Alla Galleria Giampaolo Abbondio un focus fotografico racconta l’amore che diventa atto estremo e perverso, spesso sublimato in poesia
“Un’umanità multiforme, che in tutti i suoi comportamenti, in tutte le sue scelte di vita – e a maggior ragione in quelle estreme e dissennate – esprimeva un bisogno di amore, quasi sempre elaborato in maniera distorta”. Le parole di Tiziano Scarpa, assieme alle illustrazioni di Massimo Giacon, si incontrano nel libro che dichiaratamente, fin dal titolo, fornisce lo spunto per questa mostra. AMAMI. Un libro che il gallerista Giampaolo Abbondio, nella veste di editore, ripubblica in seconda edizione, rivista e ampliata, per i tipi della sua etichetta Sudden Thoughts.
E mi piace pensare che siano queste, le parole che danno il là alle scelte dello stesso Abbondio e della curatrice Giusy Caroppo. Perché in questa mostra, ben più che in altre occasioni, il gallerista si presta al ruolo di co-curatore: visto che si tratta – anche questo è dichiarato – di una selezione che attinge molto alla sua collezione privata. E che ne rappresenta pienamente i gusti e lo sguardo sul mondo. Ne esce un’esposizione che alle assolute, elevatissime valenze artistiche, ne affianca altre eminentemente sociologiche. Andando a mettere il dito in una “piaga” quanto mai aperta: il significato dell’”amore” nel terzo millennio.
Cercare l’amore in qualsiasi modo
Chi, come chi scrive, ma anche come lo stesso Abbondio, si ritrovi genitore di un figlio giunto oggi al passaggio fra adolescenza e gioventù, sa bene quanto beato relativismo regni su questi temi in questa generazione millennial. E sa bene quanto chiavi di lettura immaginate come irriverenti, trasgressive, estreme, siano oggi sdoganate nella “normalità”. Felicemente giustapposte ad un rivalutato romanticismo, ad un candore che a volte riemerge ad un secondo livello di consapevolezza. Del resto è lo stesso gallerista che nell’introduzione del libro ricorda che con questa opera intende lasciare una sorta di eredità a suo figlio affinché lo porti “a scoprire che è giusto cercare l’amore in qualsiasi modo”.
È la stessa cronaca, che poi racconta la vita reale, a raccontarci di questa “normalizzazione”. I travestiti immortalati da Lisetta Carmi negli anni ’60 rappresentano ancora qualcosa di eccezionale, e quindi notevole? O sono la nostra next door girl, come ci suggerisce Sara Lorusso nel 2021? Ci sorprendiamo, come vorrebbero Oleg Kulik o Matteo Basilè, nello scoprire che anche negli ambienti della chiesa allignino oggi pulsioni amorose e sessuali? La violenza sulle donne, rimarcata da Nobuyoshi Araki o da Luigi Ontani, non è forse materia tristemente all’ordine del giorno? Così come la ripulsa del “diverso”, sottolineata da Franko B?
Amare anche l’impossibile
Ci sono poi genii – non ce ne vogliano gli altri – che riescono a sublimare queste temperie in opere che vanno oltre i temi, o i tempi, e si consegnano alla poesia. Nan Goldin, Andres Serrano, Joel-Peter Witkin, per citarne alcuni. “Queste immagini, mettono alla prova la nostra capacità di amare: di farlo di più, di farlo meglio, amando anche l’impossibile”, scrive ancora Tiziano Scarpa in AMAMI. La domanda che risuona uscendo dalla Galleria Giampaolo Abbondio a Todi resta questa: ho visto un racconto della trasgressione amorosa passata, o una fotografia di quello che oggi mi circonda? La risposta l’avrete solo visitando di persona – fino al 14 ottobre – questa galleria di meraviglie, degna di un grande museo. A chi non potrà, proponiamo qualche immagine e un video…