliere un evento negativo come parte della vita è importante se non fondamentale. “Accettare” è il sentimento che sembra voler comunicare Endo alla fine della sua ipnotica esibizione quando si rimette nella posizione iniziale in mezzo al palco solo, immenso, forte.
L’assolo di Tadashi Endo è stato eseguito la prima volta il 22 dicembre 2019 al Gallus Theatre di Frankfurt am Main. Sua la coreografia, sue le luci, mentre le musiche sono del compositore Daniel Maia. Lo spettacolo è stato realizzato in collaborazione con la Fondazione Luzzati – Teatro delle Tosse e la rassegna di danza internazionale Resistere e Creare IX Edizione, che si è aperta alla comunità di Voltri venerdì 29 settembre, per un workshop di Danza Butoh aperto a tutta la cittadinanza e ai professionisti.